Il Diario di Helga, ebrea diciottenne deportata in Polonia dove morì
Come Anna Frank: «Sono così sola»
Una giovane ebrea olandese ha raccontato gli ultimi mesi di vita
nel lager: «Vedo la libertà dietro il filo spinato»
AMSTERDAM - Comincia così: «1 Giugno 1943. Carissimo, la situazione,
finora, va meglio del previsto. Sono in una baracca vuota, sulla
brandina più bassa (ce ne sono tre una sull’altra) e se da qui guardo
fuori dalla finestra vedo betulle, abeti, il cielo azzurro con delle
nuvole bianche». È il diario che Helga Deen, ebrea olandese, scrive sul
suo quaderno di chimica. Ha 18 anni e frequenta l’ultimo anno di liceo a
Tilburg, nel sud dei Paesi Bassi. Suo padre è responsabile dell’«Ufficio
permessi di trasporto» della comunità ebraica locale e questo risparmia
alla famiglia la deportazione. Almeno fino al 10 aprile 1943. Quel
giorno, tutti gli ebrei di Tilburg vengono portati al campo di raccolta
di Vught, pochi chilometri a nord della città. È qui, dopo un paio di
mesi dall’arrivo, che Helga comincia a scrivere la sua cronaca
dell’inferno.
Si rivolge a Kees, il ragazzo con cui ha avuto una storia d’amore e che
non rivedrà mai più. Gli scrive: «Forse questo diario ti deluderà perché
non contiene fatti. Ma forse sarai felice di trovare me tra queste
righe: i conflitti, i dubbi, la disperazione, la timidezza». Helga Deen
come Anna Frank. Non si conoscevano. Vivevano in città diverse. Negli
anni della Seconda guerra mondiale, quando gli ebrei sembrano aver
perduto il diritto di esistere. Helga dedica i suoi pensieri a Kees.
Anna a Peter. Helga scrive la sua testimonianza dal campo di Vught. Anna
dalla soffitta di Prinsengracht 263, ad Amsterdam, dove viene stanata il
4 agosto 1944 con la famiglia e trasferita prima a Westerbork, poi ad
Auschwitz e infine a Bergen Belsen, la sua tomba.
Helga Deen, ebrea deportata in Polonia e morta nel luglio del '43 a
18 anni (Ap)
Le 21 pagine scritte da Helga Deen sono rimaste segrete per più di mezzo
secolo. E’ stato Conrad van den Berg, il figlio di Kees, a donare lo
scorso gennaio il quaderno di Helga all’archivio di Tilburg. Lo ha fatto
in modo semplice, con un’ email : «Ecco il materiale che mio padre mi ha
lasciato in eredità». L’archivista Gerrit Kobes lo legge e si accorge
subito del valore di quelle pagine, conservate insieme ad alcune lettere
in una borsa di cuoio con una penna stilografica, una ciocca di capelli
e altri oggetti personali della ragazza. Per ora, soltanto la prima
pagina della cronaca di Helga è stata resa pubblica. In Olanda hanno
infatti il progetto di celebrare i 60 anni della liberazione dai
tedeschi, il 5 maggio 2005, con la pubblicazione del diario. Sabato 30
ottobre, nella Giornata nazionale degli archivi in Olanda, per la prima
volta il quaderno sarà mostrato al pubblico.
Helga racconta, il 3 giugno 1943: «Tutto è così terribile. Oh, potrei
diventare una dottoressa. Quelle urla isteriche, quella poca disciplina.
Tutto quel rumore me lo lascio scivolare sopra il più possibile».
All’epoca era molto rischioso tenere un diario e di documenti da un
campo di concentramento, fino a ieri, se ne conosceva uno solo: quello
vergato da David Koker a Vught, pubblicato nel 1977.
Il 6 giugno 1943 Helga trascrive un trasferimento che l’ha
impressionata. «E’ troppo. Sono a pezzi e domani ci sarà di nuovo. Ma se
la mia forza di volontà muore, allora muoio anch’io. Questa è una cosa
che non va più dimenticata». A sconvolgerla è uno dei convogli più
tragici del conflitto mondiale, quello del 6 e del 7 giugno, quando
1.249 bambini ebrei vengono trasferiti dal campo di Vught a quelli di
Auschwitz e Sobibor in Polonia.
Il 12 giugno, Helga annota a matita: «Anche se proprio tutti sono
gentili con me, mi sento così sola. Ogni giorno vediamo la libertà
attraverso il filo spinato». Lei spera di poter lavorare, per rimandare
il suo trasferimento. Di lì a poco le comunicano che il 2 luglio potrà
andare, «anche se in prova», alla fabbrica della Philips. Poi la doccia
fredda: anche lei sarà trasferita. E così compila il diario per l’ultima
volta: «Un mese, un giubileo e che giubileo... Debbo far su le mie cose,
stamattina la morte di un bambino mi ha messo sottosopra. Ma tutto
questo non ha nessuna importanza rispetto a quanto segue: c’è ancora un
trasferimento e questa volta faremo anche noi parte del viaggio».
La
calligrafia minuta di Helga sulla prima pagina del Diario (Ap)
È
datata 2 luglio 1943 l’ultima lettera dal campo di Vught; Helga sta per
essere portata a Westerbork, breve tappa prima della sua destinazione
finale. E’ indirizzata a «Cari voi tre»: Kees, un amico e un’amica.
«Siamo dei vagabondi, degli emigranti e dobbiamo quindi sottometterci al
loro modo di vivere. Quello che abbiamo passato questi mesi è
indescrivibile e per chi non l’ha passato di persona, inconcepibile». Da
Westerbork il 13 luglio andrà con i genitori e il fratello Klaus
Gottfried al campo di Sobibor, in Polonia, dove la famiglia sarà
sterminata il 16 luglio 1943.
Elvira Serra e Marika Viano
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