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VENERDÌ, 23 SETTEMBRE 2005
QUALE DIO STA NEI CIELI
 
Convegni/ Un teologo cristiano riflette sull´islam
Quella di Maometto è una religione maschile
il corano non è un tramite poiché È in tutto divino
 
Invece tra Allah, avvolto in un mistero impenetrabile, e gli uomini vi è una distanza massima
Per il cristianesimola vicinanza trala divinità e l´uomoè così intensada essere identità
 
VITO MANCUSO

È convinzione comune che ebraismo, cristianesimo e islam adorino lo stesso unico Dio: lo Jahvé ebraico, il Padre della Trinità cristiana e l´Allah dell´islam vengono ritenuti la medesima persona. Questo mio contributo intende sottoporre a critica tale convinzione. La mia tesi sostiene il contrario: il Dio del cristianesimo e il Dio dell´islam non condividono la medesima identità. Di più: se dovessimo disporre le idee di Dio rappresentate dalle molteplici religioni in un ideale emiciclo parlamentare, al cristianesimo e all´islam spetterebbero le ali contrapposte: al cristianesimo, che rappresenta l´idea della massima vicinanza tra Dio e gli uomini, spetterebbero i seggi diametralmente opposti rispetto all´islam, che rappresenta la massima lontananza.
In seguito affronterò la domanda che, dopo l´esposizione della tesi, sorge spontanea, cioè se la radicale differenza teologica ci condanna necessariamente allo scontro delle civiltà. Alcuni lo desiderano e lavorano perché sia così, non solo tra i musulmani.
Lo scontro è certamente possibile, il peggio è sempre possibile.
Come fare per evitarlo, quali sono i passi per custodire la pace, che è il bene più prezioso che abbiamo?
Per il cristianesimo, la vicinanza tra Dio e gli uomini è così intensa da essere identità: Dio si fa uomo. Nel corpo di un singolo uomo, Dio e Uomo divengono la medesima cosa. Per questo una donna può essere chiamata «madre di Dio», un´espressione che pensata per se stessa è la più pura assurdità, visto che è essenziale al concetto di Dio il non avere né padre né madre. Il cristianesimo giunge a deformare la logica della metafisica divina perché deve dire l´evento inaudito del divenire uomo da parte di Dio.
Siccome in Dio però non si può dare alcun divenire, Dio e Uomo devono essere pensati come la medesima cosa da sempre. Il Figlio di Dio che diviene uomo in un momento preciso della storia è l´archetipo eterno dell´Uomo, da sempre sussistente in Dio e come Dio, come il Figlio eternamente generato dal Padre. Si può sostenere che Dio diviene realmente uomo senza alcuna diminuzione della sua divinità, solo pensando che egli, da sempre, non solo ha in sé, ma è in sé, l´idea di Uomo: tale idea sussistente è la seconda persona della Trinità. Per questo quando il Figlio di Dio parlava di se stesso si presentava come «il Figlio dell´Uomo».
Da questo inedito collocamento dell´idea di Uomo nel seno della divinità prende origine quell´autentico scardinamento del puro monoteismo che è la dottrina trinitaria, che ebrei e musulmani (giustamente da un punto di vista teologico tradizionale) rimproverano alla rivoluzione teologica del cristianesimo.
L´attribuzione della pienezza della divinità a un uomo, dichiarato «della stessa sostanza del Padre» (homoousios) nel primo concilio ecumenico svoltosi a Nicea nel 325, è il cuore speculativo del cristianesimo. L´homoousia tra la perfezione dell´uomo e la divinità consente al cristianesimo di sapere perfettamente che cosa è Dio in se stesso. Il cristianesimo infatti conosce l´essenza di Dio, sa che Dio è amore (agape). E non un amore misterioso, ma dal volto umano, amore come bene per gli tutti gli uomini.
Se Dio è amore, ne viene che Dio non vuole ogni cosa, sia il bene sia il male; Dio vuole solo il bene, sempre e solo il bene. Col cristianesimo si tocca il vertice di quel movimento iniziato da Giobbe e da Prometeo, e approfondito da Platone, che pone la divinità totalmente dalla parte dell´uomo come fonte del bene e della giustizia, e solo del bene e della giustizia.
Questo concetto teologico dell´identità Dio-Uomo è ciò che ha consentito il grande sviluppo dell´arte nel mondo cristiano. Non è ingenuo antropomorfismo dare a Dio Padre il volto di un uomo; è piuttosto l´espressione del fondamentale concetto teologico della homoousia. Nel portale settentrionale della cattedrale di Chartres c´è una statua di Dio Padre che crea Adamo. Il Padre è raffigurato con lo stesso volto dato a Cristo nelle statue adiacenti, ma - grande colpo di teologia inciso nella pietra - anche Adamo ha lo stesso volto di Cristo. Il volto del Padre, del Cristo, dell´Uomo è lo stesso: questo è il cristianesimo.
In posizione diametralmente opposta si pone l´islam, che tra Dio e gli uomini afferma la massima lontananza. Tale contrapposizione appare evidente non appena si consideri che il cuore teologico del cristianesimo (l´incarnazione e la Trinità) è per l´islam così inammissibile da risultare blasfemo.
