Mario Sechi
sil GIORNALE di martedì 28 febbraio 2006 intervista Fiamma
Nirenstein circa i rapporti tra sinistra italiana e Israele. Ecco il testo:
Quello della sinistra italiana con lo Stato d’Israele è sempre stato un
rapporto ambiguo e spesso di aperta ostilità. Con Fiamma Nirenstein,
scrittrice ebrea, editorialista della Stampa, esperta di Medio Oriente,
ripercorriamo questo travagliato rapporto. Oliviero Diliberto, segretario
del Pdci, afferma di sostenere l’idea deiduepopoli indue Stati. Eppure nella
loro manifestazione è stata bruciata la bandiera d’Israele e lo scontro con
la comunità ebraica è al calor bianco. Lei che ne pensa? «Occorrerebbe da
parte della sinistra una presa di coscienza maggiore della propria storia e
hanno anche bisogno di uno psicanalista». Lo psicanalista? Perché? «Perché
se a livello consciopuò darsi che Diliberto non desideri affatto la
distruzione di Israele, nella storia della sinistra italiana, anche in
quella più recente, ci sono fatti che dimostrano che è proprio la
legittimità dello Stato di Israele ad essere messa in discussione. È
difficile negarloquandosi pensa cheunrapporto con Hassan Nasrallah non
risulta lesivo del concetto stesso di esistenza di Israele. Nasrallah, nelle
piazze libanesi, evoca e desidera e costruisce concretamente, insieme
all’Iran, l’idea della distruzione di Israele. Per dimostrare di non
prendere parte a quello che è diventato un chiaro e presente pericolo per
Israele, bisogna sconfessare l’amicizia con gli Hezbollah e Hamas. Diliberto
nel 2004 fece visita agli Hezbollah e oggi deve dire di essere contro quelle
organizzazioni addestrate e armate che si battono in maniera primaria e
decisiva per la distruzione di Israele ». Nei Ds però - è il caso di D’Alema
- c’è una linea morbida. «Quando D’Alema sostiene che Hamasnon è una pura e
semplice organizzazione terroristica vuol dire che non ha mai visto un
autobus saltato per aria con dei bambini morti, fatti a pezzi. Su Israele
meglio, molto meglio, le cose dette da Piero Fassino e Francesco Rutelli».
La sinistra però sostiene di nonessere affatto anti-israeliana. «È una
professione di innocenza non rispettosa della storia. Se andiamo al 1967,
dopo la guerra dei Sei giorni, il Pci prese una linea fortemente
anti-Israele, sulla scia dell’Urss. Sull’Unità dell’epoca possiamo leggere
una serie di prese di posizione che non sono una critica alla politica di
Israele, ma ben altro. Ricordo un articolo che diceva di sostituire lo Stato
ebraico con quello palestinese, ricordo il licenziamento di Fausto Coen da
Paese Sera, ricordo Piero Della Seta sostenere la tesi dello Stato
bi-nazionale...». ... e se fosse stata solo una conseguenza di una politica
sinceramente terzomondista? «Esistevanoduesinistre.Daunaparte, i comunisti
legati all’Unione Sovietica che vedevano Israele come la longamanusdell’imperialismomondiale
e dell’America in Medio Oriente. Dall’altra, quella legata al Pdup e al
Manifesto, che vedeva Israele comela creazione di un’ideologia, il sionismo,
che non si confà agli ebrei». Cioè? «Per loro la creazione dello Stato di
Israele è un errore della storia, pensano che l’ebraismo ha in sé per sé un
carattere diasporico». Aproposito del Manifesto: Rossana Rossanda ha
condannato chi brucia la bandiera di Israele. «Questo mi convince che c’è
affezione segreta di una parte della sinistra verso Israele. Per loro è il
Paese in cui l’ideale socialista si realizza nel kibbutz, è l’Israele che fa
rifiorire il deserto. È qualcosa che suscita in persone che hanno coscienza,
come la Rossanda, un sentimento di sacro rispetto». Una sinistra diversa da
quella di Berlinguer? «La sinistra ha fatto della questione israeliana una
questione primaria.Con Berlinguer ci fondarono la loro politica
terzomondista e molta parte del cattocomunismo che guardava acriticamente ai
palestinesi e chiudeva gli occhi sul terrorismo». AncheBettino Craxi era
terzomondista e filoarabo. «Certo, ancheCraxi.Checercava giustamente di
fondare una politica estera diversa da quella comunista, ma dovendo
mantenere un rapporto con la sinistra, scelse di sacrificare Israele e gli
ebrei. Sigonella, l’amicizia con Arafat, furono un tributo che pagò alla
sinistra». Anche il mondo degli intellettuali italiani però è sempre stato
filoarabo. Eccezioni? «Ricordo Pasolini che nel ’67, dopo la guerra, diceva:
“Leggendo l’Unità hoprovato lo stesso dolore che si prova leggendo il più
bugiardo giornale borghese, per essere amici del popolo arabo bisogna
aiutarlo a capire la follia politica di Nasser”». Ieri c’era Pasolini, oggi
parlano in piazza migliaia di no global. «Queste alleanze che si sono fatte
nelle piazze sono preoccupanti se diventano strategiche. C’è il rischio di
riportare la sinistra su posizioni arretrate». |