L'Ucoii vuole la poligamia
il
commento di Magdi Allam
Testata: Corriere della Sera
Data: 23 gennaio 2007
Pagina: 38
Autore: Magdi Allam
Titolo: «Se la poligamia viene rivendicata
come un diritto»
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Dal CORRIERE della SERA del 23
gennaio 2007:
«M i fa piacere avere quattro mogli, ma se il governo non mi
permette allora cosa faccio? Devo andare in clandestinità e
questo non è giusto». Così Mohamed Baha' el-Din Ghrewati,
eminenza grigia dell'Ucoii, nel Tg1 di domenica sera si è
spinto oltre l'apologia della poligamia, arrivando a
chiederne la legalizzazione: «Magari se la legge italiana
accetta la poligamia, così risolve tanti problemi di milioni
di persone, non migliaia».
Il servizio di Barbara Carfagna, nel telegiornale di massimo
ascolto della Rai, ha il merito di aver chiarito a milioni
di italiani la strategia degli estremisti islamici. Hanno
iniziato con il celebrare i matrimoni islamici in seno alle
moschee, attribuendogli una connotazione religiosa e
trasformandolo in un sacramento, laddove negli stessi paesi
musulmani è un semplice contratto privatistico che si
contrae e festeggia laicamente nell'abitazione degli sposi.
Hanno proseguito con l'invocare «la facoltà di celebrare e
sciogliere matrimoni religiosi senza alcun effetto o
rilevanza civile secondo la legge e la tradizione islamica»
(articolo 12 della bozza d'intesa dell'Ucoii con lo Stato
Italiano), cioè la possibilità di essere poligami di fatto
senza esigere il riconoscimento giuridico. Ed ora hanno
compiuto un ulteriore passo in avanti chiedendo
pubblicamente la legalizzazione della poligamia.
Si obietterà che Ghrewati, neuropsichiatra e omeopata,
ufficialmente presidente onorario della Casa di cultura
islamica di via Padova a Milano, non è nel direttivo dell'Ucoii
e che quindi parlerebbe a titolo personale. In realtà
sappiamo che i veri leader dei Fratelli Musulmani, a cui fa
riferimento l'Ucoii, preferiscono operare sotto mentite
spoglie. Come è stato il caso del banchiere Youssef Nada,
cittadino italo-egiziano, residente a Campione d'Italia,
fondatore della Banca Al Taqwa, che era il «ministro degli
Esteri» del movimento internazionale dei Fratelli Musulmani
fino al sequestro dei beni quando, all'indomani dell'11
settembre 2001, emerse la sua connivenza con il terrorismo
islamico globalizzato.
La particolarità dell'iniziativa di Ghrewati, così come lui
stesso ha dichiarato a Paolo Colonnello nell'intervista
pubblicata su La Stampa il 7 gennaio scorso, è il tentativo
di far passare la poligamia come «una proposta culturale che
andrebbe discussa». Dopo essersi qualificato come un «poligamista»,
Ghrewati ha esplicitato che «noi musulmani proponiamo la
poligamia come rimedio al fallimento della società
italiana». E indossando i panni del medico ha sentenziato
che «la poligamia è un rimedio contro le tensioni sociali e
i tumori della prostata e del seno». L'obiettivo di Ghrewati
è quello di accreditare la poligamia come un diritto
individuale che, al pari della coppia omosessuale, dovrebbe
essere riconosciuto dalla legge come un Pacs: «Qui parlate
apertamente di matrimoni tra gay e rifiutate anche solo
l'idea della poligamia. Però tollerate amanti e doppie
famiglie. Basta che tutto si viva in clandestinità».
Ci rincuora il fatto che i musulmani d'Italia sono subito
insorti contro le farneticazioni di Ghrewati e contro
l'intento dell'Ucoii di legalizzare la poligamia. Nella
consapevolezza che non si tratta affatto di una
rivendicazione che attiene alla sfera individuale, bensì di
una strategia di potere mirante a imporre in Italia la loro
versione radicale, maschilista e violenta della sharia, la
legge islamica. Ed è significativo che i primi a protestare
siano state le donne, a cominciare da Souad Sbai, fino a
coinvolgere la maggioranza dei membri della Consulta per
l'islam italiano.
Mi auguro che a questo punto se ne accorga anche la
maggioranza del Parlamento e della magistratura italiana,
fin troppo silente su una questione considerata erroneamente
come inesistente o tutt'al più marginale. Immaginando che ci
si possa mettere l'anima in pace fintantoché non viene
violata la legge formale, anche se di fatto la poligamia si
celebra nelle moschee e si pratica nelle case dei musulmani.
Dobbiamo forse attendere il prossimo spettacolo televisivo
di un corteo di donne velate e uomini barbuti che
rivendicano il diritto alla poligamia, per deciderci a
sanzionare seriamente questi militanti dediti all'islamizzazione
dell'Italia?
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