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Il contenzioso
tra Prodi e Rutelli
LE UNIONI CHE NON PAGANO
di GIOVANNI SARTORI
dal Corriere - 24 maggio 2005
Berlusconi chiede il partito unico, Prodi il listone unico. A Berlusconi la Lega
ha subito risposto di no, e giovedì Fini gli ha risposto che ci vorrà tempo (un
no larvato). Eppure Berlusconi sorride, non se la prende, e gronda fiducia. A
Prodi, sempre giovedì, Rutelli ha fatto un modesto «strappo» (chiede di andare
da solo, fuori dal listone, una volta su dieci, o poco più) e Prodi fa la faccia
feroce e grida al «suicidio». Se lui lo dice, suicidio è (per l’opinione
pubblica). Ma lo è davvero? Prodi è tornato da Bruxelles con due idee fisse in
testa. La prima è che «uniti si vince» (se no, si perde); la seconda è che per
durare al governo per cinque anni occorre «Bertinotti al governo» (se no
Bertinotti lo fa cascare). La prima formula si vende bene. Gli italiani sono
arcistufi di un gioco politico danzato tra una quindicina di partiti, e quindi
ne chiedono una drastica semplificazione. Invece la seconda formula è difficile
da vendere. Ma lo vedremo in altra occasione. Uniti si vince. Sì, ma uniti male
forse non si vince. Qui stiamo parlando di una unione elettorale nel contesto di
un particolare sistema elettorale «misto» - il Mattarellum - che prevede per un
quarto (che diventa un ottavo, il 12,5%, nel contesto complessivo delle due
Camere) un sistema proporzionale. Volendo fare le cose bene, occorreva
cominciare dal rifare il sistema elettorale. Ma Prodi ha apoditticamente
decretato che il Mattarellum «non si tocca». E allora se lo goda. Scenda dal
piedistallo delle sue idee fisse e si degni di fare i conti su come conviene
gestire il voto proporzionale.
Prodi non può non sapere - tutti gli addetti ai lavori lo sanno - che in
aritmetica elettorale 1?1 di solito non fa 2 e tantomeno 3. Qui, di solito,
l’unione non fa la forza ma semmai fa perdere voti. E questa regola è oggi
confermata dalle recenti elezioni regionali. Cito Rutelli: «Le liste distinte
dei partiti che formano la Federazione dell’Ulivo possono raccogliere più voti
che non la lista "Uniti nell’Ulivo". Nelle 9 regioni con liste unitarie l’Ulivo
ha raccolto 640 mila voti proporzionali in meno rispetto alle Europee di un anno
fa e un milione e 930 mila voti in meno rispetto alle politiche del 2001. I
partiti dell’Ulivo (Ds, Margherita, Sdi) hanno invece raccolto con simboli
distinti 425 mila voti in più rispetto alla lista unitaria delle Europee». Il
sondaggista Nando Pagnoncelli conferma: «I dati parlano chiaro. La somma delle
singole forze politiche nelle cinque regioni dove non c’è stata la lista della
Fed dà il 35,9%. Nelle stesse zone alle Europee il Listone prese il 29,5%. Più
6,4%. Invece nelle regioni con Listone unitario, l’aumento è stato soltanto
dell’1%... Le unioni non pagano». ( Corriere del 18 maggio).
Su questi dati si può sottilizzare, ma soprattutto si può controbattere che il
valore aggiunto, il «valore in sé» dell’appello unitario, prevale su queste
minuzie contabili. Però, però. L’altra faccia della medaglia è che lo
smottamento del voto berlusconiano è in atto, che al centro i voti in palio e in
possibile uscita sono al minimissimo un 10%, e che questi voti li intercetta
meglio una Margherita votabile a sé che non una Margherita annegata nel mare
reso rossiccio da Bertinotti.
Al momento quasi tutti bacchettano Rutelli. Ma Prodi se l’è chiamata. Da sempre
«bulleggia» la Margherita e ora il suo smisurato orgoglio ferito trasforma una
tempesta in un bicchiere d’acqua (torno a ricordare che stiamo parlando solo del
12,5% del voto complessivo) in uno tsunami. Lo strappo di Rutelli è suicida se
viene preso male e lo si dichiara tale. Ma altrimenti può essere utile.