UNA settimana fa ricorreva il mio compleanno e, con gli intimi venuti a
festeggiarmi, ho rievocato il giorno della mia nascita. Benché dotato di
eccellente memoria, quel momento non lo ricordo, ma ho potuto ricostruirlo
attraverso i racconti che me ne facevano i miei genitori. Pare dunque che,
quando il ginecologo mi ha estratto dal ventre di mia madre, fatte tutte
le cose che si debbono fare in tali casi, e presentatole il mirabile
risultato delle sue doglie, abbia esclamato: "Guardi che occhi,
sembra il Duce!". La mia famiglia non era fascista, così come non
era antifascista ? come tanta della piccola borghesia italiana prendeva la
dittatura come un fatto meteorologico, se piove si esce con l´ombrello ?
ma certamente per un padre e per una madre sentirsi dire che il neonato
aveva gli occhi del Duce era una bella emozione. Ora, fatto scettico dagli
anni, inclino a credere che quel buon ginecologo dicesse la stessa cosa a
ogni madre e a ogni padre ? e guardandomi nello specchio mi scopro
piuttosto simile a un grizzly che non al Duce, ma non importa. I miei
erano stati felici di apprendere che assomigliassi al Duce.
Mi chiedo che cosa potrebbe dire un ginecologo adulatore oggi a una
puerpera. Che il prodotto della sua gestazione assomiglia a Berlusconi? La
piomberebbe in uno stato depressivo preoccupante. Per par condicio, assumo
che nessun ginecologo sensibile direbbe alla puerpera che suo figlio
appare paffuto come Fassino, simpatico come Schifani, bello come La Russa,
intelligente come Bossi, o fresco come Prodi. Il ginecologo avveduto
direbbe piuttosto che il neonato ha gli occhi penetranti di Bruno Vespa, l´aria
arguta di Bonolis, il sorriso di Christian De Sica (e non dirà che è
bello come Boldi, spavaldo come Fantozzi, o ? trattandosi di femmina ?
sexy come Sconsolata).
Ogni epoca ha i suoi miti. L´epoca in cui sono nato aveva come mito l´Uomo
di Stato, quella in cui si nasce oggi ha come mito l´Uomo di Televisione.
Con la consueta cecità della cultura di sinistra, si è intesa l´affermazione
di Berlusconi (che i giornali non li legge nessuno mentre tutti vedono la
televisione) come l´ultima delle sue gaffes insultanti. Non lo era, era
un atto di arroganza, ma non una stupidaggine.
Le regole del potere nel regime mediatico
Mettendo insieme
tutte le tirature dei giornali italiani si raggiunge una cifra abbastanza
derisoria rispetto a quella di coloro che guardano solo la televisione.
Calcolando inoltre che solo una parte della stampa italiana conduce ancora
una critica del governo in carica, e che l´intera televisione, Rai più
Mediaset, è diventata la voce del potere, Berlusconi aveva
sacrosantamente ragione. Il problema è controllare la televisione, e i
giornali dicano quel che vogliono.
Questo è un dato di fatto, ci piaccia o non ci piaccia, e i dati di fatto
sono tali proprio perché sono indipendenti dalle nostre preferenze (ti è
morto il gatto? è morto, ti piaccia o no).
Sono partito da queste premesse per suggerire che nel nostro tempo, se
dittatura ha da esserci, deve essere dittatura mediatica e non politica.
è quasi cinquant´anni che si scriveva che nel mondo contemporaneo, salvo
alcuni remoti Paesi del terzo mondo, per fare un colpo di stato non era più
necessario allineare carri armati ma bastava occupare le stazioni
radiotelevisive (l´ultimo a non essersene accorto è Bush, leader
terzomondista arrivato per sbaglio a governare un Paese ad alto tasso di
sviluppo). Ora il teorema è dimostrato.
Per cui è sbagliato dire che non si può parlare di "regime"
berlusconiano perché la parola "regime" evoca il regime
fascista, e il regime in cui viviamo non ha le caratteristiche di quello
del ventennio. Un regime è una forma di governo, non necessariamente
fascista. Il fascismo metteva i ragazzi (e gli adulti) in divisa,
eliminava la libertà di stampa e mandava i dissidenti al confino. Il
regime mediatico berlusconiano non è così rozzo e antiquato. Sa che si
controlla il consenso controllando i mezzi d´informazione più pervasivi.
Per il resto non costa niente permettere a molti giornali (sino a che non
li si possano acquistare) di dissentire. A che cosa serve mandare Biagi al
confino, per farne magari un eroe? Basta non lasciarlo più parlare alla
televisione.
