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Quell’ideologia islamica nichilista che
legittima i massacri
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Oggi più che mai non dovrebbero esserci più dubbi sul
fatto che stiamo fronteggiando una guerra globalizzata
del terrorismo di matrice islamica. Non c’è un nesso tra
gli attentati di Londra e l'uccisione dell'incaricato
d'Affari egiziano a Bagdad, Ihab Sherif. Tuttavia
entrambi i fatti sono stati rivendicati da Al Qaeda,
s'ispirano a un'ideologia islamica nichilista che
legittima il massacro di « ebrei, crociati, infedeli,
apostati», mirano ad annientare una comune civiltà umana
che ha il suo fondamento nel valore della sacralità
della vita. Eppure sono ancora troppi coloro che in
Occidente continuano a non voler vedere la realtà
aggressiva di quest’offensiva planetaria del terrore,
immaginando che si tratti di un fenomeno reattivo,
giustificato se non addirittura legittimo. E che quindi,
anche in presenza di un efferato eccidio, tendono ad
attribuirne la colpa all'Occidente, a Israele o ai Paesi
musulmani. Più in generale l'Occidente paga l'errore di
aver frainteso e sottovalutato la realtà di una
struttura organica del radicalismo islamico che ha messo
radici al proprio interno, che alimenta una cultura
dell'odio confessionale e del separatismo comunitario.
In quest'ambito la Gran Bretagna ha la responsabilità
maggiore.
Di fatto dire che si sia trattato di una strage
preannunciata è dire un’ovvietà. Il vero miracolo è che
fino a ieri Londra fosse scampata all’offensiva del
terrorismo di matrice islamica. Del quale è a tutti gli
effetti la solida roccaforte non solo a livello europeo
ma perfino a livello mondiale. È nella capitale
britannica che hanno trovato rifugio alcuni dei più
famigerati burattinai dell’estremismo islamico
responsabili dell’orripilante massacro di innocenti in
Algeria, Egitto, Arabia Saudita, Yemen. Dove si è
radicata una pericolosissima filiera che, partendo dalla
predicazione della Jihad intesa come guerra santa,
operando un indottrinamento che inculca la fede nel
«martirio » islamico, sfocia nella « produzione» dei
combattenti e degli aspiranti terroristi suicidi. Londra
si è trasformata di fatto nello snodo europeo tramite
cui migliaia di mujahidin, nel corso di un ventennio,
sono transitati prima di andare a combattere in
Afghanistan, Cecenia, Bosnia e Iraq. Ebbene, il 7 luglio
passerà alla storia come la fine della logica
assolutamente naif e deleteria secondo cui, in materia
di estremismo islamico, «can che abbia non morde». Ora
dovrebbe essere chiaro che l'istigazione alla violenza
non può essere equivocata con la libertà di espressione.
Pensate che lo scorso gennaio Omar Bakri, siriano,
presidente del movimento Al-Muhajiroun (gli emigranti),
affermò in un'intervista al Times che «tutta la Gran
Bretagna è diventata Dar al-harb (Casa della guerra)»,
che «la vita e le proprietà degli infedeli non sono più
sacre», che i musulmani britannici «hanno l'obbligo di
unirsi ad Al Qaeda, alle sue filiali e organizzazioni
nel mondo»!
A Londra agiva impunemente anche Abu Qatada, il
sanguinario mufti, giureconsulto islamico, che emise le
fatwa richieste dal Gia per legittimare il massacro dei
civili in Algeria. Solo da poco è stato arrestato Abu
Hamza al Masri, cittadino britannico di origine
egiziana, leader di Ansar al Sharia, accusato di aver
promosso attentati terroristici nello Yemen. L'elenco
degli estremisti islamici che a Londra hanno goduto di
una totale libertà e impunità è lungo. Ci si è illusi
che lasciandoli parlare si sarebbero sfogati e alle
parole non sarebbero seguiti i fatti. Hanno confuso i
burattinai del terrore con gli esagitati che si
esibiscono allo Speaker's Corner di Hyde Park. Ora tutti
sappiamo che non si tratta di chiacchiere ma di una
predicazione, un indottrinamento e un arruolamento che
sono parte integrante di una vera e propria guerra. Che
non conosce regole, disconosce i valori, esclude il
compromesso. Dobbiamo aprire gli occhi. Renderci conto
che i terroristi sono solo la punta dell'iceberg di una
più ampia e profonda struttura del radicalismo islamico
dedita alla trasformazione delle persone in bombe umane.
E che questa guerra globalizzata la potremo vincere
soltanto se reprimeremo sul nascere questo processo
letale.
Magdi Allam
Corriere della sera 08 luglio 2005
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