SUL finire di uno
sciagurato 2002, Silvio Berlusconi ha fatto due sogni. Il primo: il 2003
sarà l´anno della ripresa. Il secondo: il 2003 sarà l´anno delle
riforme fatte insieme all´opposizione. I sogni del Cavaliere sono
condivisibili nella teoria e impraticabili nella realtà. C´è invece un
altro sogno, condivisibile nella teoria e praticabilissimo nella realtà,
che il premier non fa mai, e che invece continua a colorare le notti di
chi ancora crede in una buona democrazia. La soluzione del conflitto di
interessi. Che fine ha fatto la legge? Non se ne sa più nulla. Il
centrodestra parla d´altro, il centrosinistra tace. Il ministro che ha
firmato il provvedimento all´esame del Parlamento ha appena
"traslocato".
Il gigante televisivo della famiglia Berlusconi potrebbe
chiudere la lite con il fisco nata dal ricorso a due società off shore
Torna il conflitto d'interessi
sconto a Mediaset coi condoni
Dalla Finanziaria un colpo di spugna da 100 milioni
Dopo rogatorie, falso in bilancio e Cirami anche la sanatoria tributaria:
gli affari del Cavaliere diventano problemi della nazione
Dalla Farnesina
Franco Frattini non avrà tempo né voglia di occuparsi di quel testo,
comunque palesemente inadeguato.
Eppure la concentrazione di potere politico, economico e mediatico nelle
mani esclusive del presidente del Consiglio resta una delle più serie e
irrisolte anomalie italiane. Uno dei "vizi" più dannosi per la
competizione politico-elettorale: non solo sul piano delle garanzie per l´opposizione,
ma anche dell´immagine stessa di chi ne è portatore, cioè lo stesso
Cavaliere.
Gli effetti del conflitto di interessi, in questo momento, precipitano
soprattutto sulla Rai. Ma c´è un´altra vicenda che riporta a galla il
caso del Berlusconi "uno e trino", per dirla alla Benigni. Il
condono fiscale, appena approvato insieme alla legge finanziaria. Come ha
detto il premier la sanatoria «conviene a tutti», perché con la
complessità delle leggi tributarie italiane nessuno può sentirsi al
sicuro di fronte all´Amministrazione finanziaria. Ma c´è un dubbio: che
a qualcuno il condono convenga più che ad altri. Mediaset, per esempio:
grazie al colpo di spugna su tutte le evasioni fiscali, il gigante
televisivo di famiglia potrebbe risparmiare tra gli 80 e i 100 milioni di
euro, dai 160 ai 200 miliardi di vecchie lire.
Sulla base delle verifiche fatte dalla Guardia di Finanza e di un´inchiesta
aperta a Milano e condotta dal sostituto procuratore Fabio De Pasquale,
dal 1995 al 2000 Mediaset ha evaso le tasse, sovrafatturando i diritti di
utilizzazione di opere cinematografiche acquistate sul mercato americano.
Dal punto di vista penale, la vicenda è nota, e per certi versi
parzialmente già chiusa. Due società off-shore, la "Century
One" e la "Universal One", erano secondo i giudici milanesi
satelliti del comparto estero riservato di Mediaset, e servivano a
gonfiare i costi di acquisto dei film stranieri, utilizzare gli sgravi
concessi dalla prima legge Tremonti del '94 sulla detassazione degli utili
reinvestiti e gestire i conti bancari segreti su cui far girare fondi
neri. Queste due società, nell´ambito della maxi-inchiesta sul caso All
Iberian, erano già costate un´accusa di falso in bilancio per lo stesso
Berlusconi e Confalonieri, poi "risolta" con la nuova legge
approvata lo scorso anno dal Parlamento. Mediaset ha sempre negato ogni
addebito, e ha sempre ribattuto che «Century One e Universal One sono
società non appartenenti al gruppo».
