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Mario Luzi, La scomparsa del poeta
Un senatore tra scandali e polemiche
 
I pochi mesi a Palazzo Madama hanno riempito le cronache I leghisti gli avrebbero tolto volentieri il laticlavio L' attentato a Mussolini evocato per berlusconi

NELLO AJELLO

 
«Ma che male ho fatto a questo Luzi?». L' aver dato del «questo» a un poeta del rango di Mario Luzi può far capire, già di per sé, a che punto di animosa stupefazione l' autore della frase - che era Silvio Berlusconi - fosse arrivato nei suoi confronti. Erano i primi giorni dell' anno in corso. Il 31 dicembre del 2004, a Roma, in piazza Navona, un giovane vacanziere aveva colpito il premier con un trepiedi di quelli che sorreggono le macchine fotografiche, ferendolo lievemente. Luzi, neo-senatore a vita, non deplorò l' attentatore. Gli impartì, anzi, una blanda assoluzione. «Non facciamola troppo lunga», raccomandò in un' intervista. Negò che fosse opportuno punire il ragazzo e osò perfino alludere a una responsabilità della vittima, dichiarando: «Un po' se l' è cercata». Nella sua memoria di novantenne, il poeta trovò un caso analogo: nel 1926 anche Benito Mussolini aveva subìto un attentato, ma assai più serio di quello che ora lamentava il capo di Forza Italia. A sparargli contro un colpo di pistola era stata un' attempata signorina irlandese, Violet Gibson. Fu allora che il duce, con il naso incerottato, pronunziò una frase celebre: «Se muoio, vendicatemi». Nessun motto di pari risonanza era stato emesso, ora, dal premier. Eppure, secondo Luzi, i due «per certi aspetti si somigliano». L' uno e l' altro speculano sul colpo ricevuto. Intemperanza di un anziano intellettuale? «Voce dal sen fuggita»? Scarsa familiarità con la diplomazia politica? Non sembra questo il caso. Entrato da pochissimo tempo nell' agone parlamentare, Luzi è già titolare di un nutrito dossier di critiche e rimproveri rivolti agli attuali governanti. Il 14 ottobre 2004, a un paio d' ore dallo squillo di telefonino con il quale Carlo Azeglio Ciampi gli aveva annunziato il prossimo ingresso a palazzo Madama, l' autore del Giusto della vita già denunziava il «bistrattamento della Costituzione e «lo sbriciolamento dello Stato» cui, a suo parere, si stava dedicando l' esecutivo di centro-destra. E, quasi enunciando un programma da svolgere nella sua attività parlamentare, aggiungeva «Nella mia vita non ho mai rinunciato a prendere posizione. Lo farò ancora, sperando che non sia scandaloso». Ammesso che Luzi la nutrisse sul serio, la speranza è andata delusa. «Scandaloso», nelle stanze del potere, egli è apparso. Senza ombra di dubbio. Mai, negli annali dei senatori a vita della nostra Repubblica, sono state registrate tante invettive rivolte a un uomo assurto a quella carica. Meno che mai, a due mesi dall' investitura, se ne è chiesa la destituzione: figura giuridica che non esiste né nella legislazione né nella prassi costituzionale del nostro paese. Avendo il deputato Mario Landolfi, di An, chiesto l' immediato allontanamento del versificatore fiorentino dal suo scranno a Palazzo Madama, si è visto infatti rimbeccare dal ministro delle Riforme Roberto Calderoli: «Purtroppo», è stata l' obiezione, «non esiste uno strumento a riguardo, altrimenti lo avremmo già adoperato». Ignoto probabilmente a larghe zone parlamentari del centro destra - lo stesso Calderoli ha proclamato con orgoglio: «Disconoscevo che il poeta Luzi esistesse al mondo» - il celebre letterato fiorentino restava a tutti gli effetti in possesso del laticlavio. Per motivi di salute, la sua presenza nell' aula del Senato è stata molto sporadica nei centoventi giorni della sua esperienza parlamentare. Ininterrotta, invece, doveva rivelarsi la sua produzione di rampogne contro l' attuale governo. A parte una serie di interviste sui giornali, l' »Opera omnia» politica del Senatore Luzi figura in un dibattito che egli ha tenuto di recente con Francesco «Pancho» Pardi, e che è apparso nella rivista Micromega. Non è difficile cavarne un florilegio. Secondo lo scrittore novantenne, oggi l' Italia è afflitta da «un accumulo di potere senza controllo». Berlusconi? «E' il Sansone di un processo di demolizione dello Stato come società di eguali». Forza Italia? «E' un partito anarchico. Anarchico e subordinato a un padrone». Come va giudicata l' insediamento di Giancarlo Fini a capo del Ministero degli Esteri? «La cosa è grottesca. Pericolosa e grottesca». Seguono considerazioni sulla guerra - «In Iraq abbiamo visto cose scandalose, torture sui prigionieri, massacri di civili. Sono deluso in un modo feroce» - e paralleli storici: a guardare l' Italia di oggi «vengono in mente i signorotti che hanno governato o meglio sgovernato l' Italia in altri tempi», il che significa che siamo di fronte a una «regressione allo Stato feudale», assistiamo cioè a «una fase antirisorgimentale» della nostra storia di Nazione. In tema di confronti personali, spicca un giudizio eloquente nella sua secchezza, specie perché ad emetterlo è un antifascista come lui: «Mussolini era un grande giornalista, un uomo di battaglia. Questo quando apre bocca fa cadere le braccia, dice cose incredibili, e gli uomini di corte sono ancora peggio». Non può stupire che qualcuno, nella corte, spingesse la sua avversione per il poeta fiorentino fino a meditare di farlo fuori da Palazzo Madama. Forse, con un po' di perseveranza, ci sarebbero riusciti. Ma quel Senatore a breve vita li ha preceduti. «'Un s' ebbe tempo», si direbbe dalle parti di Mario Luzi.