L'atto del
ministro Calderoli è stato peggio che criminale, è stato stupido, perchè ha
regalato al dittatore Gheddafi il pretesto per inscenare una dimostrazione
contro l'Italia con obiettivi ben diversi dalla potesta religiosa. E'
incredibile che quasi nessun giornale abbia scritto stamattina che sotto
dittatura non esistono manifestazioni popolari che non siano strettamente
guidate dal governo. Anche solo immaginare, supporre che le "masse" libiche
si siano sentite offese e abbiano manifestato contro il governo italiano è
peggio che una dimostrazione di dabbemaggine. E' collusione con il
terrorismo organizzato. Esaminiamo in altra pagina le reazioni dei media.
Qui riportiamo il commento di Magdi Allam sul CORRIERE della SERA di
oggi 18.02.2006, lucido e coraggioso come sempre. Ecco il
pezzo:
E' stato un attacco preannunciato contro il nostro consolato a Bengasi.
Erano giorni che Gheddafi aizzava la piazza contro Calderoli colpevole di
aver promosso una «nuova crociata contro l'Islam». Ma anche contro l'Italia
perché «non vuole chiudere con il passato fascista». Il governo Berlusconi
era al corrente dei seri rischi a cui andava incontro. Eppure il ministro
leghista si è prestato ad innescare la miccia che ha dato fuoco alle
polveri, rifiutandosi di recedere dall' ostentazione delle magliette con le
vignette su Maometto ritenute blasfeme. Ed ora che si fa la conta dei morti
e dei feriti, le responsabilità sono chiare.Ebbene, se è impensabile che il
leader di un regime tirannico possa essere messo in discussione, le
dimissioni del nostro ministro sono a questo punto assolutamente doverose.
C'era da attenderselo che l'Italia avrebbe finito per pagare proprio con la
Libia il suo conto nella vicenda delle vignette blasfeme. L'ex colonia è una
spina nel fianco da quando nel 1970 Gheddafi espulse in massa i ventimila
italiani che vi risiedevano da generazioni, sequestrando tutte le loro
proprietà. Ieri la televisione libica ha dato ampio risalto al discorso
fatto dal presidente del Congresso generale del popolo (il Parlamento),
prima dell'attacco al nostro consolato, in cui ha tuonato: «Dobbiamo
riaprire il dossier con l'Italia. Il Congresso chiede la rottura delle
relazioni con l'Italia. E' arrivata l'ora in cui è il popolo che deve agire
contro le vignette che irridono il nostro profeta e contro il ministro delle
Riforme italiano che ha lanciato una nuova crociata contro l'Islam».
Chi è stato in Libia sa bene che nessuno si sognerebbe mai di sfilare in
corteo e tantomeno di attaccare una sede diplomatica se non glielo ordina il
regime. Le poche immagini trasmesse enfatizzano una rara collera diffusa tra
le migliaia di persone che hanno manifestato a Bengasi, urlando «con il
sangue, con lo spirito, ci sacrificheremo
per te o Mohammad (Maometto)». Che il presidente del Parlamento libico abbia
strumentalizzato l'atteggiamento di Calderoli appare evidente dalle sue
dichiarazioni: «Il ministro italiano ha chiesto al Papa di indire una nuova
crociata contro l'Islam, vuole usare la forza contro l'Islam. Vogliono
innalzare la croce nella terra dell'Islam. Noi diciamo no. La Nazione
islamica è sana nonostante la collusione di taluni. Gheddafi è pronto a
guidarla. In passato gli aggressori fascisti si erano illusi di
sottometterci, quando avevamo poche armi ma tanta fede. Ora la Storia si
ripete. Pensavamo che l'Italia fosse cambiata. Ma da sotto le ceneri emerge
un'Italia che vuole riesumare il passato. Fino ad ora non ci vogliono
indennizzare per le vittime e i danni coloniali».
Si tratta di un annoso contenzioso che Gheddafi fa riemergere a piacimento
per usarlo come clava quando decide di infierire contro l'Italia. Aumentando
ogni volta la posta, anche se per il nostro Paese quel contenzioso è chiuso.
A ottobre di ogni anno Gheddafi celebra la «Giornata della vendetta» contro
l'Italia, un giorno di lutto in cui si rievocano le atrocità della guerra
fascista per mantenere vivo l'odio e il risentimento nei confronti degli
italiani. Anche se poi la Libia e l'Italia hanno uno stretto e intenso
rapporto economico e commerciale, in cui la parte del leone la fanno le
esportazioni di petrolio e gas libico.
E' in questo contesto di per sé problematico, nonostante l'intenso lavoro
diplomatico svolto dal ministro dell'Interno Pisanu per contenere il flusso
dei clandestini, che è esploso il caso Calderoli sfociato nell'attacco
mortale contro il nostro consolato. Non tenerne conto sarebbe fuorviante. Il
ministro leghista è certamente colpevole di aver assunto, mantenendo un
incarico ufficiale, un atteggiamento provocatorio che ha finito per
coinvolgere la responsabilità del governo e mettere in pericolo la sicurezza
delle istituzioni italiane. Ma l'esplosione di violenza era già stata
decisa. Gheddafi attendeva solo il pretesto. Calderoli glielo ha offerto. |