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IL COMMENTO
Il Carnevale della bellezza
e la Bestia dell'intolleranza
di WOLE SOYINKA

DOVEVA succedere. Avendo perso la prima battaglia, cioè evitare che in terra nigeriana si svolgesse il concorso di Miss Mondo, era scontato che l'agenda dei fondamentalisti alla prima occasione sfogasse la propria frustrazione. Non era bastato che gli organizzatori avessero fatto slittare la data della finale, in segno di rispetto per il Ramadan, il periodo che i musulmani dedicano al digiuno, alla purificazione e - in caso qualcuno se ne sia dimenticato - alla pace. Non era nemmeno bastato che fosse stata presa l'assurda decisione, altra concessione, di non far apparire le concorrenti in costume da bagno per la finale di Abuja, capitale della Nigeria.

E neppure che il capo dello Stato, il presidente Olusegun Obasanjo, che aveva precedentemente acconsentito a ricevere le partecipanti in una visita di cortesia, avesse poi cambiato idea per rispetto alla sensibilità dei musulmani. Tutto ciò non aveva fatto altro che stuzzicare l'appetito della bestia dell'intolleranza, per la quale una superficiale perdita d'immagine poteva essere lenita soltanto con una perdita di vite umane.

Il giornale che avrebbe commesso il presunto peccato, "This day", ha pubblicato le sue scuse ossequiose e una ritrattazione dell'articolo che ha destato sdegno. Le scuse sono state accolte in modo sentenzioso dai leader musulmani e dal Supremo Consiglio Islamico, che hanno posto l'accento sul fatto che il giornale ha mostrato di essersi pentito. Tuttavia nelle dichiarazioni dei leader musulmani non c'era nulla che fosse stato considerato necessario dire per esprimere il rimorso per la perdita di vite innocenti, né compariva alcun rimprovero severo per le orde di fanatici che hanno scorrazzato per le strade di Kaduna, appiccando incendi e massacrando. Lo schema è diventato insopportabilmente famigliare ormai - una presunta mancanza di rispetto, talora addirittura l'inadempienza da parte del governo di risolvere tempestivamente una richiesta irragionevole che viola i diritti civili degli altri - e subito arriva la reazione, la violenza che si scatena nei confronti della popolazione ignara!


Prima o poi, nelle società come la mia, occorrerà affrontare la questione della libertà di espressione, e la natura della debita risposta consentita qualora si ritenga che tali espressioni abbiano leso la sensibilità di alcuni. Una società che tollera il massacro di innocenti, o l'incitamento a uccidere, considerandoli una debita e legittima risposta, è una società squarciata al di là di ogni possibile rimedio.

Per ora, che sia ben chiaro questo: la presunta offesa perpetrata dal giornale, che si è limitato a riportare il commento di un cittadino, è soltanto una scusa. Qualsiasi cosa, qualsiasi e nessuna, avrebbe potuto innescare la più che prevedibile sommossa. Se una "dichiarazione offensiva" non fosse opportunisticamente intervenuta, i ribelli se ne sarebbero inventati una o avrebbero dato inizio ai tumulti anche senza. Questi individui si sentono in obbligo di provare, ripetutamente, che sono pronti ad arrivare a tutto pur di imporre il loro concetto di adeguata condotta umana alla società loro più prossima o persino al mondo intero. I parametri di che cosa sia un'"offesa" sono ormai privi di definizione, e si sono dilatati all'infinito. Mentre negano agli altri il diritto alla libertà di espressione, esercitano il loro sotto forma di spargimento di sangue. Le strade dell'antica città di Kaduna sono inondate di sangue perché un gruppo di fanatici assassini non accetta il diritto degli altri a esprimersi glorificando il corpo umano.

Forse a questo punto occorre che io ricordi la mia opinione sui concorsi di bellezza in generale. Li ho sempre considerati qualcosa di frivolo che non contribuisce per nulla a valorizzare la femminilità. Tuttavia, l'edizione del 2002, il suo svolgimento in una nazione la cui esistenza essenzialmente pacifica da secoli è stata in tempi recenti brutalmente sconvolta, è un avvenimento cruciale.

La Nigeria, nel caso qualcuno se lo sia dimenticato, è quella nazione formata da altri trenta stati in cui un animale politico estremamente calcolatore ha improvvisamente sguainato la spada del fondamentalismo religioso al fine di guadagnarci politicamente, dando un pericoloso esempio che è stato seguito da altri otto stati. Il governatore di quello stato, Zamfara, ha dichiarato la sua intenzione di governare nella stretta osservanza dei principi della Sharia. Questo, come ho più volte avuto occasione di dire, è stato un vero atto di secessione, e le molteplici violente dimostrazioni alle quali sin da allora abbiamo assistito, originate da quella dichiarazione, e in gran parte architettate, sono state lo scopo di un'agenda politica secessionista che cerca di distinguersi camuffandosi da religione. Dopo poco si è arrivati alle amputazioni delle mani per i ladri, in aperta violazione a quanto previsto dal codice penale nazionale che - sia ben chiaro! - concede sì alla Sharia la sua legittimità, ma definisce limiti inequivocabili per la sua applicazione nell'amministrazione della giustizia. La misura punitiva più famigerata della Sharia, tuttavia, è stata la sentenza di condanna a morte con l'accusa di adulterio di due donne. La prima è stata prosciolta in appello per un vizio di forma, mentre la seconda, Safiya, corre tuttora il rischio della sentenza capitale, quella massimamente sadica essere seppelliti fino al collo e lapidati a morte. Ma questo, tuttavia, non accadrà.

