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Il corteo no global non modifica la posizione dell´ex sindacalista: chi non condivide la sua linea dovrà uscire dalla giunta
Cofferati, aut aut a Prc e Verdi
Il sindaco dopo proteste: "Io sto con i poliziotti picchiati"
"Non sono autoritario, ma combatto le forme di lotta violente". Silenzio dai vertici nazionali di Rifondazione
"Scriverò un ordine del giorno sulla legalità, chi non lo voterà sarà fuori dalla maggioranza"
MICHELE SMARGIASSI
 

  da Repubblica - 23 maggio 2005


BOLOGNA - Il sindaco di Bologna «sta con i proprietari maltrattati e coi poliziotti picchiati». Il corteo dei centri sociali contro gli arresti di tre occupanti di case non ha fatto cambiare idea a Sergio Cofferati sulla «legalità» prima di tutto. Anzi: chi non condivide la stessa linea dovrà uscire dalla sua giunta. Aut-aut in piena regola a Rifondazione comunista e ai Verdi, che sabato pomeriggio erano nel corteo che ha pesantemente attaccato il sindaco nella cui giunta hanno due assessori. «Scriverò personalmente e presenterò un ordine del giorno sulla legalità», annuncia Cofferati, «chi non lo voterà sarà fuori dalla maggioranza».
Cofferati parla, come promesso, il giorno dopo il corteo malriuscito, ma per fortuna incruento, della «sinistra antagonista». In un´affollata conferenza stampa dice finalmente la sua sugli arresti che da una settimana agitano l´arcipelago «disobbediente»: «L´accusa di eversione dell´ordine democratico è pesante e perfino inquietante, ma non credo che ci sia questo disegno a Bologna. Non dimentichiamo però che quella è solo l´aggravante che si aggiunge a tre reati: occupazione di un luogo privato, maltrattamenti alla proprietaria, botte ai poliziotti. Addebiti che né i tre arrestati né i loro avvocati hanno smentito. Se sono accuse che non reggono lo diranno i giudici, nei quali ho piena fiducia».
Nessuna indulgenza, insomma, per forme di lotta «violente». E neanche per chi «cerca di dire una cosa e il suo contrario». È Rifondazione il bersaglio politico della controffensiva del sindaco messo sotto accusa come «peronista» e «autoritario». «Autoritario io? Ho forse limitato la libertà di qualcuno?». L´accusa è di aver incoraggiato la «repressione» con la sua linea di rigorosa e prioritaria legalità. «Io non invado il campo della magistratura, come non accetterei invasioni di campo. Resto coerente con le mie scelte, che uniscono solidarietà e legalità». Sono piuttosto gli alleati di sinistra ad essere «schizofrenici: io non parteciperei mai a un corteo di cui non condivido le parole d´ordine». Quindi i bertinottiani si devono decidere, intima Cofferati; o con me o contro di me, fa capire perfino con sarcasmo: «Sono "nonviolenti"? Ma allora come possono giustificare atti violenti come quelli contestati agli arrestati? Io non credo all´ipotesi eversiva, ma non penso che i reati vadano tollerati». L´ex leader sindacale respinge l´obiezione inevitabile: anche la storia delle lotte dei lavoratori è fatta di atti al confine della legalità. «In trent´anni di vita sindacale non sono mai stato denunciato. Ho sbagliato? Ho fatto male il sindacalista?». Né serve ricordargli che a Roma il suo collega Veltroni è più indulgente con gli squatter: «Non credo collabori con chi maltratta e picchia. Se mai gli capitasse sarà una scelta sua, ogni sindaco ha una propria linea».
Dunque torna nel campo politico, da cui era partita, la sfida bolognese sulla «legalità». Tra Cofferati e Rc la corda è ormai logora (pesante il sindaco sugli editoriali di Liberazione: «Il direttore scrive falsità»), ma non spezzata. I comunisti per ora incassano: «Vedremo cosa scriverà in quel documento. Se parlerà anche di giustizia sociale, che per noi è più importante della legalità, potremmo essere d´accordo», prende tempo il segretario cittadino Tiziano Loreti. Silenziosi i vertici romani.


BOLOGNA / Il sindaco rilancia la linea dura dopo la manifestazione dei no global
Cofferati sfida la sinistra
«Votiamo sulla legalità»

«Fuori dalla giunta chi dice no. Sto con chi è stato picchiato»
DAL NOSTRO INVIATO

