www.segnalo.it - Saggi ed articoli
Formazione | Biblioteca e Cineteca | Politiche e Leggi | Tracce e Sentieri |
Amato accusa:
basta con i distinguo e le zone grigie
"Il terrorismo è il vero nemico
la sinistra non gli dia più alibi"
"Ci sono momenti in cui bisogna prendere una sola posizione"
"Non si deve cedere in alcun modo al giustificazionismo"
inammissibile Bush ha invaso l´Iraq senza ragione? I palestinesi subiscono
ingiustizie? D´accordo. Ma mandare i terroristi suicidi a farsi esplodere
in bus e bar resta comunque inammissibile
fanatismo Dobbiamo avere il coraggio di dire che non è sempre vero che
certi atti sono figli della disperazione. Sempre più spesso sono invece
atti di cieco fanatismo e di feroce ideologia
errori Quali che siano gli errori commessi, non si deve frantumare la
fermezza nel combattere un avversario multiforme e pericoloso
il baratro Oggi in Italia e in altri paesi coinvolti, a partire dagli
Stati Uniti, è necessario che non si crei un baratro fra le parti
politiche
le primarie Non una consultazione elettorale a ranghi ridotti ma una
chiamata a raccolta di tutti i cittadini attivi dell´Ulivo. Le si
organizzi subito
MASSIMO GIANNINI
da Repubblica - 7 settembre 2004
ROMA - Giuliano Amato scuote il centrosinistra. Basta con le ambiguità, basta
con le divisioni, basta con le «zone grigie». «La tragedia di Beslan - dice l´ex
premier - è un ineludibile richiamo per tutti noi. Di questo terrorismo non si
può non essere nemici. Quali che siano gli errori che vengono commessi nel
fronteggiarlo. Oggi, in Italia e forse anche in altri Paesi coinvolti, a partire
dagli Stati Uniti, è necessario che non si crei un baratro tra le parti
politiche, nel quale si possano frantumare e disperdere la volontà e la fermezza
nel combattere un nemico multiforme, e dunque sempre più pericoloso. Perché è
comunque vero che questo è un cancro che si sta diffondendo».
Perché teme il rischio che si crei questo baratro?
«Perché a volte sembra davvero che si prendano posizioni nelle quali il
differenziarsi dall´altro, nella propria dialettica interna, sembra prevalere
sull´effetto che questo provoca nelle nostre opinioni pubbliche e negli stessi
protagonisti di queste vicende criminali. Tutti gli italiani, in questi giorni,
hanno visto le immagini di quei bambini massacrati in Ossezia. Di fronte alla
tragica enormità di quelle immagini, hanno dovuto assistere alle usuali
divaricazioni degli uni contro gli altri. Dovremmo avere tutti la stessa
reazione. E invece accade l´esatto contrario. Da una parte, sembra che discutere
sui modi per combattere il terrorismo equivalga ad esserne complici, o
addirittura alleati. E si usano atteggiamenti minacciosi, per sostenere questa
equivalenza. Mi ha colpito un lungo reportage dell´Economist uscito a fine
agosto, sulla presidenza Bush. C´è una citazione testuale di Ashcroft, ministro
della giustizia americano: ?A coloro che spaventano i cittadini amanti della
pace con i fantasmi di una libertà messa a repentaglio, il mio messaggio è
questo: la vostra tattica è solo un aiuto ai terroristi´. Questa stessa tattica
viene usata oggi verso chi chiede onestamente al presidente Putin, specie dopo
il triste precedente del teatro Dubrovna, se davvero si sia agito in modo da
evitare tante vittime...».
Lei su questo difende la posizione di Romano Prodi, che invece è stato subissato
di critiche da destra?
«È una richiesta legittima, perché presuppone il preventivo riconoscimento del
nemico comune da sconfiggere, cioè il terrorismo».
Il guaio è che, soprattutto a sinistra, non è del tutto condiviso questo
«preventivo riconoscimento del nemico comune». Viene sempre prima la critica
alle colpe dell´Occidente, di Bush, in quest´ultimo caso di Putin.
«Questo è l´altro corno del problema, che riguarda la nostra metà del campo. Si
continua a non capire che una cosa sono gli errori commessi nella lotta al
terrorismo, una cosa sono le ragioni di cui il terrorismo si avvale come alibi
per costruirsi una base di consenso, e tutt´altra cosa sono gli atti e i crimini
inammissibili che esso commette. E si continua a non capire che ci sono momenti
in cui bisogna prendere una posizione e una sola. E bisogna affermare con forza
?questo è comunque inammissibile´».
La sinistra non lo fa.
