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IL CASO
Dal condono fiscale sconto per Mediaset
MASSIMO GIANNINI

 

da Repubblica - 30 dicembre 2002

 

SUL finire di uno sciagurato 2002, Silvio Berlusconi ha fatto due sogni. Il primo: il 2003 sarà l´anno della ripresa. Il secondo: il 2003 sarà l´anno delle riforme fatte insieme all´opposizione. I sogni del Cavaliere sono condivisibili nella teoria e impraticabili nella realtà. C´è invece un altro sogno, condivisibile nella teoria e praticabilissimo nella realtà, che il premier non fa mai, e che invece continua a colorare le notti di chi ancora crede in una buona democrazia. La soluzione del conflitto di interessi. Che fine ha fatto la legge? Non se ne sa più nulla. Il centrodestra parla d´altro, il centrosinistra tace. Il ministro che ha firmato il provvedimento all´esame del Parlamento ha appena "traslocato".

Il gigante televisivo della famiglia Berlusconi potrebbe chiudere la lite con il fisco nata dal ricorso a due società off shore
Torna il conflitto d'interessi
sconto a Mediaset coi condoni

Dalla Finanziaria un colpo di spugna da 100 milioni
Dopo rogatorie, falso in bilancio e Cirami anche la sanatoria tributaria: gli affari del Cavaliere diventano problemi della nazione

