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L´INTERVISTA
L´esponente leghista conferma: "La mia non è la linea del governo, ma il tempo
mi darà ragione"
"La mia maglietta non c´entra
è un ricatto alla nostra civiltà"
Il ministro nella bufera insiste: "Non cambio idea"
io e la fallaci Il mondo occidentale subisce continui attacchi di intolleranza
Mi associo a tutto ciò che ha detto e scritto Oriana Fallaci
le vittime Mi dispiace per chi è morto ma non possiamo continuare a tacere e
sopportare. Ci vuole rispetto reciproco
la linea morbida Da anni subiamo minacce. Anche il Cavaliere asseconda la linea
di evitare incidenti: ma qui è in gioco la democrazia
CLAUDIO TITO
ROMA
- «A me dispiace per le vittime. Ma qui è in gioco la civiltà occidentale. Non
possiamo continuare a tacere subendo i loro ricatti. No, io non ci sto». Roberto
Calderoli è nell´occhio del ciclone. La sua maglietta con le vignette su
Maometto ha scatenato un putiferio. Eppure il ministro leghista non arretra
nemmeno di un centimetro, resiste. Resiste anche di fronte alla richieste di
dimissioni di Silvio Berlusconi. Solo Umberto Bossi può decidere sul suo futuro
nell´esecutivo. Nel frattempo continua a difendere la sua "provocazione". «Anche
perché qualsiasi altra cosa significherebbe cedere al ricatto, accettare la loro
impostazione del problema».
Questa volta, però, a Bengasi, ci sono stati anche dei morti. Non la colpisce?
«A me può anche dispiacere per le vittime. Ma quel che è successo in Libia non
c´entra niente con la mia maglietta. La questione è un´altra».
Cioè?
«È in gioco la civiltà occidentale. Bisogna allora che ci si chiarisca: da anni
ormai subiamo minacce, subiamo il terrorismo e nessuno dice che ci vorrebbe
almeno il rispetto reciproco. Io considero doveroso il dialogo, ma non accetto
che vengano strumentalizzati dei disegnetti».
Questa volta, però, lei rischia di essere costretto alle dimissioni. Berlusconi
le chiede ufficialmente.
«Mi interessa relativamente. Già me le aveva chieste la scorsa settimana e io
non mi sono dimesso. Di certo io non cambio idea. Gli islamici si lamentano
delle vignette, ma nessuno si lamenta delle vignette sul Papa».
In che senso?
«Su alcuni giornali arabi ho visto delle vignette a dir poco blasfeme sul Papa e
nessuno ha protestato. Né tra i musulmani né tra i cattolici».
Lei ce l´ha con tutto il mondo musulmano?
«Io ce l´ho con tutte le forme di fanatismo. Mi auguro che anche tra di loro ci
sia qualche moderato. Qualcuno che non condivida il fondamentalismo e
l´integralismo».
Scusi, ma lei lo sa che Berlusconi ha espresso profondo dissenso verso quella
sua maglietta?
«Certo che lo so. Il dibattito è stato circostanziato in Consiglio dei ministri.
Era già evidente che non condividevano la mia iniziativa. Ma il premier non mi
ha chiesto di rinnegarla. Ha solo detto che quella non era la linea del governo.
Bene».
Quindi se lo aspettava?
«Me lo aspettavo sì».
Sembra una vicenda che può mettere in crisi la Cdl.
«E perché mai? Non posso pretendere che tutti la pensino come me. Ma vedrete, il
tempo mi darà ragione».
Scusi, ma non ha paura che qualche incidente possa scoppiare anche in Italia?
«Anche lei cade nello stesso errore. Sembra che la responsabilità non sia di chi
da lo schiaffo, ma di chi ci mette la guancia. Io considero inopportune tutte le
forme di offesa delle religioni. Tutte però, non solo di una religione. E
comunque la protesta non può essere questa».
Insomma lei metterà ancora quella maglietta?
«Non è che la indosso solo per fare casino. Quando hanno assaltato l´ambasciata
Usa in Pakistan c´era qualche motivo? No, c´era solo intolleranza nei confronti
del mondo occidentale. Ecco, io difendo la nostra civiltà. Mi associo a tutto
quello che ha detto e scritto Oriana Fallaci».
Ammetterà che se ci scappa qualche morto anche in Italia non sarà facile per
lei.
«E allora continuiamo a fare la politica andreottiana o quella della sinistra.
Il mio invece è un impegno contro chi vuole usurpare la civiltà occidentale. Io
non voglio cedere ai ricatti che ormai vanno avanti dal 2001, da quando hanno
buttato giù le Twin towers. Chi non si allinea non può stare tranquillo. Ma vi
pare normale?».
Si è chiesto come mai nel governo e nell´opposizione nessuno le da ragione?
