Www.segnalo.it

Home page

Formazione Biblioteca e Cineteca Politiche e Leggi  Tracce e Sentieri
 

La sindrome di Sansone a Palazzo Chigi
EZIO MAURO

 

da Repubblica - 30 gennaio 2003


INCAPACE di separare la Repubblica dalla sua tragedia personale, e di liberare la politica dall´ossessione del suo dramma giudiziario, Silvio Berlusconi ha scatenato ieri un cortocircuito senza precedenti al vertice delle istituzioni, attaccando dalle sue telecamere (trasformate in telecamere di Stato) la magistratura e annunciando che non si lascerà giudicare dal Tribunale di Milano, perché il primo ministro è un cittadino diverso da tutti gli altri e ha diritto all´immunità, non importa quale reato possa aver commesso. Nel caso Berlusconi la giustizia diventa dunque un´ordalìa, un giudizio di Dio sottratto alla giurisdizione ordinaria, con una prova di forza che non ha precedenti e che finirà per deformare l´equilibrio tra i poteri dello Stato, cioè quel perimetro di rispetto e di salvaguardia reciproca su cui si basa lo Stato di diritto e la democrazia.
È un gesto di guerra istituzionale, a poche ore di distanza dalla pronuncia con cui la Corte di Cassazione ha deciso che i processi di corruzione contro Berlusconi e Previti devono restare a Milano, perché non è fondato alcun legittimo sospetto su quella sede giudiziaria, come sostenevano gli imputati. La cronaca dice che Berlusconi ha atteso in silenzio fino a ieri, sperando che il feroce clima di assalto alla magistratura condizionasse il giudizio della Corte Suprema, e anzi esprimendo un´"assoluta fiducia" nella Cassazione. Poi, dopo la sentenza, un attacco frontale alla magistratura nel suo insieme, come se la Corte avesse compiuto un golpe, un atto irrituale, un rifiuto di adeguarsi non alla legge Cirami, ma alla volontà politica con cui era stata costruita, come grimaldello per evadere da Milano.
La disperazione dell´imputato Berlusconi è evidente. Ma l´irresponsabilità del presidente del Consiglio è stupefacente. Alla vigilia di una missione internazionale molto importante da Blair, Bush e Putin, con il rischio della guerra incombente, quest´uomo che rappresenta il nostro Paese ha trascorso il mattino a occuparsi di una questione penale che riguarda il suo passato da imprenditore e un volgare, anche se gravissimo, caso di corruzione, a far scrivere sul "gobbo" televisivo le accuse al potere giudiziario, a scandirle davanti al suo operatore privato nella residenza di Arcore: come un animale braccato, un contropotere minaccioso e oscuro, un ex statista in esilio. Come se lo Stato, comunque, fosse altrove, estraneo e lontano.

La sindrome di Sansone a Palazzo Chigi

Simbolicamente, il messaggio è recitato nella stessa stanza di Arcore e dentro la stessa inquadratura del giorno fatidico della "discesa in campo", per accrescere il peso della dichiarazione di guerra alla magistratura. Tecnicamente, la miseria televisiva e politica italiana (nel nostro Paese sono la stessa cosa) ha toccato ieri il suo punto più basso. Convocati per una "conferenza stampa", giornalisti e operatori di Rai, Mediaset e La7, e cronisti delle agenzie di stampa si sono trovati spettatori di un comizio privato, disperato e solitario: pronunciato davanti alla sola telecamera di famiglia in uno studio posticcio che in realtà è un set televisivo, approntato apposta per queste occasioni nella finta villa di famiglia, trasfigurata ormai nel fondale eroico e simbolico dell´avventura berlusconiana. Non c´è stato spazio per nessuna domanda, non c´è stato contradditorio, non c´è stata nemmeno la possibilità di una ripresa spostata di qualche centimetro rispetto all´inquadratura napoleonica unica e universale, fatta dall´operatore personale del Cavaliere. Quell´immagine ha centrifugato in sé, in pochi ma significativi minuti, giornalismo, pluralismo, populismo e anche quel minimo di decenza che si pensava sopravvivesse nel sistema informativo unificato d´Italia. Il furgone Mediaset, casualmente appostato nel parco della villa, si è poi incaricato di trasmettere alla Rai la "conferenza stampa" in solitario che il Cavaliere ha confezionato da sé. Saccà e Baldassarre hanno mandato in onda senza avvertire che la Rai era il destinatario, non l´autore del servizio e dunque le normali regole professionali erano, in quel caso, sospese, come se il servizio pubblico italiano fosse Al Jazeera. Mediaset già trasmetteva impavida. Il ministro delle Comunicazioni che parla su tutto, probabilmente era impegnato a polemizzare con Claudio Amendola e non si è sentito.
Ma queste sono, appunto, miserie, sulle quali il Cavaliere sa di poter contare per confezionare a puntino la sua politica come un prodotto televisivo ad hoc, senza fastidiose mediazioni come un taccuino, una penna, una domanda. Veniamo alla sostanza.
Il messaggio del presidente del Consiglio accusa in sostanza i giudici di fare politica, di voler "resistere"a chi è stato scelto dagli elettori per governare, di aver allestito una vera e propria persecuzione giudiziaria nei suoi confronti, di aver costretto il Parlamento, dieci anni fa, a rinunciare ad ogni garanzia per i deputati inquisiti mettendo così nelle mani della magistratura "il potere di decidere al posto degli elettori". Riflettiamo su queste parole. Si tratta di un´esplicita e gravissima accusa di eversione organizzata, ai danni del potere politico legittimamente eletto, e dunque contro la Costituzione. I giudici e i pm, o meglio la "magistratura giacobina di sinistra"sono chiamati in causa come autori di un vero e proprio attentato alle istituzioni, un golpe giudiziario, evidentemente confermato e sancito da quell´organo eversivo che è la Suprema Corte di Cassazione.

