ROMA - «Sono stato male intepretato». Berlusconi sorride e accarezza la
mano di Amos Luzzatto in segno di pace. Come dire: si fidi. Basta un gesto
per chiudere un occhio sulla storia? Sembra di no, lo dice il presidente
delle comunità ebraiche: «Non basta un incontro di poche battute per
risolvere certe sortite». Berlusconi chiede anche scusa: «Mi dispiace di
averla addolarata». Si difende: «Non si può fare nulla contro la
criminalità dei giornalisti. E pensare che il direttore della rivista
inglese è un mio compagno di partito nel Ppe». Però tiene il punto: «Quello
che volevo dire è che Mussolini non ha fatto la guerra al suo popolo». E
gli ebrei italiani?
No, il caso non è chiuso, resta l´imbarazzo, la freddezza. Alla Sinagoga
di Roma le distanze non si colmano in un´ora. Dopo il comunicato serale
di Palazzo Chigi, atteso a lungo, Luzzatto prende atto che «il premier
non voleva arrecarci dolore». Punto. Una dichiarazione tiepida tiepida.
Non c´è la soddisfazione di un pieno riconoscimento dell´errore
compiuto con l´intervista a The Spectator. La delegazione ebraica spiega
al premier come si può riparare: «Lei deve chiedere scusa agli italiani».
Perché gli ebrei perseguitati dopo le leggi razziali erano cittadini
italiani. Perché tanti italiani hanno sofferto sulla loro pelle il
fascismo. Ma fin lì non sono riusciti a capirsi.
Per Berlusconi è stato un faccia a faccia in salita, con una gaffe
difficile da recuperare perché le vittime stavolta ha dovuto guardarle
negli occhi. Ha ascoltato la secca lezione di Luzzatto: «Le racconto cosa
è stato il fascismo per tutti gli italiani e non le parlo solo delle
leggi razziali perché il regime fu qualcosa di più». Così si sgombra
il campo dalla confusione impropria ebrei e italiani. «Mio padre fu
manganellato prima del 1938, come antifascista, e non potè andare in
ospedale, temeva di essere arrestato. Le conseguenze di quel pestaggio le
ha portate per tutta la vita». Berlusconi ha interrotto il presidente
delle comunità: «Anche un mio familiare è stato manganellato». I
testimoni dicono di non aver capito di chi parlasse. Qualcuno ha udito
distintamente «mio padre», altri «il padre di mia moglie». Ma il
Cavaliere ha insistito, raccontano i presenti: «Poi, lo colpirono i
reumatismi quando dormiva sotto i ponti ai Navigli». Sono volati sguardi
di stupore.
Dettagli, comunque. Di un discorso più vasto. «Il fascismo, presidente,
era omicidio come forma di governo», ha spiegato Luzzatto. E Berlusconi
ha provato a svicolare, parlando della sua amicizia con Israele, Sharon,
Arafat («che non voglio più vedere dal 2001»), di oggi, non di ieri. E
anche qui Luzzatto ha voluto offrire il suo insegnamento: «Non si può
essere buoni amici di Israele senza conoscere la storia. E nella sua
intervista su Mussolini c´è perlomeno un´insufficienza di memoria.
Guardi, ci sono quattro principi che sono i valori fondanti dell´antifascismo.
E, sostanzialmente, della solidarietà con il nostro popolo». Luzzatto ha
elencato punto per punto, come se fossero delle bacchettate: «Primo: la
democrazia rappresentativa. Secondo: la libera circolazione delle idee.
Terzo: il rispetto per tutte le minoranze etniche, linguistiche, religiose
e politiche. Quarto: la promozione della pace nel Mediterraneo».
Mussolini non era un grande seguace di questi punti cardinali. E
Berlusconi? «Guardi, presidente Luzzatto, è stato come quando ti danno
una botta. Ho reagito istintivamente, così è nata la mia risposta», ha
ripetuto il premier. «Va bene, ma lei ha espresso un´idea unilaterale,
voleva dire che certe cose in Italia non sarebbero potute accadere. Il
problema è che quando si fanno discorsi con un´idea unilaterale si
mostra di non conoscere l´altra faccia della medaglia».
Sono argomenti complicati e Luzzatto non fa sconti. Ha un tono pacato, un´espressione
che appare comprensiva. Ma non arretra. Berlusconi sfodera l´affettuosa
pacca sulla mano, l´ultima spiaggia della seduzione. E si finisce a
parlare dei problemi di oggi. Il presidente delle comunità però è fermo
lì, con un piede nel passato. «Ho dato un giudizio di condanna del
fascismo e penso che questo giudizio dovrebbe essere condiviso dal premier»,
dice prima di tornare a casa. Insomma, le carezze non bastano.
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