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I perdenti radicali e l'evo antico prossimo venturorecensione di Hans Magnus Enzensberger, Il perdente radicale, Einaudi, 2007 in: http://amalteo.splinder.com/post/10818798/I+perdenti+radicali+e+l'evo+antico+prossimo+venturo
Hans
Magnus Enzensberger
(1928) è un intellettuale tedesco che un tempo si sarebbe definito
engagé, “impegnato”. Negli anni ’50 e ’60 questa era
l’attribuzione che di dava ai filosofi e letterati che, sotto l’ombrello
protettivo del comunismo sovietico, si impegnavano – per l’appunto - a
favorire la rivoluzione socialista nei paesi a capitalismo avanzato,
dove non si erano create le condizioni per la spallata eversiva, come
era capitato in Russia nel 1917.
Enzensberger fa ruotare la sua analisi attorno alla figura del
“perdente radicale”.
E’ la persona che ha perso le sfide della vita. Che non sapendo vivere
nelle contraddizioni del mondo ha deciso di distruggere a casaccio tutti
i viventi, quelli a lui contigui e gli odiati altri.
Usando lo strumento semplice dell’assassinio individuale o di massa. Ma che cosa accade quando il perdente radicale supera il suo isolamento, quando si socializza, quando trova una patria dei perdenti, da cui si ripromette non solo comprensione, ma riconoscimento, un collettivo di simili che lo accoglie a braccia aperte e ha bisogno di lui ? Allora l'energia distruttiva insita in lui si potenzia a mancanza di scrupoli estrema; si crea un amalgama di desiderio di morte e di megalomania, e all'impotenza subentra un catastrofale senso di onnipotenza. p. 23
E’ chiaro? Il progetto dei perdenti radicali consiste - come attualmente in Iraq e in Afghanistan - nell'organizzare il suicidio di una intera civiltà. Che riescano a universalizzare e perpetuare senza limiti il loro culto della morte non è probabile. I loro attentati rappresentano un permanente rischio latente, come le quotidiane morti sulle strade, alle quali ci siamo abituati. Con essi una società globale che dipende dai carburanti fossili e che produce in continuazione nuovi perdenti dovrà convivere. Pag. 73
I
passaggi della sua argomentazione sono un capolavoro di analisi
culturale e storica.
Primo argomento: la civiltà araba ha perso la sfida dello
sviluppo tecnico e scientifico:
A partire dal xv secolo i giuristi islamici hanno sabotato
l'introduzione del torchio tipografico, richiamandosi a un dogma
fondamentale, secondo il quale nessun altro libro è lecito oltre il
Corano. Solo con tre secoli di ritardo potè essere fondata la prima
tipografia in grado di produrre libri con i caratteri arabi. Le
conseguenze per la scienza e la tecnica di quei paesi si avvertono
ancora oggi. Negli ultimi quattro secoli gli arabi non hanno prodotto
alcuna invenzione degna di rilievo … p. 41-42
Secondo argomento: la civiltà araba ha perso la sfida della
modernizzazione (sviluppo economico integrato, diritti di
cittadinanza, istruzione, , salute, qualità della vita):
Oggetto dell'indagine i ventidue stati membri della Lega araba con
duecentottanta milioni di abitanti ... lo Human
Development Index che tiene conto di parametri quali l'attesa di
vita, l'istruzione scolastica, il reddito pro capite e il grado di
alfabetizzazione. In particolare si affrontano quattro questioni: lo
stato della libertà politica, lo sviluppo economico, l'istruzione e il
sapere, la situazione delle donne. In tutti questi settori si
constatano pesanti deficit, e la diagnosi è suffragata da una serie di
dati statistici. P 37-38
Terzo argomento: la civiltà araba, ripiegata sul suo sacro
testo, se la prende innanzitutto con le donne:
il Corano è esplicito. «Gli uomini sono superiori alle donne - si legge nella sura IV, 34 - perché Dio li ha prescelti... E se temete che si ribellino, ammonitele, evitatele nel talamo, chiudetele nelle loro stanze e picchiatele. Ma se vi obbediscono, non siate in collera con loro». Queste regole risalgono indubbiamente a tradizioni preislamiche. Ma la loro persistenza attuale è rilevabile nel diritto familiare, ereditario e penale della sharia, la quale nella maggior parte dei paesi arabi rappresenta tuttora il canone fondamentale della legislazione …. le donne sono considerate persone di serie b. Questo non risulta soltanto dal diritto divorzistico, ma anche dal fatto che in tribunale la deposizione di una donna vale solo la metà di quella di un uomo. In caso di stupro, fino a prova del contrario, la colpa viene attribuita alla donna; le si imputa di avere eccitato il maschio con il