«Deve imparare a farlo. Bush ha invaso l´Iraq senza ragione? C´è nel mondo gran
povertà? I palestinesi subiscono ingiustizie da parte di Israele? D´accordo. Ma
mandare i terroristi suicidi a farsi esplodere sugli autobus o nei bar pieni di
gente resta comunque inammissibile. Sgozzare prigionieri inermi resta comunque
inammissibile. Sterminare bambini indifesi il primo giorno di scuola resta
comunque inammissibile».
Eppure, ancora oggi, a sinistra si condanna il massacro di Beslan ma si ripete
che è colpa di Putin.
«Lo so. Ho letto anche i giudizi, comprensibili dal suo punto di vista, di uno
come Maskhadov, che ricorda le atrocità commesse dai russi sui ceceni. Ma è un
atteggiamento profondamente sbagliato. Lo vogliamo capire che questo modo di
ragionare crea solo un clima di giustificazionismo? Lo vogliamo capire che noi
dobbiamo saper distinguere gli errori dei politici dalla condanna di atti che
comunque in quegli errori non possono e non devono trovare attenuanti? Dobbiamo
dirlo, senza esitare, senza distinguere: in nome di dio e degli uomini, non è
possibile in nessuna parte del mondo uccidere bambini e cittadini inermi. Chi fa
questo è comunque fuori dalla convivenza umana».
Lei rimette in discussione anni e anni di terzomondismo della sinistra
italiana...
«Io dico che dobbiamo avere il coraggio di dire che non è sempre vero che gli
atti di terrorismo sono figli della disperazione. Il terrorismo, in verità,
sfrutta la disperazione, e compie sempre più spesso atti che sono figli di un
cieco fanatismo e di una feroce ideologia, che si organizza perché tutto questo
accada. Chi conosce la storia del terrorismo palestinese lo sa bene: Bin Laden,
e non solo lui, spende tanta parte dei suoi molti denari per organizzare tutto
questo».
Anche Walter Veltroni, pochi giorni fa, ha fatto un ragionamento analogo al suo,
dicendo «basta con le ambiguità». Ma è stato attaccato dal «fuoco amico».
«È vero, gli hanno risposto che non c´è nessuna ambiguità. Ma hanno ignorato che
l´ambiguità di certa sinistra sta proprio in questo: prendere sempre due
posizioni insieme, trasformando in attenuanti fatti e circostanze che in nessun
caso lo sono. Se non capiamo questo, in nome della vita finiamo per autorizzare
le più diverse licenze di uccidere. E trovo stupefacente che questo
atteggiamento alligni tra i pacifisti, che si battono in nome dell´intangibilità
della vita umana».
Dobbiamo dire, purtroppo, che anche l´Islam non sempre ci aiuta nella ricerca
del dialogo e della convivenza pacifica tra le culture, invocata a gran voce dal
capo dello Stato Ciampi o dal presidente della Camera Casini.
«Sono d´accordo. E ha ragione Fouad Allam quando scrive che bisogna vincere la
tentazione di criminalizzare l´intero mondo islamico».
Anche questa è una tentazione che emerge. Il presidente del Senato Pera sostiene
una tesi che dà già per acquisito lo scontro di civiltà evocato da Huntington.
«Io credo che chi caldeggia patti ?contro´ deve essere molto chiaro
nell´identificare ?contro chi´, e poi anche ?con chi´. Io sarò un semplice di
spirito come tutti i cristiani, ma continuo a preferire un patto tra tutti gli
uomini di buona volontà, rispetto ad un patto dell´Occidente contro l´Islam».
Ma per fare il patto la volontà deve esistere da tutte le parti. Non può essere
una questione avvertita solo dalle democrazie occidentali.
«Infatti condivido anche l´altra affermazione di Fouad che scrive ?tutti siamo
chiamati alle nostre responsabilità´. È certo che il mondo islamico che dice di
condividere il nostro orrore di fronte ai massacri di questi giorni deve non
solo piangere o compiangere, ma deve anche reagire. Mi chiedo: dov´è il
presidente Khatami, di fronte a queste tragedie? Cito lui, perché è un
riformista su cui riponevamo molte speranze, e di cui ricordo una frase che
pronunciò proprio rispondendo a una mia domanda: ?neppure in nome di dio si può
uccidere´. Allora, oggi, faccia sentire la sua voce. La facciano sentire tutti
quelli che la pensano come lui, e ci diano la percezione che esiste davvero,
cosa che non dubito, un Islam non solo diverso dal fanatismo fondamentalista, ma
distante e nemico di esso. Anche per loro è tempo di rischiare».
