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IL
CAVALIERE AL QUIRINALE
NON CI DORMO LA NOTTE
EUGENIO SCALFARI
A VOLTE una vignetta vale più d´un articolo di fondo. Ce n´era una di Giannelli
sul "Corriere della Sera" di venerdì che fotografava una situazione all´indomani
dell´approvazione alla Camera della legge elettorale proporzionale. Si vede un
Prodi piccolissimo e rattristato che dice: brutta giornata quella di oggi, e un
altissimo allampanato Fassino che lo rincuora: «Ma noi vinceremo le primarie».
La comicità sta nell´accostamento tra un voto parlamentare che spiana la strada
alla rimonta del centrodestra e una competizione all´interno del centrosinistra
il cui risultato è scontato e non cambia nulla. Ma il pregio di quella vignetta
sta soprattutto nella doppia lettura della frase di Fassino, equiparabile al
«noi suoneremo le nostre campane» in risposta all´arrogante «noi suoneremo le
nostre trombe» lanciato contro la Repubblica di Firenze ai tempi delle invasioni
francesi e spagnole.
Vincere le primarie è un obiettivo che, se raggiunto, può ricambiare con
efficacia lo schiaffo ricevuto alla Camera e ridare slancio e iniziativa al
centrosinistra? Io credo di sì, ma a certe condizioni. Occorre che nella
giornata di oggi almeno un milione di elettori vadano a votare e occorre che
Prodi riceva un consenso di gran lunga superiore a quello di tutti gli altri
competitori messi insieme. Abbia insomma un´investitura popolare chiara e netta
che esprima unità e forza. Se questo è l´obiettivo sbaglia Prodi a contentarsi
del 51 per cento dei voti in suo favore. Ci vuole molto di più per dare senso
politico a un risultato numerico.
Al di là del valore dei singoli contendenti, oggi è in gioco la sorte
dell´Unione, la volontà popolare al di sopra del politichese degli apparati,
l´unità sostanziale del centrosinistra, il desiderio di battersi e di vincere in
nome degli interessi del paese avviliti da una gestione dilettantesca,
clientelare e per molti aspetti sordida della cosa pubblica. Sembrava prossima
l´uscita da un tunnel che ha infiacchito le energie della società italiana,
debilitato la sua fibra morale, le sue capacità innovative, i suoi sentimenti di
giustizia, il suo bisogno di sicurezza. Ma nelle ultime settimane queste
prospettive si sono indebolite, la contesa si è fatta più dura e incerta. In
queste condizioni le primarie non sono più quel diversivo pleonastico che erano
sembrate a molti, ma sono diventate un appuntamento fondamentale. Una
pre-condizione che avrà un peso determinante su quanto avverrà dopo, da domani
al voto di primavera. Perché oggi la democrazia italiana suona le sue campane e
si vedrà se è un suono squillante e vincente o sordo e presago di sconfitta.
Se Berlusconi va al Quirinale
Nel
frattempo, a render più significativo l´appuntamento elettorale di oggi, si è
consumata la crisi di Marco Follini con le sue dimissioni da segretario dell´Udc,
accompagnate da un discorso appassionato e dolente che certifica la sconfitta
dell´unica ipotesi liberal-democratica esistente nella maggioranza berlusconiana.
Leggetelo con attenzione quel discorso e leggete con attenzione le sdegnate
risposte che gli sono arrivate dalla nomenklatura di quel partito.
«Voi avete venduto la vostra anima ad un mediocre progetto di potere» ha detto
Follini «per questo io non posso più rappresentare questo partito che ormai non
è che strumento passivo dei voleri di Berlusconi».
Ci si domanda come sia stato possibile che in un mese, un solo mese, la linea di
Follini appoggiata da tutto il partito sia stata capovolta da quegli stessi
uomini che l´avevano portata avanti con apparente compattezza per oltre un anno.
In realtà il gruppo dirigente dell´Udc e Pier Ferdinando Casini che ne è il
padre-padrone si sono serviti di Follini per stipulare con Berlusconi un patto
di potere, abbandonando per strada i contenuti di una politica che avrebbe
potuto cambiare la fisionomia della Casa delle Libertà.
E´ risorto in questa occasione l´antico contrasto che divise per vent´anni
all´interno della Democrazia cristiana Moro dal corpaccione centrista dei
Bisaglia, dei Gava, dei Forlani. Moro voleva che il potere servisse a
raggiungere obiettivi di avanzamento democratico della società; i suoi avversari
volevano il potere per il potere. Puro esercizio conservativo da mantenere con
tutti i mezzi.
In questo conflitto la Dc ha perso l´anima ed è alla fine uscita di scena. I
tempi sono cambiati e tutto è diverso da allora ma al fondo la questione è
ancora quella: se la politica si debba muovere in una dimensione etica oppure
no. Questione perenne, in tutti i tempi e a tutte le latitudini.
In piccolo si è riprodotta tra Follini e Casini. Basta del resto leggere
l´intervista rilasciata dal presidente della Camera proprio il giorno prima
delle dimissioni del segretario dell´Udc: un testo gelido, piatto, tessuto di
battute mediocri, privo di pensiero e di spessore morale.
Ci vedi l´ex portaborse di Arnaldo Forlani, miracolato a occupare la terza
carica dello Stato e pronto a riallinearsi ai voleri del «boss» pur di rientrare
nella nuova spartizione del potere futuro.
Follini ha commesso molti errori. Forse, se avesse agito con risolutezza un anno
fa, l´esito della contesa sarebbe stato diverso. Ma gli va dato atto che quando
ha visto l´annientamento delle sue convinzioni non ha ceduto alle lusinghe e se
n´è andato dopo una denuncia durissima e senza equivoci. Lui la sua anima l´ha
salvata; il suo partito no, ammesso che l´abbia mai avuta.
