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Luigi
Cancrini, Cosa insegna il dramma di Cogne sulla realtà dei malati
psichiatrici, In L’Unità 22 luglio 2002
Auspicare
un nuovo Basaglia significa poco se non si tiene conto del grande movimento di
opinione, del grande sommovimento delle coscienze che tese possibile la
valorizzazione di un' esperienza nata in un angolo sperduto d'Italia, a pochi
metri dal confine con quella che era allora la Jugoslavia e che e oggi la
Slovenia.
Il
libro di Basaglia dedicato a "L'istituzione negata" usa da Einaudi nel
1968, l'anno del Vietnam, di Praga e del movimento studentesco, in una fase
della storia nostra, dell’ Europa e del mondo in cui lo sviluppo di quella che
Hobsbawn chiama «età dell' oro» (una dilatazione senza precedenti del
benessere e delle occasioni di consumo) cominciava ad aprire contraddizioni
forti fra la disponibilità dei beni (cui tutti o quasi tutti sentivano di poter
avere accesso) e la sicurezza di poter contare davvero qualcosa nel momento
delle grandi decisioni (una sicurezza riservata ancora a un numero molto
ristretto di persone)
Diffusa
soprattutto fra i giovani, la percezione di questo gap fra ciò che si poteva
avere e ciò che si voleva essere (di quegli anni, ugualmente, e il bellissimo
libro di Erik Fromm dedicato proprio ad 'Avere e essere") mise in moto un
processo senza precedenti di ribellione spontanea, non organizzata, che portò a
scendere contemporanea mente m piazza, con slogans incredibilmente simili, gli
studenti di tutte le culture avanzate del mondo Sbattendo m prima pagina
l'utopia di un mondo in cui tutti sono uguali, dotati degli stessi diritti.
In
Italia e altrove scegliendo il malato mentale e l'Ospedale Psichiatrico come il
simbolo di una prevaricazione violenta ed insensata, Franco Basaglia come capo
carismatico di una lotta del debole contro il forte che ha possibilità concreta
di essere vinta se il clima cultura le, in attesa dei più, il comune sentimento
del pudore e della giustizia spingono nella stessa direzione Nel la direzione in
cui andavano le lotte dei popoli oppressi, dal Vietnam al la Cecoslovacchia, m
un tempo che sentiva lo scricchiolio delle crepe, di ordine morale prima e più
che politico, che si aprivano nell'ordine mondiale legato alla stupidita (o alla
mistificazione) della «guerra fredda»
II
clima in cui si vive e si fa politica oggi, in Italia e nel mondo, e molto
diverso II modo più semplice di definirlo, forse, e parlare di una forma
particolare e diffusa di rassegnazione che ha sostituito l’entusiasmo di
allora il sogno che spingeva nelle piazze gli studenti di Praga e di Parigi, di
Roma e dei grandi college americani era il sogno di un mondo prossimo a cambiare
definitivamente pagina, un sogno culturalmente e politicamente rivoluzionano
Nessuno
sembra credere nella rivoluzione oggi (e la parola stessa viene accuratamente evitata
dalle persone che si sentono di sinistra) perchè nessuno sente come possibili
dei cambiamenti rilevanti negli equilibri e nei rapporti di forza che regolano
questa fase della stona del mondo il che è malinconico perché scendere dai propri
sogni fa sempre un po' male e potrebbe essere, però, più concreto e realistico
se i problemi venissero affrontatati, uno per volta, da perso ne capaci di
individuarli con esattezza e di lottare per portarli sul serio a soluzione.
Non
ci sarà un altro Basaglia, dunque, per gli invalidi con disturbi psichici e per
i nuovi pazienti un
discorso basato sulla possibilità di costruire una modificazione progressiva
degli atteggiamenti prevalenti Insistendo soprattutto sulla sottolineatura di
eventi del tipo di quello segnalato una settimana fa dalla famiglia di Ancona
Insistendo sulle questioni relative alla complessità ed alla importanza del
lavoro di chi lavora m quelle situazioni Aprendo un fronte mediatico sul tema
dell’ emarginazione cui gli invalidi e i disturbati psichici sono costretti
insieme con le loro fami glie Costringendo politici ed amministratori a
rendersene conto. Sapendo bene però che si
tratta di un lavoro controcorrente di un lavoro che deve smuovere l’
inerzia di una posizione consolidata sottolineando l'esistenza e l'importanza di
un problema che la gran parte delle persone non vede e non vuole vedere.
