ROMA - «... Abbiamo il dovere di dire che il terrorismo si sta delineando
come un fenomeno storico e non occasionale, forse come una forma delle
guerre del XXI secolo...». Amos Luzzatto, presidente dell’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane, non è un uomo d’armi. E’ un medico, un
professore universitario, un appassionato di studi ebraici. Ma alla sua
comunità, riunita per un congresso fra i più difficili, è costretto a
parlare di morte e di sangue. E a lanciare un monito che pesa come una
pietra: «Ciò che avviene oggi in Medio Oriente potrebbe essere una
cinica palestra di addestramento con sangue ebraico a una forma di
violenza da esportare al di là dei confini e dei mari: nessun Paese può
illudersi di esserne risparmiato, di diventare un’isola di immunità
dentro un mare in tempesta». Sono in prima linea, gli ebrei italiani.
Vicini, vicinissimi al sangue che scorre da mesi lungo le strade di
Israele. Ma, dice Luzzatto, «uniti nella convinta difesa del diritto di
Israele a vivere in pace entro confini garantiti». La violenza che
insanguina il Medio Oriente, però, porta con sé in Italia anche
rigurgiti di antisemitismo che è impossibile ignorare. Rigurgiti che
arrivano anche da sinistra: dove «prevale un’esaltazione a priori di
tutto ciò che concerne i popoli dell’Africa, dell’Asia e
dell’America Latina, che vengono presentati globalmente come i
diseredati, i deboli, i poveri del mondo». Fra loro anche «il mondo
arabo e islamico e i palestinesi». Ma non c’è solo l’antisemitismo
«di sinistra»: c’è una cultura che è «in parte retaggio di secoli
di cultura "antigiudaica" cattolica, perpetrata nella scuola,
nella stampa, nelle parrocchie». E ci sono i difficili rapporti con una
destra che oggi è legittimata a governare. «Sappiamo che siamo stati
criticati per la nostra "intransigenza" nei confronti della
destra - dice il presidente -. Ma non è mai esistito un nostro veto alla
visita di Gianfranco Fini in Israele. Anche se non siamo d’accordo che
questa visita possa essere intesa come un colpo di spugna su quanto il
regime fascista, anche prima di Salò, ha operato nei confronti degli
ebrei italiani».
Luzzatto, che ha 74 anni, è disposto a rimanere alla presidenza
dell’Unione. Ma vorrebbe essere il presidente di tutte le Comunità, non
di una minoranza. Un primo passo in questa direzione è forse
l’approvazione all’unanimità della sua relazione, apprezzata anche
dalla maggioranza della comunità romana (la più consistente d’Italia),
che nelle ultime elezioni ha espresso una linea conservatrice: «Una
relazione equilibrata e piena di senso dell’unità - dice Fiamma
Nirenstein, la cui lista ha vinto le elezioni -. Ma Luzzatto deve
rilanciare la durezza degli ebrei nella lotta che li attende». Appello
all’unità senza tentennamenti, invece, da Gad Lerner, che alle elezioni
era contrapposto alla Nirenstein: «Ogni volta che siamo stati uniti siamo
riusciti a provocare un parziale cambiamento nell’atteggiamento dei mass
media».
G. Ga.
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