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Marco Travaglio,
Il Cavaliere e il libro copiato allo storico "Così mio marito Firpo lo
smascherò"
in La Repubblica,
23 Marzo 2006
Un giorno d´estate di metà anni 80 Luigi
Firpo se ne stava in poltrona nella sua villa sulla collina torinese con la
moglie Laura. Faceva zapping in tv. Su Canale 5 una graziosa signorina
intervistava il padrone, Silvio Berlusconi. E ne magnificava l´enorme bagaglio
culturale: «Lei è anche un grande studioso dei classici…». Il Cavaliere si
schermiva: «Ma no, non dica così…». E lei: «Sì, invece, non faccia il modesto.
Lei, dottore, ha appena pubblicato un´edizione pregiata dell´Utopia di Tommaso
Moro, con una bellissima prefazione e una perfetta traduzione dal latino…». E
lui: «Beh, in effetti il latino non lo conosciamo tutti, bisogna tradurlo…».
Firpo, grande intellettuale torinese,
polemista della Stampa con i suoi "Cattivi pensieri", ma soprattutto docente
universitario di Storia delle dottrine politiche e fra i massimi esperti di
cultura rinascimentale, drizzò le antenne. Anche perché aveva da poco tradotto e
commentato un´edizione dell´"Utopia" per l´editore Guida di Napoli.
L´intervistatrice attaccò a leggere la prefazione del Cavaliere. Dopo le prime
due frasi, l´anziano studioso fece un salto sul divano: «Ma quella prefazione è
la mia! E´ tutta copiata! Ma chi è questo signore? Ma come si permette?».
L´episodio è tornato in mente a Laura
Salvetti, la vedova di Firpo, qualche giorno fa, quando Silvio Berlusconi in una
delle sue tele-esternazioni elettorali si è così descritto in terza persona: «Il
presidente del Consiglio si è nutrito di ottime letture e ha un curriculum di
studi rilevantissimo...». E´ corsa in archivio, ha estratto una cartella
intitolata "Berlusconi", ne ha cavato uno strano bigliettino autografo del
Cavaliere e ha deciso di raccontarne il retroscena. «Era subito dopo le vacanze
estive, credo in settembre. Firpo (lei lo chiama rispettosamente così, ndr),
quando scoprì in tv che Berlusconi aveva copiato la sua versione dell´Utopia, si
attaccò subito al telefono per avere quel libro. Gli risposero che era
un´edizione privata, in pochi esemplari, riservata all´entourage del Cavaliere.
Ma lui, tramite l´associazione milanese degli Amici di Thomas More, riuscì a
procurarsi una copia in visione. La sfogliò e sbottò: "Non è un plagio, è
peggio! Quello ha copiato interi brani della mia prefazione e la mia traduzione
integrale dal latino, mettendoci la sua firma. Non ha cambiato nemmeno le
virgole!". Prese carta e penna e scrisse a Berlusconi, intimando di ritirare
subito tutte le copie e annunciando che avrebbe sporto denuncia. Qualche giorno
dopo squillò il telefono di casa: era Berlusconi».
A questo punto inizia un irresistibile
balletto telefonico, con il Cavaliere che cerca
scuse puerili per placare l´ira dell´austero cattedratico, e questi che,
sbollita la furia, si diverte a giocare al gatto col topo. Firpo minaccia di
mettere in piazza tutto e trascinarlo in tribunale. «Berlusconi
- ricorda la moglie - incolpò subito una collaboratrice, che a suo dire
avrebbe copiato prefazione e traduzione a sua insaputa. E implorò Firpo di
soprassedere, pur precisando di non poter ritirare le mille copie già stampate e
regalate ad amici e collaboratori. Firpo, capito il personaggio, cominciò a
divertirsi alle sue spalle. Lo teneva sulla corda con la causa giudiziaria. E
Berlusconi continuava a telefonare un giorno sì
e un giorno no, con una fifa nera. Pregava di risparmiarlo,
piagnucolava che uno scandalo l´avrebbe rovinato».
Pure Franzo Grande Stevens, famoso avvocato e
consigliere di casa Agnelli, che di Firpo era amico anche per via della comune
candidatura nel Pri, seguì la faccenda da vicino: «Firpo mi raccontò di quel
plagio. Era esterrefatto. Anche perché
Berlusconi, anziché scusarsi, dava la colpa a una segretaria. Poi
cercò di rabbonirlo con regali costosi,
che il professore rispedì sdegnosamente al mittente».
«Passava - ricorda la moglie Laura - intere
mezz´ore al telefono col Cavaliere. E alla fine correva a raccontarmele, fra
l´indignato e il divertito: sapessi quante barzellette conosce quel Berlusconi.
E´ un mercante di tappeti, una faccia di bronzo da non credere, sembra di essere
in una televendita». Il tira e molla si trascinò per mesi. Anche con uno scambio
di lettere, ancora riservate (saranno pubbliche solo nel 2009, vent´anni dopo la
morte dello studioso). Per ora c´è solo quel bigliettino rimasto nei cassetti
della signora Laura, visto che era indirizzato anche a lei: «Accompagnava un
doppio regalo per Natale, credo del 1986. Nel frattempo Berlusconi aveva
pubblicato un´edizione riveduta e corretta dell´Utopia, senza più la prefazione
copiata e con la traduzione di Firpo regolarmente citata. Ma Firpo seguitava a
fare l´offeso, ripeteva che la cosa era grave e la stava ancora valutando con
gli avvocati. Un giorno lo invitarono a Canale 5 per parlare del Papa e
si ritrovò Berlusconi dietro le quinte che gli
porgeva una busta con del denaro, "per il suo disturbo e l´onore che ci fa".
Naturalmente la rifiutò. Poi a Natale arrivò un corriere da Segrate con un
bouquet di orchidee che non entrava neppure dalla porta e un pacco: dentro c´era
una valigetta ventiquattr´ore in coccodrillo con
le cifre LF in oro». Il biglietto d´accompagnamento è intestato Silvio
Berlusconi, datato "Natale 1986" (ma l´ultima cifra è uno scarabocchio) e
scritto a penna: "Molti cordiali auguri ed a presto… Spero! Silvio Berlusconi".
Poi una frase aggiunta a biro: "Per carità non
mi rovini!!!".
Ma Firpo continuò il suo gioco: «Rispedì la
borsa a Berlusconi, con un biglietto beffardo: "Gentile dottore, la ringrazio
della sua generosità, ma gli oggetti di lusso non mi si confanno: sono un
vecchio professore abituato a girare con una borsa sdrucita a cui sono molto
affezionato. Quanto ai fiori, la prego anche a nome di mia moglie Laura di non
inviarcene più: per noi, i fiori tagliati sono organi sessuali recisi…" Non lo
sentimmo mai più».