* * *
Nel centrosinistra ci s´interroga ora su come riorganizzare il fronte della
battaglia elettorale dopo lo scossone della nuova legge che entro novembre
passerà anche al Senato.
Quella legge è stata tagliata su misura per favorire il centrodestra, limitare
la sua sconfitta ma intanto rimetterlo in partita. Rivalutando i partiti e i
loro apparati ha creato anche una difficoltà alla candidatura di Prodi, leader
senza partito. In che modo si può risolvere questa difficoltà e attenuare la
prima?
Ci sono due sole uscite per superare l´"impasse". Tornare almeno al Senato, ma
meglio ancora anche alla Camera, alla lista unitaria dell´Ulivo che metta
insieme tutti i partiti riformisti come risposta alla frammentazione
incoraggiata dalla nuova legge. Una soluzione unitaria di questo genere verrebbe
anche incontro a quella vasta massa di elettori desiderosi di votare per una
coalizione di forze ma non disposta a identificarsi con un singolo partito.
Nelle precedenti elezioni politiche e amministrative questi elettori hanno
superato di oltre due milioni la somma dei voti raccolta dai partiti del
centrosinistra: un patrimonio prezioso che rischierebbe di andare disperso se la
coalizione non fosse neppure presente nelle schede elettorali.
Se poi le diffidenze e le resistenze di questo o quel partito impedissero la
lista unitaria, a Prodi non resterà che promuovere una sua propria lista. Senza
ledere le strutture organizzative dei partiti alleati. Si presenti ciascuno di
essi con i propri simboli e Prodi si rivolga alla società civile così come hanno
fatto i candidati sindaci e i candidati alle presidenze regionali. Una sorta di
lista civica nazionale che integri il ventaglio dei partiti alleati e dia sbocco
al voto di chi si sente di centrosinistra al di là degli steccati partitocratici.
Per perseguire sia la prima sia la seconda di queste soluzioni il risultato
delle primarie è comunque fondamentale.
* * *
Si dice: bisognerà pur parlare di programmi concreti e non più soltanto di
strumenti per organizzare il consenso.
Certo, bisognerà parlarne. Quali provvedimenti prendere per rilanciare
l´economia, risanare una finanza dilapidata, organizzare il nuovo mercato del
lavoro e il nuovo stato sociale, rendere efficienti la giustizia, la scuola, la
sanità. Affrontare il problema dell´immigrazione. Delineare una politica europea
e occidentale di sviluppo e di pace.
Misurarsi con i nuovi problemi della bioetica. Tutelare la libertà religiosa nel
quadro della laicità dello Stato e delle pubbliche istituzioni.
Ma non si parte da zero. Molti di questi problemi sono già stati esaminati e
anche messi in atto con buon successo dai governi di centrosinistra tra il 1993
e il ´99. Da allora ad oggi lo studio di queste questioni è stato approfondito e
aggiornato. In realtà la domanda di programma ha già gran parte delle sue
risposte a cominciare da maggiore equità nella tassazione del lavoro e del
profitto rispetto alle rendite e ai cespiti improduttivi.
I programmi concreti li fanno i governi quando hanno in mano l´eredità ricevuta
dal predecessore e le carte che documentano la situazione. Già sappiamo
purtroppo che l´eredità dei cinque anni di berlusconismo sarà pessima.
Sappiamo anche che il requisito essenziale per ripartire è riposto nella fiducia
dei mercati interni e internazionali, un bene immateriale senza il quale non c´è
programma che vada a buon fine.
Ciò detto, la coalizione sfidante dovrà indicare entro gennaio i suoi obiettivi
e le sue priorità. Quanto alla coalizione sfidata, essa non sta dicendo nulla
che attenga al futuro. Nel presente sta solo avvelenando i pozzi, come ho già
scritto domenica scorsa. Li sta avvelenando con una legge elettorale che renderà
il sistema ingovernabile e con una legge finanziaria compilata, come ha detto
Romano Prodi, da un governo in fuga: blocca le spese fino alla fine del 2006 e
lascia in eredità agli anni successivi una molla pronta a scattare per
recuperare il pregresso. Basta una cifra per denunciare l´inconsistenza di
questa classe di governo: erano previste nel 2005 entrate da vendite di immobili
per 8 mila miliardi; ne sono entrati fino ad ottobre 600. La differenza la
trovate nell´azzeramento dell´avanzo primario e nell´aumento senza più freni del
debito pubblico e del deficit.
Chiedete programmi all´opposizione? Stesse a me dirlo (per fortuna non ne ho
alcun titolo) direi: facciamo il contrario di ciò che hanno fatto e basterà fare
il contrario per far bene.
* * *
L´obiettivo di Silvio Berlusconi se dovesse vincere le elezioni è ormai
apertamente dichiarato: vuole andare al Quirinale. Per questo ha bisogno di fare
approvare la legge "salva-Previti"; in realtà è una legge "salva-Berlusconi"
senza la quale non potrebbe prendere il posto di Ciampi.
Per questo vuole anche abolire la "par condicio": l´obiettivo è quello di
assordare gli italiani con un fuoco mediatico senza precedenti, per metà a costo
zero per lui che è proprietario di metà delle emittenti nazionali, le quali dal
canto loro (cioè dal canto suo) ci guadagneranno sugli spot degli altri
competitori.
Tutto pur di vincere. Poi dal Quirinale e col suo partito aziendale in
Parlamento i giochi continuerà a farli lui fino al 2013.
Ci pesate? Dove è stato Ciampi potremmo avere Berlusconi. Per altri sette anni.
Io non ci dormo la notte.
E voi?