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Politica dei servizi sociali, segnalazioni
bibliografiche
Se è possibile essere cristiani alla Mecca
News del 14-09-2004
“Il Foglio” di oggi, martedì 14 settembre 2004, prende una iniziativa di
notevole spessore; consiglio a tutti di comprare il quotidiano, di esaminare
il paginone centrale con attenzione, di conservare questo documento al fine di
rileggerlo con la massima cura ogni volta si debba scrivere o parlare di
Islam.
A sezioni contrapposte, per rendere semplice la lettura e il confronto, sono
pubblicate la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo adottata
dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948” e la
“Dichiarazione del Cairo sui diritti umani nell’Islam - Risoluzione 49/19 - P
della XIX Conferenza islamica dei ministri degli Esteri, 5 agosto 1990”.
Sono messe a confronto due modalità ben distinte di concepire il concetto del
vivere civile, della libertà, del rapporto dell’uomo con la religione. Il
commento in calce di Carlo Panella è molto chiaro e s’incentra sulla
sostanziale differenza nei due documenti.
La nostra dichiarazione non nomina mai Dio e non fa riferimento ai suoi
comandamenti. Chiaramente l’etica e la morale cristiana sono ispiratrici di
questo documento perché radicate nella coscienza di chi l’ha scritto. Ma. Il
vivere nella società non necessita, questa è la nostra peculiare connotazione,
di riferimenti normativi espliciti alla religione. Un credente è credente per
convinzione personale, non per l’effetto di una normativa giuridica. Nessuno,
per il nostro modo di pensare, si pone il problema di stabilire per legge una
“vera fede”; è questo un compito che la nostra civiltà riserva alle coscienze
ed alla ricerca della Verità di ciascun individuo.
Nella nostra civiltà non si fanno distinzioni e riferimenti normativi a
“uomini e donne”. L’individuo della nostra Dichiarazione non è caratterizzato
dal sesso. Non è poca cosa.
L’unico paese di area islamica che concede oggi una libertà reale ai suoi
cittadini è la Turchia. Tutto il resto, spiace dirlo, è “fondamentalismo”
ovvero è società teocratica che giustifica con la religione i propri limiti e,
spesso, le proprie lacune e nefandezze.
“Se questo è Islam moderato” si chiede Carlo Panella. No. Certamente non si
può parlare di moderazione quando si asserisce che (articolo 10) “l’Islam è
una religione intrinsecamente connaturata con l’uomo”. In conseguenza di
questo assunto, a dispetto di ogni asserzione di principio, l’unica religione
possibile è l’Islam. La norma non rimane astratta ma ha conseguenze pratiche
nel senso che il proselitismo religioso (quello non islamico) è reato grave
punito in qualche caso con la morte in quanto ciò è previsto e prescritto
(articolo 2) dalla Shari’ah.
Un fatto macroscopico, del resto, è sotto gli occhi di tutti. A Roma (centro
del cattolicesimo e del cristianesimo) è stata costruita una moschea, una
vistosa moschea. Non risulta che alla Mecca o a Medina sia soltanto pensabile
di poter costruire una chiesa.
Maurizio Navarra