suo comportamento. La violenza nel matrimonio non viene sanzionata. Tuttavia non sarebbe corretto tacere che il diritto della sharia non viene applicato in modo univoco in tutti i paesi musulmani. Per esempio, il re Maometto VI del Marocco negli ultimi anni ha avviato incisivi cambiamenti nel campo del diritto familiare e matrimoniale; in Iran nelle università studiano più donne che uomini; in Turchia la sharia è bandita formalmente; in Palestina e ancor più nel Libano molte donne pretendono i loro diritti politici e professionali. Christine Schirrmacher cita però una sentenza della corte di cassazione tunisina, in cui si afferma: «Le percosse e lievi lesioni inflitte dal marito alla moglie fanno parte della natura di una normale vita matrimoniale». p. 47-48
Quarto argomento: la civiltà araba, avendo perso la sfida
dello sviluppo tecnico-scientifico e quello dei diritti, se la prende
con le civiltà che hanno percorso queste strade:
È del tutto evidente che la totale dipendenza economica, tecnica e
intellettuale dall'«Occidente» è difficilmente sopportabile da parte
degli interessati. E non si tratta di una astrazione. Tutto ciò che
sostanzia la vita quotidiana nel Maghreb e nel Medio Oriente, ogni
frigorifero, ogni telefono, ogni presa elettrica, ogni cacciavite,
senza contare i prodotti della tecnologia avanzata, rappresenta quindi,
per ogni arabo in grado di pensare, una tacita umiliazione.
accuratamente coltivata. Non aveva un potere superno assicurato ai
musulmani arabi la supremazia su tutte le altre società ? p. 49-50
Quinto argomento: la civiltà araba e quella di religione
musulmana invece di provare a uscire dalle proprie coordinate culturali,
rinnovandole ed adattandole ai cambiamenti, reagisce con il vittimismo,
il pianto mediterraneo, l’urletto isterico, l’ira lamentosa, l’odio dei
mediocri, il ditone alzato a maledire:
questa fede nella propria supremazia ha un fondamento religioso. In
secondo luogo collide con la propria evidente debolezza. Questo genera
un adontamento narcisistico in cerca di compensazione. Perciò
attribuzioni di colpa, teorie del complotto e proiezioni di ogni genere
caratterizzano il sentire collettivo. Secondo il quale il mondo esterno
ostile mira unicamente all'umiliazione dei musulmani arabi. p. 53-54
Sesto argomento: i più invidiosi e pericolosi sono i gruppi sociali “colti”, quelli che hanno studiato nelle scuole occidentali, quelli con più reddito, quelli che hanno assaporato i benefici del benessere: Tutte le spiegazioni che si rifanno precipuamente alla situazione sociale degli esecutori sono monche. Non solo i mandanti e gli ideologi del terrore provengono quasi sempre da famiglie influenti e benestanti. Anche tra gli esecutori i poveri sono sottorappresentati. Il Foreign Policy Research Institute statunitense ha pubblicato una delle poche analisi specifiche sull'appartenenza di classe, naturalmente senza pronunciare una parola cosi sospetta. Su quattrocento noti militanti di Al Qaeda il 63 per cento vantava un diploma di maturità, i tre quarti provenivano dalla classe superiore o media; altrettanti si situavano a livello universitario, come professori, ingegneri, architetti ed esperti di vario genere p. 61
Settimo
argomento: avendo perso tutte le sfide della modernità il
perdente radicale ho solo la risorsa del suicidio espressivo e quello
della morte di tutti gli altri: La forma più pura del terrorismo islamico è l'attentato suicida. Sul perdente radicale essa esercita un'attrazione irresistibile, perché gli consente di sfogare le sue fantasie megalomaniache e insieme l'odio verso se stesso. Infatti la viltà è l'ultima cosa che gli si possa imputare. Il coraggio che lo contraddistingue è il coraggio della disperazione. Il suo trionfo sta nel fatto che il perdente radicale è inattaccabile e non può essere punito: a questo provvede da sé. L'estinzione non solo di altri, ma anche di se stesso, è la sua soddisfazione estrema, un desiderio espresso molto chiaramente nel videoproclama di Al Qaeda dopo l'attentato madrileno del marzo 2004: «Voi amate la vita, noi amiamo la morte ed è per questo che vinceremo». p. 64-65
Questi, in rapida sequenza, le informazioni e gli argomenti di Enzensberger.
C’è qualche soluzione all’orizzonte?
Vedo, tuttavia, che alla faccia dei cattolici devoti e degli atei devoti
sostenitori della sacra famiglia, qualcosa sta succedendo nei talami
nuziali: non si fanno più figli o almeno diminuiscono i figli.
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