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Compromesso nel governo, tre ministri si astengono. Unione e sindacati all´attacco. Amato: rubati due anni di vita ai giovani Tfr, si cambia solo dal 2008 Epifani: è una presa in giro. Oggi sciopero generale di 4 ore |
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da Repubblica - 25 novembre 2005 | |
Tfr, riforma solo dal 2008
ROMA - Una riforma a scoppio ritardato. La previdenza complementare diventa legge, ma partirà solo nel 2008, insieme a quella delle pensioni. Con due anni di ritardo sulla tabella di marcia immaginata dal ministro del Welfare, Roberto Maroni. L´attesa sulle sorti della riforma, di cui Udc e Forza Italia chiedevano un rinvio, termina ieri mattina, a sorpresa. Il governo trova l´accordo. Breve la discussione in Consiglio dei ministri. I giochi sono fatti già dal giorno prima. C´è un vivace botta e risposta tra Maroni (che fino a ieri minacciava le dimissioni in caso di mancata approvazione) e il ministro della Funzione pubblica Baccini, che chiedeva a gran voce il rinvio. La riforma passa, con tre astensioni e nessun voto contrario. Si sfilano tre ministri, Pisanu (Interni), che è molto perplesso, Micciché (Mezzogiorno) e La Loggia (Affari regionali). Al momento del voto il premier Berlusconi si allontana. Evita così il conflitto di interessi: è azionista di maggioranza di Mediolanum. Il testo approvato, assicura il ministro del Welfare, non è cambiato di una virgola sui contenuti. E´ lo stesso entrato nel Consiglio dei ministri del 5 ottobre (dove venne bocciato), e che ha avuto l´approvazione di 23 organizzazioni sociali, dai sindacati alla Confindustria.
IL RETROSCENA
ROMA - «Giulio, il testo di Maroni non si tocca». Umberto Bossi non ha più la voce stentorea di un tempo, ma mercoledì sera, al telefono con Tremonti, non ha avuto incertezze nel difendere la "linea del Piave" della Lega. Certo, non si poteva rompere l´alleanza sul Tfr, ma nemmeno cedere alla pressione delle assicurazioni, tanto più che il suo ministro del Welfare si era esposto fino a minacciare le dimissioni. L´allarme al vertice del Carroccio scatta praticamente nel dopo-partita tv di Champions League, Milan-Fenerbahçe in diretta da Istanbul: Roberto Calderoli ha appena incontrato il premier, Silvio Berlusconi, e ha capito che le cose sono messe male, che la riforma-Maroni rischia di essere affossata. Chiama Maroni e, insieme decidono che solo Bossi - via Tremonti - può trovare un compromesso. L´ "asso" è dell´Economia: si chiama slittamento. Prima propone un salto al 2009, poi accetta il 2008 e argomenta: «L´allineamento all´entrata in vigore della riforma della previdenza obbligatoria è del tutto ragionevole». Così non perde nessuno: il testo Maroni non si tocca; gli interessi delle assicurazioni nemmeno. La riforma può essere approvata, tanto non entra in vigore subito. Il Cavaliere non può avere obiezioni. È talmente banale la soluzione che, infatti, passa praticamente liscia al Consiglio dei ministri. Nessuno vota contro, si astengono i forzisti Beppe Pisanu, Enrico La Loggia, Gianfranco Miccichè. Il premier esce dalla sala riunioni perché Mediolanum è per il 35,2% di Fininvest. La decisione passa liscia, ma la discussione è a dir poco burrascosa. Maroni finisce sotto il tiro dei centristi, Mario Baccini e Rocco Buttiglione. Non ci stanno ad essere definiti «burattini». Sventolano Repubblica che riporta dello sfogo della vigilia del ministro leghista e che parla di un Cavaliere «burattinaio». Con Berlusconi, Maroni si è dovuto scusare, smentendo, come di rito, di aver mai pronunciato quelle frasi. «Le dimissioni non si minacciano - attacca Baccini - ma si danno. Stavolta, però, se hai la reale volontà di dimetterti guarda che sono fortemente tentato di votare a favore». Parole molto più chiare di quelle assai confuse che pronuncerà in sala stampa solo qualche minuto dopo per dire del «grande successo dell´Udc». Il capitolo dei "burattini e burattinai" si chiude con Buttiglione: «Non siamo un partito fatto di burattinai di chicchessia». Maroni deve incassare. Ma l´Udc vuole di più, altrimenti non avrebbe alzato i toni il giorno prima proponendo una pausa di riflessione: vuole intestarsi la difesa delle piccole imprese. Un bacino nel quale, grazie al ritorno del proporzionale, può pescare nuovi consensi. Baccini affronta (più o meno) la questione della moratoria per le piccole aziende. Qualcuno non capisce. «A´ Mario - dice Francesco Storace - t´hanno dato er fojo sbajato». Chiosa, su Baccini, il vicepremier Gianfranco Fini: «Il tuo intervento è il combinato disposto tra il Tfr e la nuova legge elettorale». Finisce poco dopo. Baccini esce dalla sala: «È andata bene, siamo tornati al centro della politica». |