IL FATTO che il presidente della Repubblica Ciampi, giunto praticamente a
metà del suo mandato, scelga di dedicare al tema dell´informazione e del
pluralismo il suo primo messaggio alle Camere è un atto politico preciso
e un´assunzione di responsabilità istituzionale molto forte. Mentre il
Parlamento sta per varare una legge sul conflitto di interessi
clamorosamente insufficiente, e mentre il dibattito tra i partiti è
centrifugato da annunci mediatici che indicano ogni giorno nuove frontiere
– ultima, quella del presidenzialismo berlusconiano – il capo dello
Stato mette tutto il sistema politico e istituzionale davanti ad una verità
da cui non si può più sfuggire: l´informazione è il nodo centrale di
questa legislatura, anzi è il nodo cruciale della nostra democrazia,
oggi, dei suoi equilibri interni, del suo corretto funzionamento, dei suoi
spazi di agibilità, dove si forma liberamente il consenso dei cittadini.
E dunque dei suoi assetti di potere.
Il presidente, rivolgendosi alle Camere, parla sulla spinta di due grandi
forze che chiedono una ridefinizione legislativa del sistema informativo e
dei suoi parametri di funzionamento, l´innovazione tecnologica da un lato
(che cambia il mercato televisivo in tutto il mondo, meno che in Italia
dove il mercato è bloccato) e l´Europa dall´altro, che chiede l´attuazione
delle direttive comunitarie per arrivare ad una sorta di politica comune
europea in materia di informazione, con il pluralismo e la concorrenza
come cardine.
Ma dentro questa cornice di riferimenti obbligatori e naturali, c´è da
parte del presidente la piena consapevolezza morale e politica della
grande anomalia italiana.
SEGUE A PAGINA
15
Il
conflitto che condiziona la democrazia in Italia
Come Berlusconi possa insieme aderire al richiamo sul pluralismo,
tenere saldamente innestato il conflitto di interessi e non arrossire,
resta un mistero
Stupisce l´impudenza con cui la destra è subito corsa a ripararsi sotto
le parole del Quirinale cercando di piegarne l´interpretazione a suo uso
e consumo
C´è da parte del presidente della Repubblica la piena consapevolezza
morale e politica della grande anomalia che pesa sul nostro Paese
E´ un´anomalia
difficile da aggredire con strumenti diretti, anche per il capo dello
Stato, perché cresce e prospera sotto la linea d´ombra della
Costituzione, e al riparo dell´autonomia del Parlamento, che da mesi si
sta occupando del conflitto di interessi, senza riuscire a risolverlo. E
tuttavia l´anomalia pesa sul Quirinale, se il presidente ha deciso di
dedicare proprio all´informazione, e al pluralismo in particolare, il suo
primo messaggio ai due rami del Parlamento.
In termini politico-istituzionali, si potrebbe dire che l´anomalia è il
conflitto d´interessi di Silvio Berlusconi, che controlla, oltre ai suoi
giornali, l´universo televisivo, e cioè tre reti nazionali private (i
canali Mediaset) attraverso la proprietà, altre tre reti pubbliche (i
canali Rai) attraverso la politica. In termini di sistema informativo è
il blocco del sistema stesso, la sua reductio ad unum, con il duopolio
televisivo ordinato, disciplinato e governato come un inedito monopolio.
In termini di società politica è la confisca dell´agorà, la conquista
di tutte le antenne italiane da parte di un unico partito, l´annessione e
il controllo elettronico e culturale di quello spazio – l´unico – nel
quale passa oggi la comunicazione politica, l´informazione, il dibattito,
la propaganda: e dunque in una parola quel processo delicatissimo e
cruciale che in una società moderna e sgranata è la formazione del
consenso.
Ciampi non affronta direttamente il tema del conflitto, su cui sta
faticosamente legiferando il Parlamento. Ma mette la garanzia del
pluralismo e dell´imparzialità dell´informazione al centro del suo
messaggio. In più, ricorda le sentenze della Corte costituzionale,
disattese nei fatti, che anno dopo anno precisavano come il pluralismo
"non potrebbe in ogni caso considerarsi realizzato dal concorso tra
un polo pubblico e uno privato"(1988), mentre imponevano al
legislatore "di assicurare il pluralismo delle voci"(1994), di
garantire "il pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e
notizie"(2002) e di favorire "il principio della parità di
accesso delle forze politiche".
Anche l´Europa viene citata dal presidente per le sue direttive che
sanciscono "la libertà dei mezzi di comunicazione di massa e il loro
pluralismo", la necessità per gli Stati membri di "riservare
grande spazio all´assetto del mercato e all´esigenza di assicurare un
regime concorrenziale". Nell´opinione del capo dello Stato, rimessa
alla libera valutazione del Parlamento nel suo dibattito sovrano, il
pluralismo non è dunque un metodo retoricamente invocato dentro un
assetto qualsiasi del sistema informativo: ma è un principio sostanziale
di democrazia che deve riguardare anche gli assetti del sistema, la sua
struttura, la sua composizione e la sua articolazione.
