Che tipo di passione è mai l’odio? Viene naturale porsi questa domanda,
alla vigilia della settimana di Passione di Cristo. Alla quale arriviamo,
quest’anno, dopo una campagna elettorale quasi feroce, durante la quale si è
fatto gran uso di odio, e di disprezzo. Siamo reduci da una “full immersion”
nella violenza contingente, del tempo, e stiamo entrando in quella
rappresentazione di violenza archetipica, senza tempo, illustrata nei giorni
della Passione, e della finale Resurrezione. Una buona occasione, dunque, per
cercare di capire meglio l’odio, che in entrambe ha una parte da protagonista.
Si tratta di un sentimento da sempre potente nell’uomo. Tanto da provocare,
nella narrazione evangelica, l’incarnazione del Figlio di Dio, che viene
appunto per sconfiggere l’odio con l’amore. Quando l’odio si manifesta,
dunque, non siamo di fronte ad un incidente di percorso, o solo a cattiva
educazione. L’uomo odia, intensamente, a partire già da Caino (figlio di
Adamo, il primo uomo), che uccide il fratello. Una storia seria dunque, quella
dell’odio, tanto da provocare, appunto, la venuta di Dio tra gli uomini, per
modificare la situazione.
Questo sentimento fosco, che tende alla distruzione dell’altro, non viene
dall’esterno, dalle contingenze, ma ha le sue radici (spiega con precisione
Paolo di Tarso) “nel cuore dell’uomo”. Come dire proprio nel centro dei suoi
sentimenti. E’ dunque una passione profondamente umana, e molto potente, da
sempre. Ma cosa la suscita? Al di fuori delle spiegazioni metafisiche (come
quelle che l’attribuiscono ai demoni), sulle quali la psicologia non ha
competenza, l’osservazione della psiche può però notare alcune correlazioni.
Di solito, ad esempio, l’odio non viene da solo, ma appare come il
potenziamento di altri sentimenti negativi, di altre emozioni aggressive. Una
di queste è, appunto, l’invidia.
Fin dall’episodio biblico, caposaldo dell’odio, vediamo che Caino finisce con
l’odiare Abele perché i suoi sacrifici (cruenti), sono preferiti da Dio a
quelli (fatti con i frutti della terra), offerti dallo stesso Caino. Lo stesso
capita con Gesù: egli dispone di poteri, come quelli di guarigione, che i
grandi sacerdoti non hanno. Essi invidiano Gesù per la sua evidente intimità
con una dimensione superiore cui loro non hanno accesso, e finiscono con
l’odiarlo. In entrambi i casi, è una superiorità in parte misteriosa a
scatenare una forte invidia, che sfocia poi nell’odio vero e proprio.
L’altro sentimento che apre la strada all’odio, è la paura. Paura,
essenzialmente, di un cambiamento che ci superi, ci marginalizzi. L’abbiamo
visto a Natale, con Erode che uccide i bambini nel timore che tra loro vi sia
il “nuovo re” che accantoni il suo regno. In fondo, è la paura dello scorrere
del tempo, che vada oltre a noi stessi, ci “faccia morire”. Per questo si
cerca di uccidere il portatore del nuovo. Che nella simbologia del Natale è
appena nato, qui invece è una giovane vita che, nella primavera dei suoi anni,
ha già avuto modo di esprimersi, e viene uccisa proprio per arrestare il
rinnovamento.
In quanto paura del cambiamento continuo, l’odio è la traduzione emotiva della
pulsione più ciecamente conservatrice: il rifiuto di cambiare, di abbandonare
il nostro vecchiume, anziché sognare di uccidere l’altro. Un rifiuto
generatore di odio, ma alla fine comunque perdente. Perché il tempo nuovo, il
Gesù che è venuto a portare l’amore, non può che risorgere. La vita deve
continuare, e la terra, la realtà, non può che rinnovarsi. Come ci mostrano le
nuove erbe della primavera, che crescono attorno a noi.