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IL conflitto CHE condiziona LA DEMOCRAZIA
EZIO MAURO

 

da Repubblica - 24 luglio 2002


IL FATTO che il presidente della Repubblica Ciampi, giunto praticamente a metà del suo mandato, scelga di dedicare al tema dell´informazione e del pluralismo il suo primo messaggio alle Camere è un atto politico preciso e un´assunzione di responsabilità istituzionale molto forte. Mentre il Parlamento sta per varare una legge sul conflitto di interessi clamorosamente insufficiente, e mentre il dibattito tra i partiti è centrifugato da annunci mediatici che indicano ogni giorno nuove frontiere – ultima, quella del presidenzialismo berlusconiano – il capo dello Stato mette tutto il sistema politico e istituzionale davanti ad una verità da cui non si può più sfuggire: l´informazione è il nodo centrale di questa legislatura, anzi è il nodo cruciale della nostra democrazia, oggi, dei suoi equilibri interni, del suo corretto funzionamento, dei suoi spazi di agibilità, dove si forma liberamente il consenso dei cittadini. E dunque dei suoi assetti di potere.
Il presidente, rivolgendosi alle Camere, parla sulla spinta di due grandi forze che chiedono una ridefinizione legislativa del sistema informativo e dei suoi parametri di funzionamento, l´innovazione tecnologica da un lato (che cambia il mercato televisivo in tutto il mondo, meno che in Italia dove il mercato è bloccato) e l´Europa dall´altro, che chiede l´attuazione delle direttive comunitarie per arrivare ad una sorta di politica comune europea in materia di informazione, con il pluralismo e la concorrenza come cardine.
Ma dentro questa cornice di riferimenti obbligatori e naturali, c´è da parte del presidente la piena consapevolezza morale e politica della grande anomalia italiana.

SEGUE A PAGINA 15

Il conflitto che condiziona la democrazia in Italia
Come Berlusconi possa insieme aderire al richiamo sul pluralismo, tenere saldamente innestato il conflitto di interessi e non arrossire, resta un mistero
Stupisce l´impudenza con cui la destra è subito corsa a ripararsi sotto le parole del Quirinale cercando di piegarne l´interpretazione a suo uso e consumo
C´è da parte del presidente della Repubblica la piena consapevolezza morale e politica della grande anomalia che pesa sul nostro Paese

