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Dichiarazione del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi:
farò fino in fondo il mio dovere di Presidente del Consiglio
In una democrazia liberale nessuno è al di sopra della legge, e dunque le
sentenze si rispettano come si rispetta la presunzione di innocenza degli
imputati.
In una democrazia liberale i giudici applicano la legge, non fanno
politica e non fanno "resistenza" a chi è stato scelto dagli
elettori per governare.
In una democrazia liberale la magistratura non si giudica da sé e non si
autoassolve in ogni sede disciplinare, penale e civile così come avviene
oggi in Italia.
In una democrazia liberale chi governa per volontà sovrana degli elettori
è giudicato, quando è in carica e dirige gli affari di Stato, solo dai
suoi pari, dagli eletti del popolo, perché la consuetudine e le leggi di
immunità e garanzia lo mettono al riparo dal rischio della persecuzione
politica per via giudiziaria. Succede così nel mondo, ma non nel nostro
Paese. In Italia le correnti politicizzate della magistratura, giusto
dieci anni fa, imposero a un Parlamento intimidito e condizionato, un
cambiamento della Costituzione del 1948 che ha messo nelle loro mani il
potere di decidere al posto degli elettori. E questo potere arbitrario e
di casta, è stato illiberalmente esercitato nel 1994 contro un governo
sgradito alla magistratura giacobina di sinistra, governo messo
platealmente sotto accusa attraverso il suo leader in un procedimento
iniziato a Napoli mentre presiedeva una Convenzione delle Nazioni Unite e
sfociato poi, per assoluta mancanza di fondatezza, in una clamorosa
assoluzione molti anni dopo.
Questa situazione va corretta per il bene del Paese e delle sue
istituzioni.
Il governo è del popolo e di chi lo rappresenta, non di chi avendo vinto
un concorso ha indossato una toga, ha soltanto il compito di applicare la
legge.
In una democrazia liberale gli imputati fanno il loro dovere, esercitando
il diritto alla difesa, e contrastano la pretesa della pubblica accusa di
aver provato la loro colpevolezza. E' ciò che ho fatto fino ad ora, con
successo, di fronte ad una inaudita catena di inchieste giudiziarie
segnate dal più ostile e prevenuto accanimento. Dal momento della mia
discesa in campo nella attività politica contro di me e contro i
dirigenti del gruppo imprenditoriale che mi onoro di aver fondato
sono stati avviati 87 procedimenti penali, sono state celebrate ad oggi
1.561 udienze processuali, sono state effettuate 470 visite della Polizia
Giudiziaria e della Guardia di Finanza, sono stati asportati ed esaminati
documenti aziendali per oltre I milione di pagine, sono stati passati ai
raggi X oltre 270 conti correnti e depositi presso oltre 50 banche in
Italia e all'estero. Di fronte a questa incredibile persecuzione
giudiziaria io continuerà a difendermi come ho fatto sinora nella
certezza, limpida orgogliosa e serena, di non aver commesso reati contro
la legge e contro la morale pubblica.
C'è tuttavia qualcosa che non appartiene all'imputato Berlusconi e
nemmeno al presidente del Consiglio Berlusconi: questo qualcosa è il
mandato degli elettori a governare nell'interesse della sicurezza e della
libertà degli italiani, il mandato a cambiare il Paese attraverso la
realizzazione del programma di riforme e di libertà civili approvato dai
cittadini con il loro voto.
Oggi sono in gioco i principi della Costituzione e della divisione dei
poteri, è in gioco il funzionamento delle istituzioni che hanno garantito
al Paese una sana alternanza di forze diverse alla guida dello Stato, è
in gioco la collocazione ferma del nostro Paese nella coalizione mondiale
per le libertà e contro il terrorismo, è in gioco una giustizia davvero
eguale per tutti e davvero amministrata in nome del popolo italiano e non
in nome e per conto di una parte politica.
Per queste ragioni farò fino in fondo il mio dovere di Presidente del
Consiglio dei Ministri senza tradire mai il mandato dei miei elettori
perché è su quel mandato che si fondano la convivenza civile dei
cittadini e l'immagine dell'italia nel mondo.
E ora come sempre al lavoro.
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