Si potrebbe obbiettare che, leggendo il Corano, si incontra un Dio estremamente vicino agli uomini, un Dio che, come dice con una bellissima espressione la sura 50, è «più vicino all´uomo della sua stessa vena giugulare». Tale vicinanza di Allah agli uomini però non assume alcuna consistenza ontologica ed egli rimane avvolto in un mistero impenetrabile. Ben lungi dal poter accettare l´incarnazione di Dio, all´islam sono sconosciute anche realtà di mediazione permanente tra Dio e gli uomini, come per esempio i sacramenti, le immagini sacre, i santi. Nell´islam non è presente alcuna mediazione ontologica permanente tra Dio e gli uomini.
Qualcuno potrebbe pensare che lo sia il Corano, ma non è così, perché il Corano non è in alcun modo una mediazione essendo (a differenza della Bibbia) esso stesso integralmente divino, così da esistere prima del mondo: proprio la teologia del libro sacro è uno dei luoghi dove più intensa appare la differenza tra cristianesimo e islam.
L´attributo fondamentale del Dio islamico è la suprema onnipotenza, funzione di una proprietà ancora più decisiva: la libertà. Allah è l´essere perfettamente libero, a nulla legato, l´assoluto nel senso più pieno del termine, ab-solutus, cioè sciolto da ogni legame necessitante. Allah è infinita libertà. Di lui non si conosce altra essenza se non la volontà, una pura volontà di potenza, per riprendere la nota categoria di Nietzsche, il quale non a caso, mentre malediva il cristianesimo, aveva simpatia per l´islam. Scriveva nell´Anticristo: «se l´islam ha in dispregio il cristianesimo, ha in ciò mille volte ragione: l´islam ha per presupposto dei maschi». Nietzsche, come spesso succede, ha ragione: l´islam è la religione maschile per eccellenza.
Da tutto ciò consegue che il fedele musulmano non conosce chi è in sé il suo Dio, perché Allah non si può conoscere nella sua essenza. Lo si conosce solo come onnipotenza assoluta, senza un contenuto che lo leghi o lo necessiti a priori. Allah è clemente, il più delle volte è clemente, ma può essere anche terribile, a volte persino spietato. Quando nasce un bambino handicappato, quando avvengono le catastrofi naturali, le guide religiose islamiche non mancano di far notare che così ha voluto Allah.
Recentemente il direttore del centro di ricerche del ministero per gli affari religiosi del Kuwait ha scritto che l´uragano che ha fatto tanti morti in America «è uno dei soldati di Allah, è stato inviato da Dio per combattere al nostro fianco»
Lungo la sua storia il mondo islamico non ha prodotto alcuna figura paragonabile a Giobbe e alle sue giuste e indignate proteste. Allah non le potrebbe tollerare, perché nulla e nessuno può sussistere davanti a lui, neppure l´idea di giustizia. Fa parte della sua essenza il volere senza dover rendere conto a nessuno, tanto meno agli uomini. I quali uomini del resto non sono, come sostiene il cristianesimo, figli di Dio. La stessa espressione «figli di Dio» ha un che di blasfemo per una mente islamica, perché il Corano dice che «Dio non generò né fu generato» (sura 112). In evidente contrapposizione al Padre della Trinità cristiana, il Dio dell´islam non genera: non genera eternamente il Figlio, né genera nel tempo gli uomini come figli nel Figlio.
Dio non è Padre per l´islam. L´appellativo principale con cui il cristiano si rivolge a Dio («Padre nostro») è assente dal Corano.
Anche tra i 99 bellissimi nomi che la tradizione attribuisce ad Allah il nome di Padre è assente. Dio non è Padre, gli uomini non sono suoi figli. Che cosa sono per lui gli uomini? Gli uomini sono suoi servi. Il musulmano pensa se stesso come servo di Dio. Il fine della religione islamica non è la figliolanza e l´amicizia con Dio, ma la sottomissione, il significato per l´appunto di islam. La distanza ontologica tra Dio e gli uomini è, e deve rimanere, invalicabile.
Questa è la verità teologica che emerge dai testi dottrinali, che è inutile, oltre che dannoso, voler intiepidire al fine di evitare lo scontro. Lo scontro va certamente evitato, occorre fare di tutto per la pace, ma questo non può avvenire a spese della verità, perché nulla tiene alla lunga se non è vero. (...)
Non esiste religione che non abbia i suoi fanatici, gli zelanti osservanti della lettera.
«La lettera uccide» ha scritto san Paolo con una frase la cui verità ci è mostrata tragicamente ogni giorno. San Paolo continua: «lo Spirito invece dà vita». Le religioni hanno senso e meritano rispetto solo se raggiungono la dimensione spirituale, solo se educano gli uomini allo spirito che ama e vuole il bene e la giustizia, e li vuole per tutti. E la cosiddetta regola d´oro, presente in tutte le tradizioni spirituali dell´umanità. Cristo ha detto: «Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro». Maometto ha detto: «Nessuno di voi è un credente finché non amate per il vostro vicino quello che amate per voi stessi».
Alla fine si può dire che tutti gli uomini che vivono autenticamente la religione adorano lo stesso Dio.