L’INTERVISTA / Il politologo: dietro i sorrisi del capo
del governo si intravede il lupo, regole democratiche in pericolo
Sartori: il conflitto
d’interessi non risolto spalanca le porte al regime del Cavaliere
«Parlare di crimine è sproloquiare, così fa concorrenza a Umberto Bossi»
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MILANO - Professor Giovanni Sartori, Berlusconi aveva detto che si sarebbe
disinteressato della Rai e delle nomine. Ma ieri a Sofia è intervenuto
sul tema parlando di «uso criminoso» della Tv di Stato da parte di Biagi,
Luttazzi e Santoro. Come giudica queste dichiarazioni? «Avventate. Gravi.
Bambinesche. Berlusconi non si tiene, quello che ha in pancia gli scappa
di bocca. E così getta la maschera: dietro l’agnello tutto sorrisi si
intravede il lupo e un lupo inquietante».
Dove vede la gravità?
«Accusare addirittura Biagi di "uso criminoso della televisione
pubblica" è davvero perdere ogni senso della misura, è davvero
sproloquiare. Qui Berlusconi entra in concorrenza con Bossi. Aggiungo che
anche la logica del Cavaliere è curiosa. Il "crimine" è stato
di usare i soldi di tutti contro di lui. Ma gli italiani hanno diviso il
loro voto grosso modo a metà. Allora perché mai la metà che non ha
votato la Casa delle libertà dovrebbe ora pagare una televisione che
elogia Berlusconi? Alla stregua di questa logica c’è stata una
criminalità di sinistra alla quale oggi subentra una criminalità di
destra».
Ma perché considera queste parole anche bambinesche?
«E’ il meno che si possa dire dell’argomento che ora la Tv di Stato
"finalmente tornerà a essere una televisione pubblica, di tutti, non
faziosa, oggettiva". Perché mai? In qual modo l’occupazione
berlusconiana è diversa da quella della sinistra? Semmai l’occupazione
della Casa delle libertà si prefigura come ancora più intollerante di
quella della sinistra. La sinistra ha tenuto Vespa, e il Tg2 di Mimun non
è certo stato di sinistra. Ora, invece, Berlusconi vuole licenziare
Santoro, Luttazzi e addirittura Biagi. Dunque, di male in peggio».
Quando segnalava i pericoli del conflitto d’interessi pensava a
situazioni come queste?
«Sì, ovviamente sì. Vincendo le elezioni Berlusconi sarebbe restato con
Mediaset e avrebbe conquistato il servizio pubblico, il che fa quasi il
cento per cento: era una previsione del tutto scontata».
Contro la legge Frattini sul conflitto d’interessi lei chiese un
intervento del capo dello Stato. Crede che anche ora Ciampi dovrebbe
intervenire in qualche modo?
«Ciampi doveva intervenire subito e a tempo. E cioè doveva intervenire
mesi fa quando gli è arrivata (in forza dell’articolo 87 della
Costituzione) la richiesta di autorizzare la presentazione del disegno di
legge Frattini alle Camere. E’ allora che Ciampi doveva intervenire.
Poteva e doveva negare l’autorizzazione, facendo presente che nella
situazione emersa dal voto del 13 maggio lui non poteva consegnare a
Berlusconi il monopolio dell’informazione. Quindi, avrebbe aspettato a
vedere come Berlusconi avrebbe sistemato la partita Rai. L’argomento era
solidissimo e impeccabile. Invece, il presidente Ciampi ha firmato senza
fiatare. E quindi dobbiamo a lui anche il pasticcio Rai di questi giorni».
Esponenti della sinistra parlano di dichiarazioni fasciste e liste di
proscrizione evocando lo spettro del regime. Vede anche lei un rischio del
genere?
«In passato si è parlato di "regime democristiano", e in
Francia si è detto "regime gollista". Regime non vuole dire
regime fascista. Ciò precisando, mi sembra esatto dire che Ciampi sta
spalancando le porte a un regime berlusconiano. In questo discorso, il
fascismo non c’entra. C’entra però che le regole di fondo della
democrazia sono in pericolo».
Crede che ci saranno ripercussioni sull’iter della legge Frattini sul
conflitto d’interessi?
«Lo spero. Ma finora tutti i segnali che ci arrivano dal Quirinale sono
di resa. Quella del presidente a me sembra una crisi di alibi ma non una
crisi di coscienza».
Enrico Caiano
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