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Israele, parole pesanti come pietre

 

 
di  Giuliano Ferrara


4/11/2005  


L'attacco a Israele del presidente Ahmadinejad è un pericolo vero per il popolo ebraico


 
Se uno dice che Israele deve essere cancellato dalla faccia della Terra, si ride pensando alla grinta dei suoi capi e di quel popolo che vive da anni come una guarnigione tra le guerre vinte e le sfide esistenziali.
Si ride già un po' meno se chi lo dice è un capo di stato. Si ride ancora meno se quel capo di stato è Mahmoud Ahmadinejad, il presidente iraniano.
Non si ride più se si pensa che gli iraniani sono 80 milioni, che i loro ayatollah, hoyatoleslam e mullah aspirano al controllo sulla numerosa comunità sciita transnazionale, che stanno arricchendo l'uranio per scopi nucleari militari sotto il controllo dei pasdaran della rivoluzione, che sono membri rispettati delle Nazioni Unite e parte della maggioranza dell'assemblea generale di quel consesso, che sono ricchi di petrolio e interessanti interlocutori commerciali della Germania e dell'Europa.
Oddio, anche a queste condizioni si può continuare a sorridere con indulgenza, a considerare quella «cancellazione di Israele» come turgida ma innocua retorica, a pensare che in fondo Israele è forte militarmente e gode dell'alleanza di ferro con gli Stati Uniti, ma è un sorriso a proprio rischio e pericolo, un sorriso che potrebbe finire in un ghigno molto amaro.

Dal 1979 a oggi, per cominciare, l'estremismo teocratico fondamentalista della Repubblica Islamica d'Iran ha forgiato pezzi decisivi della nostra storia. Ha messo in scacco gli americani, determinando la caduta di un presidente (Jimmy Carter) e l'elezione di un altro presidente (Ronald Reagan) con una presa d'ostaggi in ambasciata, fatto inaudito nelle cronache contemporanee.
Ha nutrito in varie forme il terrorismo internazionale e vere formazioni di guerriglia, come l'apparato militare degli Hezbollah libanesi, che hanno la copertura di un vasto consenso della piazza araba e non solo araba.
Alcuni anni fa il premier socialista francese Lionel Jospin andò in Libano e disse che quel gruppo filoiraniano capace di mobilitare un milione di libanesi in piazza doveva piantarla di tirare razzi su Israele; Jospin fu accolto a sassate nell'Università palestinese, fuggì nella vergogna e tornò umiliato a Parigi, ma invece della solidarietà di Jacques Chirac, il suo presidente, si ebbe una ramanzina fredda e ostile perché aveva toccato gente intoccabile per l'interesse nazionale e la grandeur della politica araba della Francia.

La forza dell'estremismo teocratico iraniano è che non è rinserrato in una fortezza oligarchica di predoni, come accade per la famiglia saudita custode dei luoghi sacri all'Islam e per altri stati arabo-islamici.
Quel regime nasce bensì da una rivoluzione che ha fatto epoca, da un mito giacobino fattosi metà governo di Dio e metà democrazia plebiscitaria. La loro forza di suggestione sulla piazza araba dipende proprio dal fatto che la maggioranza di quel popolo vuole probabilmente istituzioni libere e convivenza pacifica con tutti gli stati e i popoli della regione, ma la fortissima minoranza irreggimentata è una base «democratica» sufficiente per fare del messaggio degli estremisti al potere un vessillo popolare tra le masse islamiche di tutto il mondo nella sfida al Grande Satana americano, nell'odio per i cristiani e gli ebrei d'Occidente.
Quella demo-teo-crazia ha la forza per esportare le sue idee omicide antisioniste e il suo modello politico e ideologico non è una periclitante costruzione burocratico-militare che dipenda dagli aiuti occidentali.
Allora sarà bene rinunciare all'indulgenza e all'indifferenza, e capire che si tratta di un affare serio.
Il discorso dell'odio di Ahmadinejad, e odio è la parola che egli stesso rivendica per bruciare nel fuoco sacro della sua religione chiunque accetti l'esistenza storica dello stato d'Israele
, è fino a oggi la dimostrazione più chiara dello scontro di civiltà in atto nel mondo, quel clash che nessuno auspica, che tutti vorremmo evitare con ogni mezzo, ma che nondimeno è una realtà in marcia come dimostrano le parole e i fatti prima e dopo l'11 settembre 2001.

Il presidente iraniano, stricto sensu, non è né antisemita né antisionista, è uno che predica il riscatto violento della terra in cui si è insediato il focolare nazionale ebraico in nome di 300 anni, così lui dice, di umiliazione dell'Islam di fronte al regime dell'arroganza infedele degli occidentali. Tre secoli seguiti alla storia di splendore dell'Islam, che ora deve ricominciare a correre, e la prima tappa è la cancellazione della democrazia miscredente degli ebrei in Palestina. Parole ispirate a un chiaro profetismo coranico, parole incendiarie che sono accolte dal giubilo di grandi masse e pronunciate da un leader eletto dal popolo in uno dei più forti e irriducibili stati rivoluzionari islamici del Medio Oriente allargato.

Chi vuole voltarsi dall'altra parte, faccia pure. Ma sappia che il suo sguardo indifferente lascia dietro di sé il concreto rischio esistenziale di un popolo e di uno stato che sono sì forti, ma forti della loro disperata volontà esistenziale di vivere e di sopravvivere al marchio annientatorio di una millenaria storia di pogrom e di antisemitismo.
E di una più ravvicinata storia di aggressioni, sopraffazioni e tentativi di annientamento respinti soltanto perché l'Occidente, questa parola strana che suscita la ripulsa di tanti, esiste sull'asse Washington-Gerusalemme, con quella benedetta deviazione (profetica anch'essa) che fu inaugurata dalla Nostra aetate, il documento conciliare che cassò l'antisemitismo cristiano dalla vita della Chiesa cattolica e del Cristianesimo universale, portando infine Giovanni Paolo II alla sinagoga di Roma.

