Dunque
la distilleria Guy, fondata nel 1890, con sede a Pontarlier nell'Est della
Francia, ha rimesso in commercio l'assenzio. Era dal 1915 che la bevanda,
circondata da una nera leggenda, non era più in vendita, accusata d'aver
provocato immensi disastri sociali. E' la ragione per la quale François
Guy, titolare della distilleria, ha precisato che nel nuovo liquore la
percentuale di alcol non supererà il 45 per cento contro il 70 della
bevanda maledetta d'un tempo.
L'assenzio fa parte dei miti che caratterizzarono la fine dell'Ottocento.
Un liquore che ha in Paul Verlaine, bevitore accanito, un riferimento
obbligato ma che impresse un connotato a un intero periodo. La sua
diffusione era iniziata verso il 1830 quando cominciò il rimpatrio dei
soldati che avevano conquistato l'Algeria. Si disse che un po' d'assenzio
diluito in acqua, li aveva preservati dal tifo, dal colera, dalla
dissenteria. In Francia la strana bevanda dall'amaro gusto di anice diventò
rapidamente una moda, quasi un rito sociale. La chiamavano Le péril vert
il pericolo verde, o anche La fée verte, la fata verde.
Ufficialmente si tratta d'un aperitivo dal gusto molto aromatico i cui
vapori salgono velocemente alla testa dando un leggero e gradevole senso
di stordimento, di lontananza dalla realtà. Per di più la bevanda viene
preparata con un rituale vagamente iniziatico che ne aumenta il fascino.
Dopo aver versato un po' di liquido nel fondo di un calice di forma
svasata, si appoggia sul bordo superiore del bicchiere un cucchiaino
forato (se ne fecero delle fogge più svariate, poi diventati oggetti di
piccolo antiquariato) che sorregge una zolletta di zucchero. Si lascia
quindi colare lentamente acqua fresca che scioglie lo zucchero e diluisce
il liquore, addolcendolo. Gli effetti dipendono dalla quantità di acqua
e, ovviamente, dalla quantità di bicchieri. L'ora dell'assenzio andava
allora dalle cinque alle sette del pomeriggio, l'heure verte la
chiamavano, l'ora verde, coincidente tra l'altro con quella
dell'adulterio. L'assenzio accompagnava la vita dei bohèmiens, per
esempio in quel café Momus descritto da Henry Murger nel suo Scene della
vita di bohème che Puccini metterà in musica. Per i giovani, la bevanda
diventa il segno del loro romanticismo, il marchio, un po' teatrale, della
loro estraneità ai valori della borghesia.
L'assenzio non giova. Il poeta Musset, che ne abusa, dicono che sembri, a
quarant'anni, già vecchio. Il tema dell'assenzio diventa uno dei più
ripetuti nella letteratura, nella satira, nella pittura. Nel 1859 Edouard
Manet dipinge il suo Buveur d'absinthe che suscita scandalo e viene
rifiutato dal Salon anche perché, come modello, l'artista ha preso un
vero clochard e il trasfigurato realismo dell'immagine impressiona la
giuria. Toulouse Lautrec, Van Gogh, Picasso, Gauguin, non c'è grande
pittore che non ritragga l'espressione assente, gli occhi perduti di un
bevitore d'assenzio. Ci si prova con risultati eccezionali anche Edgar
Degas dipingendo una coppia seduta a un tavolino di marmo. Lei ha lo
sguardo smarrito, lui fissa disincantato qualcosa che non vediamo fuori
dell'inquadratura. Il titolo è L'absinthe (1876), uno dei quadri più
belli di Degas che ha tuttavia un retroscena quasi comico. Il pittore
aveva utilizzato come modelli due suoi amici, l'attrice di teatro Ellen
Andrée e lo scultore Marcellin Desboutin, personaggi molto noti negli
ambienti della bohème. L'aspetto ridicolo è che i due erano quasi del
tutto astemi. Quando il quadro era già diventato celebre, la Andrée
confidò in un'intervista: «Sì, nel mio bicchiere, ma solo nel mio,
c'era del vero assenzio. Tutto quello che ci era stato chiesto era di
guardare nel vuoto come due scemi».
Trucco, finzione: ma solo nel quadro di Degas. Perché l'assenzio, e non
solo l'assenzio per la verità ma l'intero sistema di vita, uccideva
davvero. Verlaine, che muore a 52 anni, è uno dei più anziani.
Baudelaire era morto a 46, Rimbaud a 37 come Van Gogh e ToulouseLautrec,
Alfred Jarry addirittura a 32.
Il bevitore di vino tende all'allegria, alla chiacchiera. Il bevitore
d'assenzio è perduto nelle sue fantasticherie; più che vera ubriachezza,
l'assenzio induce uno stato di vaporoso stordimento, una rigida estasi.
Alfred Delvau la descriveva così: «L'ubriachezza che dà non assomiglia
a nessun'altra di quelle conosciute. Non è l'ubriacatura pesante della
birra, né quella feroce dell'acquavite e neppure la gioviale ubriachezza
del vino... No, l'assenzio vi fa girare la testa alla prima fermata, vale
a dire al primo bicchiere, vi salda sulle spalle un paio di ali di grande
portata e si parte per un paese senza frontiere e senza orizzonti ma anche
senza poesia e senza sole». Gustave Flaubert, nel suo Dictionnaire des idées
reçués, dizionario dei luoghi comuni, lo definisce non senza ironia: «Assenzio
Veleno ultraviolento: un bicchiere e siete morti. I giornalisti lo bevono
mentre scrivono i loro articoli. Ha ucciso più francesi degli stessi
beduini».
L'assenzio dei borghesi e dei poeti è diverso da quello degli operai e
dei poveri. Negli spacci più umili si vendono prodotti da pochi soldi,
adulterati, pericolosissimi. Emile Zola è tra gli scrittori che
raccontano gli effetti devastanti dell'assenzio sulle classi più umili,
la disgregazione delle famiglie, l'ubriachezza minorile, la piaga sociale
che ne deriva. Sua la terribile frase: «finisce sempre con uomini
ubriachi e ragazze incinte». Molto di ciò che la fine del nostro secolo
ha attribuito alla droga, la fine dell'Ottocento l'attribuì all'assenzio.
Comprese la paura collettiva, la precarietà dei rimedi, l'incertezza
sulla terapia sociale da adottare. Nelle rispettive paure, e nei rischi
reali, gli scorci finali di queste due epoche si assomigliano: Aids contro
sifilide, eroina contro assenzio. La differenza è che, per quanto
riguarda l'Ottocento, sappiamo come andò a finire.
Finì che, dopo vari appelli e petizioni, nel 1915, con l'aiuto d'una
guerra che stava diventando spaventosa, l'assenzio venne proibito per
legge. Quella volta il divieto funzionò. Lentamente la "fata
verde" perse il suo potere seduttivo e finì per scivolare via
dall'immaginario e dalla vita degli uomini. Ora torna ma, al confronto con
i veleni che circolano, in quasi completa innocenza.
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