Dalla Farnesina Franco Frattini non avrà tempo né voglia di occuparsi di quel testo, comunque palesemente inadeguato.
Eppure la concentrazione di potere politico, economico e mediatico nelle mani esclusive del presidente del Consiglio resta una delle più serie e irrisolte anomalie italiane. Uno dei "vizi" più dannosi per la competizione politico-elettorale: non solo sul piano delle garanzie per l´opposizione, ma anche dell´immagine stessa di chi ne è portatore, cioè lo stesso Cavaliere.
Gli effetti del conflitto di interessi, in questo momento, precipitano soprattutto sulla Rai. Ma c´è un´altra vicenda che riporta a galla il caso del Berlusconi "uno e trino", per dirla alla Benigni. Il condono fiscale, appena approvato insieme alla legge finanziaria. Come ha detto il premier la sanatoria «conviene a tutti», perché con la complessità delle leggi tributarie italiane nessuno può sentirsi al sicuro di fronte all´Amministrazione finanziaria. Ma c´è un dubbio: che a qualcuno il condono convenga più che ad altri. Mediaset, per esempio: grazie al colpo di spugna su tutte le evasioni fiscali, il gigante televisivo di famiglia potrebbe risparmiare tra gli 80 e i 100 milioni di euro, dai 160 ai 200 miliardi di vecchie lire.
Sulla base delle verifiche fatte dalla Guardia di Finanza e di un´inchiesta aperta a Milano e condotta dal sostituto procuratore Fabio De Pasquale, dal 1995 al 2000 Mediaset ha evaso le tasse, sovrafatturando i diritti di utilizzazione di opere cinematografiche acquistate sul mercato americano. Dal punto di vista penale, la vicenda è nota, e per certi versi parzialmente già chiusa. Due società off-shore, la "Century One" e la "Universal One", erano secondo i giudici milanesi satelliti del comparto estero riservato di Mediaset, e servivano a gonfiare i costi di acquisto dei film stranieri, utilizzare gli sgravi concessi dalla prima legge Tremonti del '94 sulla detassazione degli utili reinvestiti e gestire i conti bancari segreti su cui far girare fondi neri. Queste due società, nell´ambito della maxi-inchiesta sul caso All Iberian, erano già costate un´accusa di falso in bilancio per lo stesso Berlusconi e Confalonieri, poi "risolta" con la nuova legge approvata lo scorso anno dal Parlamento. Mediaset ha sempre negato ogni addebito, e ha sempre ribattuto che «Century One e Universal One sono società non appartenenti al gruppo».
Dal punto di vista tributario, la vicenda è invece apertissima. Secondo il Fisco, anziché acquistare direttamente i film all´estero, nel quinquennio 1995-2000 Mediaset ha intermediato le operazioni con le due società controllate e residenti in altrettanti paradisi fiscali, effettuando un triplo passaggio: dal mercato Usa al primo paradiso fiscale, da questo al secondo paradiso fiscale, da questo a Mediaset. Il secondo e il terzo passaggio hanno avuto solo carattere formale, non avendo prodotto alcuna attività economica effettiva. Ma nel frattempo i prezzi dei film si sono sensibilmente gonfiati, e così per Mediaset si è creato un costo fittizio mai denunciato e una disponibilità valutaria all´estero non dichiarata. L´Amministrazione finanziaria ha fatto quindi i suoi passi. Per gli anni 1995 e 1996 sono già stati emessi gli accertamenti e pendono tuttora i ricorsi: i maggiori imponibili accertati ammontano a circa 100 miliardi di vecchie lire, le maggiori imposte dovute a 45 miliardi, ai quali si devono sommare le sanzioni e gli interessi. Per gli anni 1997, 1998, 1999 e 2000 gli accertamenti non sono stati ancora emessi, ma i maggiori imponibili evidenziati nei verbali della Guardia di Finanza ammontano a 170 miliardi di vecchie lire, le maggiori imposte dovute a circa 60 miliardi, ai quali si aggiungerebbero anche in questo caso le sanzioni e gli interessi.
Ora, grazie al maxi-condono fiscale passato insieme alla Legge Finanziaria, Mediaset potrà beneficiare della sanatoria, sia per gli accertamenti, sia per i verbali. Il risultato sarà il seguente. Per tutti gli anni di evasione contestata verranno meno le sanzioni amministrative, quantificabili in misura almeno pari all´imposta evasa (105 miliardi) e gli interessi di mora (in totale almeno 20 miliardi). Per i due anni nei quali è già stato emesso l´accertamento e sono pendenti i ricorsi (1995 e 1996) l´imposta da versare sarà ridotta al 10% di quella dovuta, quindi lo "sconto" sarà di 40 miliardi.
Per gli anni successivi, nei quali esistono solo i verbali delle Fiamme Gialle, il condono prevede il pagamento del 20% dei maggiori imponibili evidenziati: lo "sconto", in questo caso, sarà di circa 26 miliardi (60 meno 34). Risultato finale: il condono appena varato dal governo Berlusconi potrà far risparmiare al suo gruppo televisivo 191 miliardi di vecchie lire. Circa 100 milioni di euro. Secondo interpretazioni più restrittive dell´articolo 15 della Finanziaria, relativo ai criteri di applicazione del condono, il beneficio potrebbe essere un po´ più basso: comunque superiore ai 150 miliardi di vecchie lire. Nell´uno e nell´altro caso, cifre ragguardevoli, che da sole equivalgono agli stipendi di un anno di tutti gli operai della Fiat di Termini Imerese.
Non c´è nulla di illegale in tutto questo. Il condono fiscale è un salvacondotto concesso a tutti, del quale beneficeranno allo stesso modo, e per importi anche più consistenti, tante aziende e tanti privati cittadini. Se lo farà anche Mediaset, eserciterà semplicemente un diritto che una legge del Parlamento gli consente. Ma in tutto questo c´è qualcosa che non va, innanzi tutto sul piano morale. E che quand´anche si applicasse una doverosa presunzione di buona fede nei confronti del Cavaliere, finisce comunque per arrecargli un danno politico e di immagine (anche se porta un vantaggio economico alla sua azienda). Il conflitto di interessi di cui è portatore è troppo vasto e articolato, ed è sempre più intrecciato e quasi intrinseco all´attività dell´esecutivo. Le nomine alla Rai finiscono per esserne una parte, magari persino residuale. Ma dal condono fiscale alle tariffe assicurative, dalle norme sul calcio agli aiuti all´edilizia, non c´è scelta politica del governo presieduto dal Cavaliere che non finisca per impattare con gli interessi dell´impero posseduto dal Cavaliere. Si sta ormai snaturando anche il processo legislativo. Siamo ormai a quella che autorevoli costituzionalisti come Franco Modugno chiamano «la crisi della legge».
All´ombra del conflitto di interessi di Berlusconi, quasi non esistono più «leggi-norma», generali ed astratte, applicabili e riconosciute dall´intera collettività. Esistono sempre più spesso «leggi-provvedimento», particolari e specifiche, tagliate su misura per il singolo. Tra rogatorie e Cirami, falso in bilancio e ora anche condono, questo anno e mezzo di legislatura è esemplare. E´ il frutto più amaro del berlusconismo: il Cavaliere ha «nazionalizzato» il suo caso personale. I suoi affari privati sono diventati problemi collettivi di tutta la nazione. E questo, se ancora non riduce la «quantità» di democrazia disponibile, intanto ne peggiora drasticamente la «qualità».