www.segnalo.it - Società, politica cultura - Saggi e Articoli
HOME PAGE |
“I desideri delle due Italie” - LUCA RICOLFI - La Stampa, 11 maggio 2008
(…) Il Pd può darsi l’identità che vuole,
progettare le alleanze che preferisce, sognare le politiche che desidera, ma nel
frattempo non sarebbe male cercare di capire quali sono i gruppi sociali
che di fatto guardano al Pd, e confrontarli con i gruppi sociali che
gli preferiscono il Pdl.
Questa operazione non è ovviamente in grado di suggerire una nuova identità al
Pd, ma almeno permette in dire qualcosa sulla sua identità attuale.
Ebbene, se si compie questa analisi si scopre che i gruppi che preferiscono la
coalizione di Veltroni (Pd + Idv) sono i pensionati, i dipendenti
pubblici, i dipendenti privati con contratto a tempo indeterminato, i laureati e
diplomati, gli studenti. I gruppi che preferiscono la coalizione di
Berlusconi (Pdl + Lega) sono invece le casalinghe, gli autonomi, i giovani che
lavorano, i precari, i disoccupati, le persone con meno anni di studio. Che cosa
distingue queste due Italie?
La frattura sociale fondamentale, come aveva intuito già trent’anni fa
Asor Rosa, non è tanto fra alto e basso, ma essenzialmente fra
garantiti e non garantiti. Chi è dentro la società delle garanzie
guarda al Pd, chi nuota nella società del rischio guarda al Pdl.
Questa non è una novità assoluta, perché in parte era già così nel 2001, ma oggi
la frattura fra queste due Italie si è fatta particolarmente profonda. Gli
autonomi hanno sempre votato a destra, e sono ormai molti anni che i laureati
guardano a sinistra. Ma solo oggi è così netta la sfiducia dei ceti
deboli nella sinistra: chi ha già un salvagente di qualche tipo
(reddito sicuro, famiglia che mantiene agli studi) si aggrappa al Pd, chi è
esposto alle intemperie del mercato spera che la nave governativa gli lanci una
cima di salvataggio.
Né si può dire che il calcolo sia del tutto
infondato: in questi anni la sinistra e i sindacati hanno sempre preferito usare
le risorse pubbliche per aumentare le garanzie dei già garantiti (contratto
degli statali, controriforma delle pensioni), mentre hanno condotto una vera e
propria guerra ai danni dei non garantiti (più adempimenti, più tasse, mancato
completamento della legge Biagi). Per non parlare del tema della sicurezza, dove
la sinistra incredibilmente non ha capito che i veri deboli sono i cittadini
comuni e non i delinquenti, e che il buonismo non è apertura al diverso ma
indulgenza verso il prepotente.
È per questo che tanti italiani hanno votato a destra. È per questo che il
pensiero di Tremonti spopola. Ed è per questo che la cultura liberale - da
sempre minoritaria nel Paese - annaspa nel velleitarismo e nell’impotenza. La
realtà è che sia il popolo di sinistra sia quello di destra alla politica
chiedono innanzitutto più protezione. Con un’importante differenza, però: la
sinistra, per ora, attira soprattutto chi vuole mantenere (o accrescere) le
tutele che già possiede, la destra attira chi - per i motivi più diversi - si
sente troppo esposto al rischio. Di qui il doppio paradosso che è sotto gli
occhi di tutti: la sinistra appare più conservatrice della destra, i
ceti deboli guardano più a destra che a sinistra.
Se riflettiamo su questo paradosso, forse riusciamo a intravedere meglio i
dilemmi che Pd e Pdl dovranno affrontare nei prossimi anni. Entrambi dovranno
decidere se contrastare o assecondare le domande che provengono dalle loro basi
sociali attuali. Per il Pd il problema è che più accentuerà il suo
profilo riformista più entrerà in collisione con il conservatorismo dei suoi
elettori, mentre più cercherà di assecondare questi ultimi più finirà per
somigliare alla vecchia Unione. Per il Pdl il problema è che il vecchio
tran-tran del 2001-2006, fatto di poche riforme e modesti risultati, non potrà
bastare a un elettorato che esige meno criminalità, più libertà economica, più
ammortizzatori sociali. Insomma, il popolo di sinistra è troppo conservatore per
il riformismo radicale di Veltroni, il popolo di destra è
troppo radicale per il riformismo prudente di Berlusconi. Di qui il doppio
dilemma dei due leader: il guaio di Veltroni è che deve voltare le spalle ai
suoi elettori se vuole continuare a sognare, quello di Berlusconi è che deve
ricominciare a sognare se non vuole deludere i propri sostenitori.