dal Corriere - 23 maggio 2005

BOLOGNA - Così, tanto per cominciare: «Io sto con i proprietari malmenati e con i poliziotti picchiati». E subito dopo: «Intendo scrivere e proporre un ordine del giorno sulla questione della legalità. Chi non ci sta è fuori dalla giunta».
C’è una novità molto poco italiana, nelle parole di Sergio Cofferati. Il vincitore non è accomodante con gli sconfitti. Quando si siede sotto al «cassetto» di Wolfango, il dipinto che occupa un’intera parete della sala stampa di Palazzo d’Accursio, il sindaco di Bologna ha una espressione sorniona. Ha scommesso e gli è andata bene.
La manifestazione di sabato doveva essere un nuovo ’77, è stata una passeggiata di 2.500 persone (al massimo) in una città che più tranquilla e indifferente non si poteva, soltanto qualche commerciante un po’ incavolato per aver perso mezz’ora di incasso al passaggio del corteo. «Nella città di Cofferati siamo tutti sovversivi», «I love eversion», «la legalità ci uccide», fino a un «Cofferati non Lama nessuno» di difficile comprensione per chi sia al di sotto dei quarant’anni. Gli striscioni e i cori erano questi. I no global chiedevano la liberazione dei tre ragazzi arrestati dopo aver malmenato due poliziotti durante lo sgombero di un locale occupato. Ma il bersaglio della protesta era lui, il sindaco. Che intanto se ne andava a far la spesa in un centro commerciale, facendosi fotografare a spasso tra gli scaffali con il carrello.
Ieri Cofferati, solita giacca a quadrettini, solito sorriso enigmatico, solita acqua minerale sul tavolo, ha presentato il conto agli alleati che sono in giunta ma lo contestano in corteo. O con me o fuori, è il senso dell’annuncio di un ordine del giorno che verrà messo ai voti tra due settimane. «Io non cambio il programma, che peraltro è stato discusso e condiviso da tutti, forze politiche, associazioni, movimenti. Ma è necessario stabilire un punto fermo su temi controversi». Un ordine del giorno, quindi, sulla legalità. Che ha come premessa frasi come questa: «La legalità è fondamentale nella mia amministrazione». Chi non ci starà? «È fuori della giunta». Messaggio chiaro.
Cofferati non usa mezze misure, questo va detto. Quasi sprezzante, nel regolare i conti a sinistra, con Verdi e Rifondazione, presenti nella manifestazione di sabato, ma defilati, indietro, separati di una decina di metri dal troncone dei disobbedienti che apriva il corteo, come a prenderne le distanze. «La loro presenza? Un esempio di schizofrenia». Il sindaco ha il coltello dalla parte del manico, e lo usa: «La parte iniziale del corteo aveva me come obiettivo, mentre in coda loro erano impegnati a spiegare che non erano d’accordo con la testa. Mah - dice con un distacco un po’ teatrale -. Io non ho mai partecipato a manifestazioni di cui non condividevo le parole d’ordine».
Il tutto con lo stesso tono di voce, che si altera soltanto quando gli viene citata una dichiarazione del deputato verde Paolo Cento, che paragona gli arresti dei tre no global alle lotte dei braccianti di fine ’800: «Ma no - sibila Cofferati -, ma come si fa... È un accostamento inaccettabile. Non sta né in cielo né in terra. Quelle erano persone picchiate e represse, non erano loro a picchiare». Legalità, legalità, legalità. C’è chi tiene il conto, pronuncia queste otto lettere per 65 volte in un’ora di conversazione. Si indigna con il segretario della Fiom Giorgio Cremaschi (peraltro i due non si sono mai amati), il quale sostiene che «non è una parola di sinistra». Cofferati ribadisce: «La legalità è elemento fondamentale per una politica di solidarietà e giustizia verso i più deboli. Senza condizioni garantite di rispetto della legge, l’azione contro la povertà diventa più difficile». E l’occupazione di case sfitte, cavallo di battaglia degli antagonisti bolognesi, viene liquidata così: «È uno strumento sbagliato. Quelle case dovrebbero andare a chi è da tempo in lista d’attesa, qualcuno mi spieghi perché altri se ne devono impadronire». Due militanti no global presenti in incognito scuotono la testa: «Gli manca la stella sul petto e il cappello da cow boy». Sarà, ma nonostante i proclami pro forma di Casarini («Ci siamo ripresi la città, adesso dovranno sentirci»), la sensazione è che il sindaco non abbia nessuna intenzione di offrire sponde ai no global e a chi sta con loro, magari accettando il rischio (probabilissimo) di altre contestazioni.
Bontà sua, Cofferati respinge l’idea di Bologna città laboratorio-osservatorio- epicentro del centrosinistra. «È lontana da me l’idea di utilizzare queste vicende per influenzare Roma». Probabilmente è vero. Però, anche lui sa bene che la ventina di giornalisti che lo circonda non è venuta per occuparsi in senso stretto della situazione municipale, ma del tentativo di convivenza al governo (locale) tra sinistre diverse. In parte lo ammette quando risponde su una domanda nazionale, ossia Rutelli versus Prodi. «Prima il programma poi le forme, le modalità della gestione - dice -. Altrimenti rischiamo di non essere capiti». È una specie di autocitazione, perché è ciò che ha fatto lui. Ma Cofferati è ben conscio della scivolosità del paragone: «Questo non è un laboratorio né lo deve diventare». In effetti, le differenze ci sono, lo dimostra proprio questa prova di forza del sindaco. Se qualcosa non funziona nella convivenza, numeri alla mano Cofferati può permettersi di imporre il suo «dentro o fuori» all’estrema sinistra. Fuori dal casello di Bologna, è già più difficile.
Marco Imarisio