Bisogna anche riconoscere che, ad esempio nello specifico italiano, chi parla di
dialogo poi non lo pratica. Dov´è la Consulta annunciata da Pisanu? Cosa ne è
della legge Bondi sulle libertà di culto? Non possiamo poi sorprenderci se, di
fronte al rapimento di civili, la Francia si dimostra una grande nazione, e
conta sulla solidarietà del mondo arabo, mentre da noi tutto questo non accade.
«La Francia, al di là dei dubbi su certa solidarietà che le è arrivata da Hamas,
ha dato una grande prova di unità nazionale. Noi non abbiamo avuto l´Algeria,
che ha dato la spinta ad introdurre il diritto di cittadinanza agli
extracomunitari dopo due anni di permanenza nel paese. Questo e altro ha reso
tangibile, per gli islamici, l´integrazione in una cittadinanza comune, che
invece manca da noi. Ma davanti alle sia pur oggettive remore degli islamici a
integrarsi, noi quale offerta abbiamo fatto loro? La Turco-Napolitano prevedeva
che vi fossero politiche di integrazione, ma in questi anni la loro attuazione
non c´è stata. Quindi è comprensibile che quando queste cose possono nobilmente
pagare, come è accaduto in Francia in queste settimane e come avrebbe potuto
accadere anche in Italia, la differenza emerge e diventa enorme, a nostro totale
svantaggio».
Il ritardo politico e culturale, insomma, non sta tutto e solo da una parte?
«Assolutamente no. La nostra efficacia nei confronti del terrorismo è anche
legata alla nostra capacità di superare le nostre diatribe. Rispetto a ciò che è
accaduto e accade, è una bestemmia far prevalere le polemiche interne gettandosi
la croce addosso, invece di trovare quello che deve essere il denominatore
comune: nulla di ciò che un governo democratico fa deve essere sottratto a
critiche, ma nessuna critica deve essere formulata come se fosse un´attenuante
nei confronti del nemico comune».
Sembra avanzare una prospettiva, che a seconda dei punti di vista può sembrare
una speranza o un´illusione. Cioè che se in Usa Bush perde e Kerry vince, il
problema del terrorismo si risolve da solo. È così, secondo lei?
«Niente affatto. Anche perché si prospetta una continuità della presidenza Bush.
E questo rende ancora più urgente e necessaria la ricerca di quel denominatore
comune. Perché se la presidenza Bush continua rischia davvero di diventare un
fattore di lacerazione per l´Occidente. Più il tempo passa, purtroppo, e più i
sentimenti anti-Bush rischiano di trasformarsi in sentimenti anti-americani.
Questo può farci piombare in un caos di messaggi e di riferimenti, dove il
nemico è sia il terrorismo sia chi lo combatte male. E questa è una torsione
schizofrenica che le opinioni pubbliche non possono reggere».
Diciamola tutta. La destra è pervasa di ideologismi, ma nel centrosinistra
questo caos di messaggi è già un dato di fatto.
«Il centrosinistra tutto può fare fuorché farsi cogliere ancora immerso in
discussioni astruse sulla sua organizzazione interna. Deve mettere a fuoco i
suoi messaggi, ed esistere solo per quelli».
Invece esiste solo per dividersi, e per litigare sulle primarie sì o no.
«Basta parlare di primarie. Le si organizzi, e siano l´occasione per la messa a
fuoco del nostro progetto politico, e per coinvolgere intorno ad esso l´opinione
pubblica. Sgombriamo il campo dalle discussione sul ?se´».
D´Alema teme che le primarie abbiano una partecipazione inferiore a una
consultazione elettorale, e che quindi i voti che Prodi potrà avere possano
essere confrontati con quelli che la Lista Prodi ha ottenuto alle ultime
europee.
«È una preoccupazione che capisco. Ma attenti, tutto dipende dal senso che diamo
a queste primarie. Secondo me non devono essere una consultazione elettorale a
ranghi ridotti, ma devono diventare una chiamata a raccolta di tutti i cittadini
attivi dell´Ulivo. Per questo dobbiamo procedere alla registrazione degli
elettori che parteciperanno e alla pubblicazione delle relative liste. Le
primarie, così, non saranno l´occasione di raccolta solo per chi vota, ma anche
per chi vuole partecipare prima alla nostra campagna di mobilitazione sulla
leadership e sul programma, poi alla nostra campagna elettorale vera e propria».
Le sembra davvero un obiettivo alla portata?
«Lo spero. È una chiarificazione che dobbiamo alla gente, smarrita di fronte a
tutto ciò che sta accadendo. Noi politici dobbiamo sentirne fino in fondo la
responsabilità. Col fuoco, davvero, non si scherza».