E´ un´anomalia difficile da aggredire con strumenti diretti, anche per il capo dello Stato, perché cresce e prospera sotto la linea d´ombra della Costituzione, e al riparo dell´autonomia del Parlamento, che da mesi si sta occupando del conflitto di interessi, senza riuscire a risolverlo. E tuttavia l´anomalia pesa sul Quirinale, se il presidente ha deciso di dedicare proprio all´informazione, e al pluralismo in particolare, il suo primo messaggio ai due rami del Parlamento.
In termini politico-istituzionali, si potrebbe dire che l´anomalia è il conflitto d´interessi di Silvio Berlusconi, che controlla, oltre ai suoi giornali, l´universo televisivo, e cioè tre reti nazionali private (i canali Mediaset) attraverso la proprietà, altre tre reti pubbliche (i canali Rai) attraverso la politica. In termini di sistema informativo è il blocco del sistema stesso, la sua reductio ad unum, con il duopolio televisivo ordinato, disciplinato e governato come un inedito monopolio. In termini di società politica è la confisca dell´agorà, la conquista di tutte le antenne italiane da parte di un unico partito, l´annessione e il controllo elettronico e culturale di quello spazio – l´unico – nel quale passa oggi la comunicazione politica, l´informazione, il dibattito, la propaganda: e dunque in una parola quel processo delicatissimo e cruciale che in una società moderna e sgranata è la formazione del consenso.
Ciampi non affronta direttamente il tema del conflitto, su cui sta faticosamente legiferando il Parlamento. Ma mette la garanzia del pluralismo e dell´imparzialità dell´informazione al centro del suo messaggio. In più, ricorda le sentenze della Corte costituzionale, disattese nei fatti, che anno dopo anno precisavano come il pluralismo "non potrebbe in ogni caso considerarsi realizzato dal concorso tra un polo pubblico e uno privato"(1988), mentre imponevano al legislatore "di assicurare il pluralismo delle voci"(1994), di garantire "il pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie"(2002) e di favorire "il principio della parità di accesso delle forze politiche".
Anche l´Europa viene citata dal presidente per le sue direttive che sanciscono "la libertà dei mezzi di comunicazione di massa e il loro pluralismo", la necessità per gli Stati membri di "riservare grande spazio all´assetto del mercato e all´esigenza di assicurare un regime concorrenziale". Nell´opinione del capo dello Stato, rimessa alla libera valutazione del Parlamento nel suo dibattito sovrano, il pluralismo non è dunque un metodo retoricamente invocato dentro un assetto qualsiasi del sistema informativo: ma è un principio sostanziale di democrazia che deve riguardare anche gli assetti del sistema, la sua struttura, la sua composizione e la sua articolazione.
Proprio per queste ragioni, stupisce l´impudenza con cui la destra è corsa a ripararsi sotto le parole del presidente, cercando di piegarne l´interpretazione a suo uso e consumo. Nel caso di Berlusconi, più che di corsa si è trattato di una falsa partenza, da squalifica istituzionale. Uno sgarbo o una gaffe, spiegabili soltanto con l´ansia psicopolitica che agita il presidente del Consiglio ad ogni declinazione dei temi del pluralismo e dell´informazione, spingendolo ad esporsi pur di nascondere la sua coda di paglia televisiva. Resta il fatto che Berlusconi ha annunciato il messaggio del capo dello Stato (di cui non era nemmeno il destinatario, ma la controfirma istituzionale d´obbligo) e ha rivelato il suo contenuto prima ancora che il testo venisse letto in aula dai presidenti delle due Camere, con uno strappo al galateo istituzionale che non ha precedenti.
Ma il galateo, come sempre, nasconde questioni più profonde. Il premier, infatti, non ha rinunciato nemmeno in questa occasione istituzionale solenne al suo gioco politico corto e alla polemica politica quotidiana contro i suoi avversari. Come se fosse in campagna elettorale perenne, e come se gli fosse lecito arruolare e trascinare in questa campagna forsennata anche il capo dello Stato, nei suoi appuntamenti formali e ufficiali. Berlusconi ha infatti dichiarato di aver controfirmato "volentieri e con soddisfazione" il messaggio, "aderendo pienamente" ai principi richiamati da Ciampi sul pluralismo e sulla libertà di informazione. Come si possa contemporaneamente "aderire" al richiamo sul pluralismo, tenere saldamente innestato il conflitto di interessi, e non arrossire, resta un mistero. Ma Berlusconi ieri ci è riuscito tranquillamente, tanto che si è sentito in dovere di piegare le parole di Ciampi a scomunica retroattiva della Rai dell´Ulivo: "Mi auguro – ha detto infatti – che questi principi possano trovare oggi e in futuro quella accoglienza e quella applicazione che ieri certo non c´è stata, soprattutto durante il periodo elettorale".
Il presidente del Consiglio dovrebbe essere preso in parola. Poiché "aderisce" alla richiesta di maggior pluralismo, può liberare la legge sul conflitto di interessi dai mille vincoli e dalle costrizioni in cui la maggioranza la sta annegando in parlamento, rendendola inutile. Può liberare la Rai dal suo controllo politico, visto che controlla già tre canali privati, varando un Consiglio d´amministrazione di garanzia. E può uniformare davvero all´Europa e ai principi richiamati dalla Corte la legge di sistema sull´informazione, che Ciampi ha richiamato come necessaria e urgente.
Noi diciamo subito, fin da oggi, che questa legge è utile a condizione che si muova nei parametri fissati dal presidente della Repubblica, per raggiungere un pluralismo strutturale effettivo. Non vorremmo che diventasse lo strumento, nella mani sapienti di Letta e in quelle veloci di Gasparri (magari con qualche sponda finto-ingenua che si sta già manifestando nell´Ulivo), per arrivare ad una nuova legge Mammì che beffi le pronunce della Corte e dia copertura legislativa di finta legittimità allo strapotere televisivo del presidente del Consiglio. Magari cominciando con aggirare la sentenza della Corte Costituzionale attesa per il 24 settembre sul trasferimento di Retequattro sul satellite. Per calare infine un controllo totale della Commissione parlamentare di vigilanza su tutto il sistema mediatico italiano, in questo modo irregimentato e imbrigliato.
Su questo punto, dissentiamo dal capo dello Stato. La vigilanza parlamentare serve per il servizio pubblico, non per le televisioni private. Quanto alla stampa, il regime è radicalmente diverso, perché il pluralismo è compiuto e quotidiano, riscontrabile ogni giorno in edicola, specialmente oggi che è nato e si è diffuso un giornalismo di destra. Dunque i giornalisti rispondono ai codici e alle loro regole morali e professionali, e vengono giudicati dai lettori, non certo dagli uomini politici.
Sono questi i parametri con i quali valuteremo il dibattito sul messaggio di Ciampi, e la legge di sistema che ne seguirà (e che secondo alcune voci è già pronta: il che ci preoccupa). Il mondo politico, il suo vertice istituzionale, dopo il richiamo del presidente non possono più fingere di non vedere il nodo che stringe il pluralismo, cioè il conflitto di interessi. Ma a quel richiamo, da oggi, è vincolato anche il capo dello Stato, come avviene per ogni assunzione di responsabilità. Se la legge sull´informazione non punterà ad aprire davvero il sistema e a realizzare un effettivo pluralismo, e se le norme sul conflitto di interessi negheranno questi principi, allora anche lo strumento solenne del messaggio sarà logorato e il monito presidenziale di oggi si rovescerà in parola vana.