Dal punto di vista tributario, la vicenda è invece apertissima. Secondo
il Fisco, anziché acquistare direttamente i film all´estero, nel
quinquennio 1995-2000 Mediaset ha intermediato le operazioni con le due
società controllate e residenti in altrettanti paradisi fiscali,
effettuando un triplo passaggio: dal mercato Usa al primo paradiso
fiscale, da questo al secondo paradiso fiscale, da questo a Mediaset. Il
secondo e il terzo passaggio hanno avuto solo carattere formale, non
avendo prodotto alcuna attività economica effettiva. Ma nel frattempo i
prezzi dei film si sono sensibilmente gonfiati, e così per Mediaset si è
creato un costo fittizio mai denunciato e una disponibilità valutaria all´estero
non dichiarata. L´Amministrazione finanziaria ha fatto quindi i suoi
passi. Per gli anni 1995 e 1996 sono già stati emessi gli accertamenti e
pendono tuttora i ricorsi: i maggiori imponibili accertati ammontano a
circa 100 miliardi di vecchie lire, le maggiori imposte dovute a 45
miliardi, ai quali si devono sommare le sanzioni e gli interessi. Per gli
anni 1997, 1998, 1999 e 2000 gli accertamenti non sono stati ancora
emessi, ma i maggiori imponibili evidenziati nei verbali della Guardia di
Finanza ammontano a 170 miliardi di vecchie lire, le maggiori imposte
dovute a circa 60 miliardi, ai quali si aggiungerebbero anche in questo
caso le sanzioni e gli interessi.
Ora, grazie al maxi-condono fiscale passato insieme alla Legge
Finanziaria, Mediaset potrà beneficiare della sanatoria, sia per gli
accertamenti, sia per i verbali. Il risultato sarà il seguente. Per tutti
gli anni di evasione contestata verranno meno le sanzioni amministrative,
quantificabili in misura almeno pari all´imposta evasa (105 miliardi) e
gli interessi di mora (in totale almeno 20 miliardi). Per i due anni nei
quali è già stato emesso l´accertamento e sono pendenti i ricorsi (1995
e 1996) l´imposta da versare sarà ridotta al 10% di quella dovuta,
quindi lo "sconto" sarà di 40 miliardi.
Per gli anni successivi, nei quali esistono solo i verbali delle Fiamme
Gialle, il condono prevede il pagamento del 20% dei maggiori imponibili
evidenziati: lo "sconto", in questo caso, sarà di circa 26
miliardi (60 meno 34). Risultato finale: il condono appena varato dal
governo Berlusconi potrà far risparmiare al suo gruppo televisivo 191
miliardi di vecchie lire. Circa 100 milioni di euro. Secondo
interpretazioni più restrittive dell´articolo 15 della Finanziaria,
relativo ai criteri di applicazione del condono, il beneficio potrebbe
essere un po´ più basso: comunque superiore ai 150 miliardi di vecchie
lire. Nell´uno e nell´altro caso, cifre ragguardevoli, che da sole
equivalgono agli stipendi di un anno di tutti gli operai della Fiat di
Termini Imerese.
Non c´è nulla di illegale in tutto questo. Il condono fiscale è un
salvacondotto concesso a tutti, del quale beneficeranno allo stesso modo,
e per importi anche più consistenti, tante aziende e tanti privati
cittadini. Se lo farà anche Mediaset, eserciterà semplicemente un
diritto che una legge del Parlamento gli consente. Ma in tutto questo c´è
qualcosa che non va, innanzi tutto sul piano morale. E che quand´anche si
applicasse una doverosa presunzione di buona fede nei confronti del
Cavaliere, finisce comunque per arrecargli un danno politico e di immagine
(anche se porta un vantaggio economico alla sua azienda). Il conflitto di
interessi di cui è portatore è troppo vasto e articolato, ed è sempre
più intrecciato e quasi intrinseco all´attività dell´esecutivo. Le
nomine alla Rai finiscono per esserne una parte, magari persino residuale.
Ma dal condono fiscale alle tariffe assicurative, dalle norme sul calcio
agli aiuti all´edilizia, non c´è scelta politica del governo presieduto
dal Cavaliere che non finisca per impattare con gli interessi dell´impero
posseduto dal Cavaliere. Si sta ormai snaturando anche il processo
legislativo. Siamo ormai a quella che autorevoli costituzionalisti come
Franco Modugno chiamano «la crisi della legge».
All´ombra del conflitto di interessi di Berlusconi, quasi non esistono più
«leggi-norma», generali ed astratte, applicabili e riconosciute dall´intera
collettività. Esistono sempre più spesso «leggi-provvedimento»,
particolari e specifiche, tagliate su misura per il singolo. Tra rogatorie
e Cirami, falso in bilancio e ora anche condono, questo anno e mezzo di
legislatura è esemplare. E´ il frutto più amaro del berlusconismo: il
Cavaliere ha «nazionalizzato» il suo caso personale. I suoi affari
privati sono diventati problemi collettivi di tutta la nazione. E questo,
se ancora non riduce la «quantità» di democrazia disponibile, intanto
ne peggiora drasticamente la «qualità».
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