«Perché prevale la linea di evitare qualsiasi incidente. Anche Berlusconi
asseconda la linea morbida. Ma ripeto: qui è in gioco la democrazia. Voglio far
notare che il figlio di Gheddafi solo pochi giorni fa su un giornale tedesco ci
ha detto che l´Islam governerà tutta l´Europa. È una cosa che mette paura e
infatti ho ricevuto la solidarietà di molti».
Di chi?
«Di tanti. Ho ricevuto messaggi persino dagli Stati Uniti. Autorità altissime,
di cui non posso fare il nome, hanno confermato di essere al mio fianco. Oggi
(ieri ndr) sono stato all´aeroporto di Fiumicino e a quello di Milano, e tutti
mi hanno incoraggiato: "Finalmente c´è qualcuno che difende i nostri valori", mi
dicevano».
ITALIA E MONDO ARABO. IL CASO LEGA
Berlusconi: Calderoli si deve dimettere subito
Nota
del governo contro il ministro. E alla Libia: profondo dolore per le vittime
Roberto Zuccolini
ROMA — «Deve
dimettersi subito. Non posso forzarlo, ma deve lasciare immediatamente. Anche
Bossi lo condanna». Silvio Berlusconi non voleva credere alle prime notizie
sulla manifestazione anti-italiana a Bengasi. «Speriamo che non sia così grave
come dicono», commentava a Perugia con gli imprenditori umbri. Ma quando la
realtà è stata confermata in tutta la sua gravità allora ha preso la decisione:
«Roberto Calderoli deve dimettersi. Ho sentito Umberto Bossi e anche da lui è
arrivata una condanna. L'iniziativa del ministro per le Riforme è assolutamente
personale. Bisogna rispettare la libertà di tutti i culti».
FINI — E così la maglietta anti-Islam del ministro leghista fa tremare il
governo. Gianfranco Fini, come responsabile degli Esteri, preferisce non
dichiarare a caldo. Ma è su tutte le furie e telefona subito al presidente del
Consiglio facendo mettere sul tavolo le dimissioni di Calderoli. Il premier non
ci pensa due volte. Già nei giorni scorsi, dopo che lo stesso ministro aveva
sfoggiato la maglietta con le vignette su Maometto al Tg1, gli aveva detto: «Sei
matto. Se continui così metti a rischio tutto il Paese». E già in occasione di
quell'episodio si era parlato di dimissioni.
Ieri sera, prima che si sapesse degli incidenti, Berlusconi aveva confermato la
linea dell'esecutivo: «Il governo è stato assolutamente chiaro ed è in
disaccordo totale». Insomma, la misura era ormai colma. Ecco perché quando è
arrivata la notizia sono bastate poche telefonate per prendere una decisione.
Anche se, ovviamente, prima di dare l'annuncio ha dovuto parlare con Umberto
Bossi. Perché senza un suo accordo lo scontro non avrebbe prodotto un semplice
litigio nella Cdl, ma un vero terremoto politico in piena campagna elettorale.
Sì, perché oltre agli effetti sulla politica estera e sulla sicurezza, qualcuno
ricorda anche le conseguenze che una cosa del genere può provocare
nell'elettorato. Commenta Maurizio Gasparri (An): «E pensare che stavamo
risalendo nei sondaggi. Certe cose, oltre ad essere pericolose, sono anche
controproducenti per l'alleanza».
Protesta anche l'Udc e il segretario Lorenzo Cesa: «Le parole e le iniziative di
Calderoli oltre a essere vergognose sono anche irresponsabili».
Dopo le 23 a Palazzo Chigi si crea una «cellula di crisi» con Berlusconi, Fini e
Gianni Letta. Sono in contatto con il presidente Ciampi che segue da vicino gli
sviluppi della vicenda. E Giuseppe Pisanu chiama il leader libico Gheddafi.
Prima per uno scambio di informazioni su Bengasi, poi per assicurare che il
governo aveva preso le sue distanze dal ministro leghista. Spiegazioni che
sarebbero state accolte con favore da Tripoli, ma con la «riserva» delle
dimissioni. In serata una nota ufficiale di Palazzo Chigi per esprimere
«profondo dolore» per le vittime e dare atto al governo libico «di avere operato
per garantire l'incolumità dei nostri connazionali di fronte all'esplosione di
fanatismo».
PRODI — Commenta il leader dell'Unione: «La richiesta di dimissioni è il minimo.
In questi anni di governo della Cdl non è la prima volta che alcuni esponenti
della Lega manifestano espressioni così estremiste. Non si dovevano attendere i
morti per prenderne atto». Francesco Rutelli chiede il ritiro di tutta la
delegazione leghista dall'esecutivo. Fausto Bertinotti invece di tutto il
governo che definisce «xenofobo». Fuori dal coro il socialista Enrico Boselli:
«Per quanto odioso possa essere stato l'atteggiamento di Calderoli, mi chiedo:
come è stato possibile organizzare una manifestazione del genere in un Paese
come la Libia dove tutto è sotto controllo?».