La differenza tra un regime "alla fascista" e un regime
mediatico è che in un regime alla fascista la gente sapeva che i giornali
e la radio comunicavano solo veline governative, e che non si poteva
ascoltare Radio Londra, pena la galera. Proprio per questo sotto il
fascismo la gente diffidava dei giornali e della radio, ascoltava radio
Londra a basso volume, e dava fiducia solo alle notizie che pervenivano
per mormorio, bocca bocca, maldicenza. In un regime mediatico dove,
diciamo, il dieci per cento della popolazione ha accesso alla stampa di
opposizione, e per il resto riceve notizie da una televisione controllata,
da un lato vige la persuasione che il dissenso sia accettato ("ci
sono giornali che parlano contro il governo, prova ne sia che Berlusconi
se ne lamenta sempre, quindi c´è libertà"), dall´altro l´effetto
di realtà che la notizia televisiva produce (se ho notizia di un aereo
caduto è vera, tanto è vero che vedo i sandali dei morti galleggiare, e
non importa se per caso sono i sandali di un disastro precedente, usati
come materiale di repertorio), fa sì che si sappia e si creda solo quello
che dice la televisione.
Una televisione controllata dal potere non deve necessariamente censurare
le notizie. Certamente, da parte degli schiavi del potere, appaiono anche
tentativi di censura, come il più recente (per fortuna ex post, come
dicono quelli che dicono "attimino" e "pole
position"), per cui si giudica inammissibile che in una trasmissione
televisiva si possa parlare male del capo del governo (dimenticando che in
un regime democratico si può e si deve parlare male del capo del governo,
altrimenti si è in regime dittatoriale). Ma questi sono solo i casi più
visibili (e, se non fossero tragici, risibili). Il problema è che si può
instaurare un regime mediatico in positivo, avendo l´aria di dire tutto.
Basta sapere come dirlo.
Se nessuna televisione dicesse quel che pensa Fassino sulla legge Tale,
tra gli spettatori nascerebbe il sospetto che la televisione taccia
qualcosa, perché si sa che da qualche parte esiste un´opposizione. La
televisione di un regime mediatico usa invece quell´artificio retorico
che si chiama "concessione". Facciamo un esempio. Sulla
convenienza di tenere un cane ci sono all´incirca cinquanta ragioni pro e
cinquanta ragioni contro. Le ragioni pro sono che il cane è il miglior
amico dell´uomo, che può abbaiare se vengono i ladri, che sarebbe
adorato dai bambini, eccetera. Le ragioni contro sono che bisogna portarlo
ogni giorno a fare i suoi bisogni, che costa in cibo e veterinario, che è
difficile portarlo con sé in viaggio e così via. Ammesso che si voglia
parlare in favore dei cani, l´artificio della concessione è: "E´
vero che i cani costano, che rappresentano una schiavitù, che non si
possono portare i viaggio" (e gli avversari dei cani vengono
conquistati dalla nostra onestà), "ma occorre ricordare che sono una
bellissima compagnia, adorati dai bambini, attenti contro i ladri
eccetera". Questa sarebbe un´argomentazione persuasiva in favore dei
cani. Contro i cani si potrebbe concedere che è vero che cani sono una
compagnia deliziosa, che sono adorati dei bambini, che ci difendono dai
ladri, ma dovrebbe seguire l´argomentazione opposta, che i cani però
rappresentano una schiavitù, una spesa, un impaccio per i viaggi. E
questa sarebbe un´argomentazione persuasiva contro i cani.
La televisione procede in questo modo. Se si discute della legge Tale, la
si enuncia poi si dà subito la parola all´opposizione, con tutte le sue
argomentazioni. Quindi seguono i sostenitori del governo che obiettano
alle obiezioni. Il risultato persuasivo è scontato: ha ragione chi parla
per ultimo. Seguite con attenzione tutti i telegiornali, e vedrete che la
strategia è questa: mai che dopo l´enunciazione del progetto seguano
prima i sostegni governativi e dopo le obiezioni dell´opposizione. Sempre
il contrario. Un regime mediatico non ha bisogno di mandare in galera gli
oppositori. Li riduce al silenzio, più che con la censura facendo sentire
le loro ragioni per prime.
Come si reagisce a un regime mediatico, visto che per reagirvi
bisognerebbe avere quell´accesso ai media che il regime mediatico appunto
controlla? Sino a che l´opposizione, in Italia, non saprà trovare una
soluzione a questo problema e continuerà a dilettarsi di contrasti
interni, Berlusconi sarà il vincitore, piaccia o non piaccia.
|