Per capire
quanto è accaduto a Dahab, niente di meglio dell'analisi di Fiamma
Nirenstein pubblicata oggi 25 aprile sulla STAMPA a pag.3.
Ecco l'articolo:
Chi ha messo le bombe di Dahab? Oppure: chi si è fatto saltare per aria
seppellendo sotto le macerie i turisti che popolano il mercatino orientale,
i caffè e i ristoranti, gli alberghi? La logica politica ci dice che chi
gioisce maggiormente della strage, nel panorama della jihad mondiale, è
proprio lui, il capo dallo sguardo ieratico e assassino, Osama Bin Laden.
Nel deserto rosso del Sinai stanotte i suoi uomini, insieme a gruppi di
beduini e di giovani e ragazzi egiziani sentono di avere giocato un nuovo
grande scatto matto nella grande guerra del terrorismo contro l’Occidente.
Dall’ottobre del 2004, dall’esplosione del grande albergo di Taba, e dagli
scoppi di Sharm El Sheikh dello scorso luglio che fecero 80 morti, Mubarak
si era proposto con tutte le sue forze l’obiettivo di eliminare dal Sinai i
nuclei di Al Qaeda oramai stabilmente piazzati nella penisola desertica, e
non ce l’ha fatta. La caccia era stata spietata.
Per realizzare questo scopo dopo gli attentati passati, aveva ripulito la
sua polizia degli uomini che secondo lui avevano sbagliato, e aveva steso un
autentico tappeto di agenti e militari in tutte le zone frequentate dal
turismo. Chi entra dal confine da Eilat trova un’incredibile numero di check
point, e dal Cairo al Sinai si viene fermati almeno dieci volte con domande
insistenti, modi poco urbani, perquisizioni delle automobili e sequestro di
oggetti men che sospetti, come telefoni satellitari e appunti (è accaduto
alla cronista).
Dunque come hanno fatto i terroristi ad arrivare a svolgere il loro
rivoltante compito? Innazitutto, non hanno avuto bisogno di importare
l’esplosivo e di trasportarlo da una parte dall’altra del Paese.
Probabilmente era già in loco, diviso in piccole parti presso le tribù
beduine che non amano affatto il regime di Mubarak e anche le altre volte
hanno nascosto uomini, armi, oggetti vari e per trasportarli da una parte
all’altra del grande deserto sotto mentite spoglie. Inoltre, potrebbero aver
oltrepassato il confine entrando dal nuovo - più confuso e meno controllato
- confine di Gaza. Per parte sua Al Qaeda ha potuto stabilirsi sia nel nord
che nel sud del Sinai nel corso di questi anni; è divenuta sempre più
popolare fra i giovani mussulmani affascinati dalla religione vista come la
soluzione ai problemi sociali e economici di un Paese sotto il tallone di
ferro di Mubarak. Il fascino si è raddoppiato con la preminenza
dell’egiziano Al Zawahiri nell’organizzazione, e con la sua direzione della
jihad mondiale che prendendo le mosse dall’Iraq si snoda per tutto il Medio
Oriente e oltre. Adesso, oltre alle porte saudite e a quelle irachene, si
sono aperte tramite i valichi di Gaza anche altri spazi e altri ingressi di
addestratori e armi.
I terroristi nei giorni scorsi si sono certo aggirati fra i turisti
occidentali per scegliere le zone più frequentate: hanno visto i turisti
accompagnati dalle loro compagne sbracciate e intente in acquisti. Le hanno
biasimate per i costumi da bagno e la promiscuità con l’altro sesso.
Hanno valutato quanto attaccare l’occidente in forma di turisti in Egitto
possa danneggiare anche una fonte di guadagni per il regime di Mubarak, che
essi considerano corrotto e asservito agli americani e a Israele. Forse gli
uomini di Al Qaeda - coadiuvati dai Fratelli Musulmani desiderosi di
riabilitarsi dall’accusa di essersi integrati partecipando alle elezioni -
hanno coinsiderato l’idea di compiere l’attentato nei giorni della Pasqua
ebraica, una settimana fa, per uccidere come a Taba e a Sharm un certo
numero di israeliani. I quali, nonostante un allarme del Mossad e i consigli
del loro governo, che li esortava a non passare il confine, a Pasqua sono
arrivati in ottomila sulle spiagge distanti solo cento chilometri. Dalle
notizie della notte, sembra che ancora ce ne siano cinquemila dentro i
confini egiziani (fino a notte tarda si è parlato però solo di tre feriti).
E la coda delle ambulanze dello Stato ebraico davanti al confine egiziano ha
lampeggiato tutta la notte mentre file di macchine sia di israeliani ebrei
che arabi rientravano. La scelta di colpire ieri con un attacco così vistoso
e teso a affermare la forza di Bin Laden ha due riferimenti: il primo, la
festa della liberazione del Sinai tramite la pace con Israele il 25 aprile.
Le bombe avvertono che con l’Occidente ci sono altri metodi che non i
trattati con Israele. In secondo luogo, l’eccidio viene subito il discorso
di ieri del capo di Al Qaeda che espone di nuovo una strategia totalitaria.L’idea
è una guerra totale contro l’Occidente e il Medio Oriente è il primo grande
obiettivo: bisogna farne un’autentica polveriera da cui l’Occidente debba
fuggire a gambe levate, compreso Israele . Qui sarà la base di lancio della
grande strategia islamista di conquista del mondo. I primi obiettivi sono i
paesi arabi che secondo gli islamisti sono complici dell’Occidente e di
Israele. Anche la Giordania ha lanciato ripetuti allarmi. E Al Qaeda ha già
basi a Gaza, a Nablus in Cisgiordania e in Libano. Sui suoi nessi con
l’Arabia Saudita, non c’è dubbio. Sul desiderio condiviso con l’Iran di
distruggere Israele e di battere l’occidente, nemmeno. Prima di tornare in
occidente, negli Usa e in Europa, Bin Laden ha bisogno del Medio Oriente.
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