IL FOGLIO riporta anche, riprendendolo dal sito Memri sempre in prima pagina sotto il titolo "Il discorso dell'odio", il discorso di Ahmadinejad.

Un testo impressionante che è bene conoscere:

 

Se qualcuno è oppresso da una potenza egemonica (l’occidente, ndr) e capisce
che qualcosa non va, o è un ingenuo oppure è un egoista e il suo edonismo lo conduce a riconoscere il regime sionista, ma dovrebbe sapere che brucerà nel fuoco della nazione islamica (…). Dobbiamo comprendere qual è la vera storia della Palestina. L’establishment del regime che occupa Gerusalemme (Israele, ndr) è il frutto di una gravissima decisione di un sistema egemonico e arrogante verso il mondo islamico; e questa guerra dura da centinaia di anni. La situazione al fronte è cambiata molte volte. In certi periodi, i musulmani hanno marciato vittoriosi, guardando al futuro, e il mondo dell’arroganza (l’occidente, ndr) ha battuto la ritirata. Sfortunatamente, negli ultimi trecento anni, il mondo islamico ha dovuto ritirarsi di fronte all’avanzata del mondo dell’arroganza. Nel corso degli ultimi cent’anni, poi, le mura del mondo islamico sono state abbattute e il mondo dell’arroganza ha costruito un bastione per mezzo del quale espandere il proprio dominio in tutto il mondo dell’islam. Ciò significa che l’attuale guerra in Palestina rappresenta la linea del fronte contro il mondo dell’arroganza. Quando il grande imam Khomeini disse che bisognava abbattere il regime dello scià, e che noi dovevamo esigere un mondo senza governi schiavi, molti dicevano: ‘Si riuscirà mai a rovesciare davvero il regime dello scià?’. La nostra nazione non si è lasciata intimorire, e ora, da ormai ventisette anni, viviamo senza un governo sottoposto all’America. L’imam Khomeini disse: ‘Il dominio dell’est e dell’ovest deve cessare’. Nessuno credeva che un giorno avremmo assistito al crollo dell’imperialismo dell’Unione sovietica. E invece l’abbiamo vist crollare, senza quasi lasciare traccia di sé. L’imam Khomeini disse che Saddam Hussein
doveva essere spodestato, e che avrebbe subito un’umiliazione senza precedenti.
Che cosa è accaduto? Un uomo che dieci anni fa parlava come se fosse destinato a vivere in eterno oggi si trova in catene e sta per essere processato dal suo stesso paese. L’imam Khomeini disse: ‘Il regime che sta occupando Gerusalemme deve essere cancellato dalle pagine della storia’ (questa frase è stata tradotta in inglese sulla stampa mondiale con ‘cancellato dalla carta geografica’, ndr). Sono parole sagge. Sulla questione della Palestina non ci possono essere compromessi.
“La forza di colpire come una grande ondata”
E’ possibile che un paese islamico permetta a un paese non islamico di crescere
nel suo seno? Questo significa sconfitta, e chi accetta l’esistenza di questo regime (Israele, ndr) firma la sconfitta del mondo islamico. Non ho il minimo dubbio sul fatto che la nuova ondata che si è formata in Palestina e che oggi vediamo formarsi anche in altri paesi islamici, sia un’ondata di moralità destinata a diffondersi in tutto il mondo islamico. Molto presto, questa disgraziata macchia (Israele, ndr) sparirà dal centro del mondo islamico. Ma dobbiamo stare attenti alla ‘fitna’ (la guerra interna ai fedeli del Corano, ndr). Per oltre cinquant’anni, il mondo dell’arroganza ha cercato di riconoscere
l’esistenza di questo falso regime (Israele, ndr). Ha fatto di tutto per renderlo solido. Purtroppo, 27 o 28 anni fa, uno dei paesi che si trovava sulla prima linea del fronte (l’Egitto, ndr) ha compiuto un terribile errore (il riconoscimento di Israele, ndr), e noi speriamo che vorrà porvi rimedio. Malgrado la forzata evacuazione di Gaza imposta dal popolo palestinese, essi hanno evacuato soltanto un piccolo angolo di terra. Oggi (Israele, ndr) cerca, in modo diabolico e truffaldino, di ottenere il controllo del fronte di guerra. Sta cercando di indurre i gruppi palestinesi a occuparsi delle loro questioni politiche e dei posti di lavoro per far sì che abbandonino la causa palestinese
e per creare conflitti interni. Io spero che il popolo palestinese non si lasci trascinare in una ‘fitna’. I profughi devono tornare nelle proprie case, e ci deve essere un governo deciso dalla volontà del popolo palestinese. E, naturalmente, coloro che sono entrati in questa terra per depredarla (gli ebrei, ndr) non hanno il minimo diritto di decidere nulla in nome del popolo palestinese. Coloro che siedono in stanze chiuse non hanno il diritto di prendere decisioni. Il popolo islamico non può permettere a questo suo nemico storico di vivere nel cuore stesso del mondo islamico. Oh, amato popolo, osserva questa arena globale. Chi dobbiamo affrontare? Dobbiamo comprendere la profondità della disgrazia che ci è stata imposta dal nemico, fino a quando il nostro odio sacro avrà la forza di colpire come una grande ondata”.