No, quella condanna non verrà comminata. Il governo nigeriano ha dato assicurazioni al mondo che non lo farà e gli stati che applicano la Sharia l'hanno compreso. Uccidere Safiya equivarrebbe a oltrepassare la linea di non ritorno e, per le ragioni più disparate, nessuno degli stati in questione è disposto a spingersi così in là. Quindi ciò cui stiamo assistendo sono semplicemente delle sanguinose incursioni nella coesione della nazione nigeriana, gesti di sfida concepiti per mettere in guardia il governo centrale che gli stati ribelli sono determinati a far valere la loro autonomia, quella di cui gli altri stati non godono, e che non intendono adeguarsi a quanto prevede la costituzione che definisce la nazione conosciuta con il nome di Nigeria. Quando uno stato agisce al di fuori di una costituzione, ha effettivamente proceduto a separarsi dall'entità che quella costituzione governa.

Sì, il concorso di bellezza è un peccato di secondaria importanza e alcuni potrebbero obiettare che in realtà sminuisce lo status della femminilità. Tuttavia, potendo scegliere tra il volto barbuto dall'aspetto di un Taliban di un qualsiasi amministratore della Sharia, che lancia le sue imprecazioni contro il concorso di bellezza in tv, e la vista delle eteree aspirazioni della massima femminilità che sfilano in passerella, io non ho dubbi, e scelgo la seconda. Sfortunatamente, il nostro mondo è infestato da individui per i quali i fianchi flessuosi evocano soltanto sogni di amputazioni. Un bel volto li fa soltanto fantasticare, forse persino sbavare, sull'ammasso carnoso che ne resterebbe al termine del rituale della lapidazione, vero segno dell'età della pietra.

E' pur vero che anche il concorso di Mister Universo, altrettanto ridicolo, sfoggia il massimo esibizionismo, ma devo ancora sentire di tumulti scoppiati per l'esposizione di quei grotteschi muscoli addominali, di quel flettersi di bicipiti improbabili. I partecipanti al concorso di Mister Universo indossano succinti pantaloncini con più che riconoscibili rigonfiamenti, appena un po' meno pronunciati ed evidenti degli inguini strettamente fasciati dei ballerini. Dal momento in cui ho appreso dell'ostracismo settario nei confronti della versione femminile del concorso di Mister Universo che si sarebbe tenuta in Nigeria, ho subito compreso che sarebbe immediatamente diventato qualcosa di diverso da un concorso di bellezza e avrebbe assunto delle gravi connotazioni socio politiche. Ogni qualvolta i miei viaggi mi hanno portato in un luogo in cui si boicottava un qualsiasi avvenimento - in Sudafrica, in Italia e negli Stati Uniti - ho sempre deliberatamente trovato del tempo per far sentire la mia opposizione al boicottaggio. Mai una frivolezza ha assunto una profondità simile nel carattere pluralista che costituisce l'essenza stessa della nazione nigeriana!

La distruzione delle proprietà e i massacri di esseri umani sono sempre in una comunità avvenimenti traumatici che affliggono e destano ira, ma gli organizzatori del concorso di bellezza, così come le partecipanti, devono sentirsi assolutamente privi di colpa. La colpa è dei reparti d'assalto dell'intolleranza, dei manipolatori delle orde assassine di fanatici privi di cervello. La nazione piangerà i morti e porterà soccorso ai mutilati e ai famigliari delle vittime, ma la nazione dovrà anche comprendere che essa stessa scenderà nel camposanto delle nazioni che non sono riuscite a far valere i principi della pluralità, della scelta e della tolleranza.

Il fenomeno dell'intolleranza sta divorando un mondo che può sopravvivere soltanto nella coesistenza pacifica. Gli accomodanti stanno ripiegando su moltissimi fronti, e non comprendono che ogni luogo di coesistenza abbandonato è immediatamente occupato dagli aggressivi fanatici. Questi avanzano sempre più, esigendo e conquistandosi sempre di più, con sempre maggiori pretese sullo stile di vita degli altri. La mente dello zelota è un insaziabile buco nero, che divora tutto ciò che rende la vita luminosa e sopportabile. Ecco perché Miss Mondo deve andare avanti. Il governo ha la responsabilità di garantire che questo accada. Fino a quando la Bestia della Bigotteria imperverserà nelle strade, tutti coloro che lo desiderano dovranno continuare a celebrare il Carnevale della Bellezza.

L'autore, nigeriano, è premio Nobel per la Letteratura (Traduzione di Anna Bissanti)

(23 novembre 2002)