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Catania e i
partiti regionali
I PERICOLI DI UNA LEGA SICILIANA
di SABINO CASSESE
dal Corriere - 26 maggio 2005
Il risultato delle elezioni catanesi ha rafforzato le spinte localistiche.
L'ipotesi di un Centro siciliano unito (Csu), messa in cantiere un anno fa,
riprende forza. Il modello è quello del partito regionale bavarese, associato
alla Cdu nazionale. La Lega vede nell'iniziativa analogie con la propria storia,
iniziata nel 1991, e plaude all'iniziativa. Siamo giunti, dunque, alla
regionalizzazione della politica italiana? Leggo in questa frammentazione della
politica tre sintomi. Il primo è quello della perdita di capacità di
aggregazione dei partiti. Questi dovrebbero interpretare volontà popolari e
proporre ideali e programmi. La politica ordinata per partiti federali rifiuta
l'aggregazione ispirata da fini politici, a favore della ricerca di identità
territoriali-regionali. Il secondo è una riduzione delle dimensioni della lotta
politica. La costituzione di forze politiche locali accentua necessariamente il
localismo, rinverdendo il municipalismo delle nostre tradizioni più antiche. Il
terzo sta nella cesura della nostra tradizione meridionalistica. Questa è stata
dominata dalla preoccupazione unitaria. Tolti il fenomeno del «brigantaggio»
dopo l'Unità e la breve ventata del separatismo siciliano del 1944-1945,
politica e cultura meridionali sono state di ispirazione unitaria. Crispi,
Orlando, Sturzo, provenivano dalla Sicilia, ma agivano innanzitutto come
italiani.
Ma la disaggregazione della politica come farà fronte alla domanda collettiva di
sicurezza, occupazione, benessere, se questa dipende dal centro? Chi sostiene
l’idea di una organizzazione regionale della politica ha riflettuto sull’impasse
in cui si trova la Lega, costretta ad accentuare la retorica del federalismo di
fronte al suo palese scacco nell’attuare le istituzioni del federalismo?
E, poi, dimensioni regionali della politica sono oggi accettabili? Con quale
forza riusciranno entità territoriali minori a dialogare in sede europea e
mondiale? E’ possibile rinchiudersi nell’ambito locale quando si accentuano le
interdipendenze?
Infine, un’accentuazione regionalistica non frantuma l’unità della cultura e
delle tradizioni meridionalistiche, aprendo una lotta tra poveri, peggiore di
quella tra poveri e ricchi?
La vera data di nascita di una Nazione è il momento in cui un pugno di individui
dichiara che essa esiste e lo prova, riuscendo nella fabbricazione dell’identità
nazionale. Se questa osservazione degli storici francesi è vera, è vero anche
che basta un pugno di persone per iniziare la distruzione della fabbrica della
Nazione.
Le Monde del 6 maggio 1978 pubblicava, in prima pagina, la seguente ironica
notizia, sotto il titolo «Cattive nuove dall’Italia»: «Roma aprile 2021. A
seguito dei tragici eventi, il 75° anniversario della Repubblica italiana è
stato celebrato in tono minore. Bisogna ricordare che gli italiani non hanno mai
avuto il senso dello Stato, a causa della loro lunga storia di invasioni e
divisioni, e che, nel clima di disintegrazione delle istituzioni, i giorni della
Repubblica Italiana sono contati. In questa occasione, il presidente della
Repubblica italiana ha ricevuto numerosi messaggi di simpatia, in particolare
dal primo ministro della XII Repubblica francese, dai presidenti della
California, del Wyoming e di altre quattro repubbliche nordamericane, dai re del
Galles e di Murcia e dal granduca di Schleswig-Holstein». Il vento è ora
cambiato?
Sabino Cassese