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Le
vittime del Grande Terrore di Stalin in una ricerca ed un sito realizzati
dalla Fondazione Feltrinelli e dal Centro studi Memorial di Mosca |
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Nella freddezza scientifica di schede, nomi e fotografie, la
storia di una deportazione dimenticata. Una deportazione italiana: questo
è il sito web Storia del Gulag (www.gulag-italia.it) realizzato
dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e dal Centro Studi Memorial di
Mosca, il primo mai realizzato in lingua italiana. È composto da due
parti: la prima è dedicata alla storia del gulag in generale e si compone
a sua volta di quattro sezioni: Cronologia (schede sui principali
avvenimenti storici legati alle repressioni in Urss dal 1917 fino alla
caduta del Muro); Approfondimenti (come funzionavano i lager, dove
erano, quando sono entrati in attività); Carnefici, con l’elenco
dei principali responsabili ed esecutori delle repressioni; Vittime,
sezione in cui si trovano alcune biografie esemplari di detenuti. La
seconda parte del sito è dedicata più specificamente agli italiani nel
gulag. Vi è un’introduzione sulla storia dell’emigrazione italiana in
Urss, una bibliografia scelta, un elenco degli archivi consultati, ma,
soprattutto, una vera e propria banca dati sulle v ittime Italiane: 960
schede bibliografiche accompagnate da fotografie. 960 storie, coi percorsi
professionali e politici, le circostanze dell’arresto, il destino dopo
la condanna. Scientificamente, è la storia di una deportazione
dimenticata. Il
Terrore Rosso non è un’etichetta data per comodità ad un periodo della
Storia dell’Urss. Fu, banalmente, una legge dello Stato, datata 2
settembre 1918, tre giorni dopo l’attentato a Lenin. Da quel giorno in
quel Terrore, durato decenni e drammaticamente simbolizzato dalla parola
"gulag", ci finirono per legge centinaia di migliaia di persone.
E ci morirono. Ora si sa con assoluta certezza che in quell’arcipelago
Gulag, di cui Alexander Solzhenitsyn fu poi il primo a raccontare gli
orrori in «Arcipelago Gulag» , si parlava anche italiano. Di tutti di
quei deportati, di tutti quegli arrestati (molti dei quali erano fuggiti
dall’Italia fascista perché convinti di trovare nella lontana Russia la
città del sole) parecchi furono italiani. Novecentosessanta, per la
precisione, ma si pensa che tracce di almeno altre 200 persone giacciano
ancora sepolte negli archivi dell’ex Urss. I nomi, le biografie,
addirittura le fotografie di questi italiani (portano cognomi come
Leonetti, Cerquetti, Maestrelli, Bruzzone, Lotti, Ferroni) sono da oggi
raccolte in un sito internet ("www.gulag-italia.it" ) di
straordinaria levatura sia per la serietà della documentazione
scientifica su cui si basa, sia per l’immenso lavoro portato (quasi) a
termine per la Fondazione Feltrinelli da tre ricercatrici: Francesca Gori,
Emanuela Guercetti, Elena Dundovich. Nella sede della Fondazione a Milano,
davanti a decine di parenti di quegli italiani di cui il sito riporta la
tragica storia, le tre studiose hanno presentato il loro lavoro. Ed è
stato silenzio. E applausi, commossi, da parte dei presenti. Applausi per
una fatica che anche se non è finita, anche se ha risvegliato dolori
lontani, per quanto tragica è stata accolta con gratitudine, richiesta
con sempre maggiore insistenza. Furono un migliaio gli italiani che tra il
1919 e il 1951 subirono una qualche forma di repressione (ma gli anni più
bui furono quelli del Grande Terrore, 1937-1938). Per il solo fatto di
essere italiani. «Erano in gran parte marittimi - hanno spiegato le
studiose - oppure dirigenti, impiegati, operai che lavoravano in fabbriche
che la Fiat aveva voluto in Unione Sovietica. Oppure, paradossi della
Storia, fuoriusciti dall’Italia di Mussolini per motivi politici».
Tutti vennero arrestati in quanto italiani. L’accusa? «Stalin li
riteneva spie». Fu più che sufficiente per fucilarli dopo processi
sommari, o per deportarli nei gulag siberiani. Luigi Caligaris, per
esempio - ha riferito Emanuela Guercetti, ripercorrendo sul sito la storia
di questo italiano lontano - era un vecchio militante del Pci. I dirigenti
di Mosca decisero di espellerlo in quanto simpatizzante di Bordiga. Venne
processato in quanto colpevole di appartenere «ad un’organizzazione
controrivoluzionaria trozkista», tre anni di confino, quindi altri 5 anni
da scontare nel gulag di Sevvostok. Ma non li scontò: venne fucilato poco
dopo essere arrivato nel campo di lavoro in cui era stato deportato. «Ciò
che più ci ha colpito, e che reputiamo maggiormente grave - ha affermato
Francesca Gori, della Fondazione Feltrinelli - è che per quanto riguarda
il caso italiano la repressione passò attraverso la collaborazione dei
dirigenti del Pci. Di fatto erano questi dirigenti che, fornendo le
relative "schede" biografiche al Komintern, condannavano alla
deportazione o alla fucilazione quei loro connazionali». La persecuzione
italiana vide coinvolti anche dei non politici: come il personale italiano
che lavorava alla fabbrica di cuscinetti a sfera Riv di Mosca, costruita
nel 1931 e interamente sotto il controllo della famiglia Agnelli. Costoro
(gli operai Antonio Ongaro, Ludovico Garaccioni, Dante Corneli e una
decina di altri) furono ingoiati dal Grande Terrore, quello che Stalin
pianificò a partire dal 1937. Uccisi perché considerati per legge «elementi
antisovietici». Fino al 17 novembre 1938, quando il Grande Terrore mise
fine a se stesso. Si legge nella risoluzione del Poljtburo emanata quel
giorno: «Da oggi sono vietate le operazioni di arresto e di confino di
massa». Luciano Clerico |
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