riflettiamo su un altro punto. Queste accuse vengono pronunciate dal presidente del Consiglio in carica, nel pieno esercizio delle sue funzioni, in un momento drammatico di crisi internazionale, quando tutte le democrazie cercano coesione tra le parti e saldezza istituzionale. La vicenda giudiziaria del signor Silvio Berlusconi, nata tutta fuori dalla politica, per la presunta corruzione dei giudici da parte di un imprenditore privato, sta incendiando la politica, lo Stato, le istituzioni. La sindrome di Sansone domina Forza Italia, annichilisce An, zittisce i democristiani: soprattutto, ed è più grave, la sindrome di Sansone governa il Paese. Per questa strada, il conflitto di interessi che strangola ogni ambizione di statista in Berlusconi sta soffocando la politica, ridotta a pura strumentazione tecnica per la fabbricazione di salvacondotti ad personam, come nello studio di un inventore pazzo. Ora tocca alle istituzioni, coinvolte nell´incendio da chi non ha più nulla da perdere, perché teme di perdere tutto.
Ma la gravità, e la novità di questo scontro, non stanno soltanto qui. C´è infatti qualcosa di più. Berlusconi, imputato come cittadino (perché indagato quand´era imprenditore) si difende come presidente del Consiglio, e usa il voto degli italiani come scudo improprio. Il voto dà la piena legittimità a governare, in tutte le democrazie, com´è giusto. Ma in nessuna democrazia il voto cancella di per sé i comportamenti precedenti alla "discesa in campo", gli eventuali reati, le responsabilità che ne conseguono. Berlusconi ha invece unito in un impasto inedito e terribile l´imputato sotto giudizio, il capo della maggioranza parlamentare che gli confeziona le leggi ad hoc e il capo del governo che lo difende dagli schermi televisivi, annunciando "riforme" contro i magistrati che lo vogliono giudicare. Dicano i liberali italiani, che se ne intendono, se questo uso improprio del potere annunci o no il sapore di regime. Io dico che mai, nella Prima Repubblica, abbiamo visto l´esecutivo e il legislativo riuniti e raccolti nelle mani di un imputato-premier, pronto a scagliarli con forza contro il giudiziario, a salvaguardia di sé: e muoiano le istituzioni.

il peggio, infatti, deve ancora venire, e la disperazione già lo preannuncia. Berlusconi sa che in caso di condanna in primo grado non sarà obbligato a dimettersi, perché l´opposizione - com´è giusto - non gli chiederà di andarsene. Ma è perfettamente consapevole dell´effetto politicamente devastante di un´eventuale condanna, dell´indebolimento della sua immagine interna e internazionale, un indebolimento che potrebbe portare rapidamente ad una perdita di egemonia nel Polo. In queste settimane che mancano alla pronuncia dei giudici di Milano, dunque, giocherà il tutto per tutto, riesumando la legge sull´immunità di modello spagnolo, che sospende il giudizio penale finché il parlamentare è in carica. È evidente che l´immunità, quando è costruita a posteriori, contro una specifica inchiesta e i suoi ultimi atti, su misura per un imputato eccellente, diventa impunità: e infatti nei mesi scorsi Forza Italia ci provò ma dovette fare marcia indietro, col Cavaliere che prese le distanze, attento all´opinione pubblica. Ma adesso, è questione di vita o di morte, come deve ripetere quotidianamente Previti all´orecchio di Palazzo Chigi. E il presidente del Consiglio, ieri ha detto a tutti gli italiani che chi governa deve essere "giudicato solo dai suoi pari, gli eletti dal popolo". Dunque, no alla giurisdizione uguale per tutti, sì a una giurisdizione speciale, sospensiva a tempo indeterminato. Perché il governo "è del popolo, non di chi ha vinto un concorso".
Così parlò il presidente del Consiglio italiano. Appiccato l´incendio istituzionale, Silvio Berlusconi è partito per la sua missione all´estero, incurante dei danni che si lasciava alle spalle. Dopo le rogatorie, il falso in bilancio, la Cirami, avremo dunque l´immunità tombale. Legislazione deformata, giurisdizione sfigurata, istituzioni squilibrate. Forse, senza accorgercene, siamo già in una Terza Repubblica di rovine statuali. Tutto questo, per un salvacondotto al cittadino Berlusconi. Prima o poi, davanti alle macerie di ogni civismo, anche il "popolo" del Cavaliere si chiederà se ne vale la pena.