Proprio per queste ragioni, stupisce l´impudenza con cui la destra è
corsa a ripararsi sotto le parole del presidente, cercando di piegarne l´interpretazione
a suo uso e consumo. Nel caso di Berlusconi, più che di corsa si è
trattato di una falsa partenza, da squalifica istituzionale. Uno sgarbo o
una gaffe, spiegabili soltanto con l´ansia psicopolitica che agita il
presidente del Consiglio ad ogni declinazione dei temi del pluralismo e
dell´informazione, spingendolo ad esporsi pur di nascondere la sua coda
di paglia televisiva. Resta il fatto che Berlusconi ha annunciato il
messaggio del capo dello Stato (di cui non era nemmeno il destinatario, ma
la controfirma istituzionale d´obbligo) e ha rivelato il suo contenuto
prima ancora che il testo venisse letto in aula dai presidenti delle due
Camere, con uno strappo al galateo istituzionale che non ha precedenti.
Ma il galateo, come sempre, nasconde questioni più profonde. Il premier,
infatti, non ha rinunciato nemmeno in questa occasione istituzionale
solenne al suo gioco politico corto e alla polemica politica quotidiana
contro i suoi avversari. Come se fosse in campagna elettorale perenne, e
come se gli fosse lecito arruolare e trascinare in questa campagna
forsennata anche il capo dello Stato, nei suoi appuntamenti formali e
ufficiali. Berlusconi ha infatti dichiarato di aver controfirmato
"volentieri e con soddisfazione" il messaggio, "aderendo
pienamente" ai principi richiamati da Ciampi sul pluralismo e sulla
libertà di informazione. Come si possa contemporaneamente
"aderire" al richiamo sul pluralismo, tenere saldamente
innestato il conflitto di interessi, e non arrossire, resta un mistero. Ma
Berlusconi ieri ci è riuscito tranquillamente, tanto che si è sentito in
dovere di piegare le parole di Ciampi a scomunica retroattiva della Rai
dell´Ulivo: "Mi auguro – ha detto infatti – che questi principi
possano trovare oggi e in futuro quella accoglienza e quella applicazione
che ieri certo non c´è stata, soprattutto durante il periodo
elettorale".
Il presidente del Consiglio dovrebbe essere preso in parola. Poiché
"aderisce" alla richiesta di maggior pluralismo, può liberare
la legge sul conflitto di interessi dai mille vincoli e dalle costrizioni
in cui la maggioranza la sta annegando in parlamento, rendendola inutile.
Può liberare la Rai dal suo controllo politico, visto che controlla già
tre canali privati, varando un Consiglio d´amministrazione di garanzia. E
può uniformare davvero all´Europa e ai principi richiamati dalla Corte
la legge di sistema sull´informazione, che Ciampi ha richiamato come
necessaria e urgente.
Noi diciamo subito, fin da oggi, che questa legge è utile a condizione
che si muova nei parametri fissati dal presidente della Repubblica, per
raggiungere un pluralismo strutturale effettivo. Non vorremmo che
diventasse lo strumento, nella mani sapienti di Letta e in quelle veloci
di Gasparri (magari con qualche sponda finto-ingenua che si sta già
manifestando nell´Ulivo), per arrivare ad una nuova legge Mammì che
beffi le pronunce della Corte e dia copertura legislativa di finta
legittimità allo strapotere televisivo del presidente del Consiglio.
Magari cominciando con aggirare la sentenza della Corte Costituzionale
attesa per il 24 settembre sul trasferimento di Retequattro sul satellite.
Per calare infine un controllo totale della Commissione parlamentare di
vigilanza su tutto il sistema mediatico italiano, in questo modo
irregimentato e imbrigliato.
Su questo punto, dissentiamo dal capo dello Stato. La vigilanza
parlamentare serve per il servizio pubblico, non per le televisioni
private. Quanto alla stampa, il regime è radicalmente diverso, perché il
pluralismo è compiuto e quotidiano, riscontrabile ogni giorno in edicola,
specialmente oggi che è nato e si è diffuso un giornalismo di destra.
Dunque i giornalisti rispondono ai codici e alle loro regole morali e
professionali, e vengono giudicati dai lettori, non certo dagli uomini
politici.
Sono questi i parametri con i quali valuteremo il dibattito sul messaggio
di Ciampi, e la legge di sistema che ne seguirà (e che secondo alcune
voci è già pronta: il che ci preoccupa). Il mondo politico, il suo
vertice istituzionale, dopo il richiamo del presidente non possono più
fingere di non vedere il nodo che stringe il pluralismo, cioè il
conflitto di interessi. Ma a quel richiamo, da oggi, è vincolato anche il
capo dello Stato, come avviene per ogni assunzione di responsabilità. Se
la legge sull´informazione non punterà ad aprire davvero il sistema e a
realizzare un effettivo pluralismo, e se le norme sul conflitto di
interessi negheranno questi principi, allora anche lo strumento solenne
del messaggio sarà logorato e il monito presidenziale di oggi si rovescerà
in parola vana.
|