IL
PROTAGONISTA
«Lascio se me lo chiede Bossi e se serve al dialogo»
Alessandro Trocino
MILANO — «Sono pronto a dimettermi, ma solo se me lo chiede Bossi. Anche a
chiedere scusa e perfino a umiliarmi se serve al dialogo: ma occorre un segnale
dal mondo islamico che questo mio atto possa servire». Roberto Calderoli
risponde calmo al telefono, ma sa che la situazione si è fatta difficile:
Berlusconi ha deciso di non difenderlo più, è irremovibile, e anche da Umberto
Bossi arriva, indirettamente, una condanna. La poltrona da ministro delle
Riforme traballa. L'estrema difesa, accreditata in via Bellerio, è che la
manifestazione sia stata non contro la t-shirt del ministro, ma contro i
vignettisti danesi.
La notizia degli scontri in Libia viene battuta alle 20.23. La prima domanda del
ministro è: «Ma siamo sicuri che è una manifestazione contro di me?». Così pare,
all'inizio. «Comunque sia — spiega, — non mi sento assolutamente responsabile
dei morti, figuriamoci. Qui va a finire che se uno prende una sberla, la colpa è
della guancia e non della mano».
Calderoli risponde a ogni obiezione, ma sa che su di lui sta per abbattersi una
valanga che rischia di travolgerlo. Ancora ieri mattina il premier lo aveva
ammonito. «Ma sì — spiega —, Berlusconi mi aveva detto che ci vuole cautela e le
solite robe». Poi arrivano i morti di Bengasi e il ministro delle Riforme
diventa un ingombro, tanto più in questo clima elettorale. Berlusconi chiama
Bossi a Gemonio: «Ora basta, Calderoli è indifendibile, devi intervenire tu». Il
premier detta alle agenzie la richiesta di dimissioni «immediate». Ai cronisti
aggiunge una postilla: «Ho sentito Bossi. Ha condannato Calderoli».
«Non sacrifico i miei ideali per un posto — risponde secco Calderoli —. C'è di
mezzo l'Occidente, non solo io. Me ne vado solo se me lo chiede Bossi. Ma
stamattina l'ho incontrato e non mi ha rimproverato. Mi ha fatto solo una
battuta scherzosa sulla maglietta». Ora però Bossi è sotto pressione. Il
tentativo è di respingere il collegamento diretto fra Calderoli e gli scontri in
Libia. Molti dirigenti della Lega fanno quadrato intorno a lui, dal presidente
Alessandri a Speroni, a Salvini. No comment da Maroni: «Vediamo domani». Ma che
tirasse una brutta aria lo si era capito già nel pomeriggio dalle dichiarazioni
di Roberto Castelli: «Io la maglietta non me la metto. Quella è un'iniziativa
personale di Calderoli». Una presa di distanza inusuale, alla quale replica
secco il ministro delle Riforme: «È la seconda volta che Castelli dice una cosa
del genere. Bisogna vedere di chi è l'iniziativa personale, se mia o sua. Per
capire la posizione della Lega basta guardare le vignette pubblicate già due
volte sulla Padania ».
Calderoli non si sente colpevole: «Roba da matti, tutto questo per una maglietta
che, fra l'altro, non ha ancora visto nessuno. È una strumentalizzazione. Se non
l'avessi messa, avremmo forse guadagnato quindici giorni di pace, fino alla
prossima scusa». Non accetta l'accusa di avere provocato: «Io ho la memoria
lunga: le Twin Towers, Madrid e Londra sono arrivate ben prima delle vignette. E
poi anche ieri c'era una vignetta araba con il Papa che rifletteva l'ombra di un
torturatore americano. Si è indignato qualcuno? Dichiarazioni dal governo? A
loro basta sfiorarli perché rispondano con la violenza». Calderoli non teme
ritorsioni: «Una fatwa me l'hanno già fatta, vogliono mettermi il sale sulla
coda. Ma non ho paura, sono fatalista, se mi deve capitare qualcosa, capita. Di
certo se mettessi la coda tra le gambe come fanno altri, finiremmo per farci
comandare da questi». Un sito di Al Qaeda lo definisce «maiale». E nelle sedi
della Lega sono state rafforzate le misure di sicurezza. Lui replica: «È grave,
dobbiamo riflettere».
Una lettera di dimissioni potrebbe porre fine alla sua avventura.
Paradossalmente, a salvarlo è la vecchia legge. Perché con la sua riforma
costituzionale il premier avrebbe il potere di destituirlo. «E dire che questa
mattina mi avevano fermato a decine a Roma e a Milano per complimentarsi. Ho
ricevuto un'accoglienza trionfale. E anche la solidarietà di esponenti di
altissimo livello, non solo politici». In serata scende in campo a difenderlo il
pasdaran anti-Islam Mario Borghezio: «Sono con Calderoli: senza se e senza ma».