Riflettevo su tutto ciò martedì quando un intervista esclusiva rilasciata ad Anna Maria Franzoni al Maurizio Costanzo Show portava Canale 5 al primato degli ascolti in prima serata. Protagonista della trasmissione, abilmente sollecitata dal suo intervistatore, era la donna che ancora oggi la pubblica accusa ed i giudici della Corte di Cassazione ritengono la principale indiziata del delitto di Cogne Quello che era scomparso dalla trasmissione, quel che non contala più nulla era il più debole, il bambino morto che non esisteva più, se minimamente quanto causa del dolore di una donna messa sotto il fuoco dei riflettori Di bambini morti, infatti, e pieno il mondo e i bambini morti non fanno notizia ne audience
Quello
che piace, che interessa, che affascina, e il volto impenetrabile della donna
che potrebbe averlo ucciso chiamata a rispondere in diretta, con una
rappresentazione più o meno riuscita, alla curiosità di un pubblico ansioso di
elementi che gli consenta no di pronunciare un proprio giudizio
Sta proprio qui, mi pare nella elezione a protagonista della madre che potrebbe averlo ucciso e nella cancellazione della scena del piccolo Samuele l'elemento più caratteristico di quello chi. va di moda oggi, di quello che chiama l'attenzione del pubblico e che rende popolare una trasmissione televisiva
La
sicurezza di una persona che ha il coraggio di esibire il proprio dolore
utilizzando la posizione di forza che le viene offerta per combattere con armi
improprie la sua battaglia legale, la contraddizione emotiva cui il pubblico si
sente esposto e il fascino un po' perverso delle realtà inquietanti,
delle persone che hanno fatto o potrebbero aver fatto cose comunque fuori del
comune. Meglio (l'interesse è ancora maggiore) se non si può essere del tutto
sicuri che le abbiano fatte davvero e se c'è la remota possibilità di
inserirle (sapiente regia di avvocati famosi) in quel piccolo grande esercito
dei perseguitati dai giudici specializzati nella ricerca di comprensione e
complicità da parte di chi di giudici (e di vigili, di finanzieri e di quanti
altri pretendono di entrare nel «privato» dei cittadini) vorrebbe sempre
potersi lamentare.
La
condizione dei minorati psichici, mi sono detto, è molto simile a quella del
piccolo Samuele. Entrano in cronaca soprattutto nel momento in cui qualcuno li
uccide o usa loro violenza. La loro presenza sui giornali e in televisione è
subito oscurata, tuttavia, dal dramma di chi è accusato di averli uccisi o
violentati (quando l'accusa non è certa) o dalla efferatezza e dalla violenza
di ciò che hanno subito. Mentre quella che dovrebbe trovare spazio sui media e
negli shows, se le cose andassero diversamente, quando le cose cominceranno ad
andare diversamente (Costanze, Vespa e tanti altri arriveranno mai a pensarlo?)
potrebbe essere il loro quotidiano, la semplicità e la dolcezza del loro
stare con gli altri, la limitatezza paurosa delle risorse con cui si tenta di
corrispondere alle loro esigenze.
Ho avuto fra le mani di recente la fotografia di un bambino di sette anni, paralizzato a tutti e quattro gli arti, non vedente, inserito per volontà della famiglia e dei servizi, in una classe normale di scuola materna di una piccola città del Lazio. Lo ritraggono, le fotografie, in braccio alla sua insegnante di sostegno, vicino ai suoi amici della classe che hanno chiesto di essere ripresi, uno per uno, accanto a lui. Michele (io lo chiamo così) comunica con il tatto, mi dicono, con il rilasciamento muscolare e con il sorriso beato di chi sta bene nel momento in cui si sente accolto e voluto bene. Si alimenta meglio ed è cresciuto, un miracolo piccolo piccolo, da quando frequenta gli altri bambini, da quando scambia affetto con loro in questo modo primitivo. Da quando si è sentito partecipe di una vita che non è la sua e che diventa un po' sua. A cui da un contributo suo di dolcezza e di calma.In modo molto differente da quella di Samuele, la madre di Michele non chiede e non si vede offrire un posto da protagonista. Sta sullo sfondo perché protagonista è lui, il bambino, quello a cui si può dare e da cui si può ricevere affetto solo se si ha pazienza, tempo, capacità di stare nell'ombra, capacità di parlare senza parole.
Cambierebbe un po' il modo che abbiamo tutti di comportarci con il diverso se quello cui si assiste in prima serata fosse un miracolo di questo tipo?
Mi capita, a volte, di
pensare di sì perché, molto al di là di tutte le discussioni di principio,
quello che conta davvero oggi sembra la visibilità e perché uno dei nodi
stretti della democrazia imperfetta di oggi sembra lo strapotere dei pochi che
decidono cosa deve essere visibile e cosa deve stare nell'ombra.In
tanto parlare di pluralismo, forse, il problema potrebbe essere posto così.
Accanto alla battaglia per un pluralismo rispettoso delle diverse forze
politiche, quella che andrebbe aperta è una battaglia per un pluralismo
rispettoso delle aspettative, dei diritti, dei discorsi di chi oggi non ha
spazio per far ascoltare la propria voce. Rendendo possibile l'incontro di un
pubblico ampio con la dolcezza e con la ricchezza del diverso. Con la lentezza a
volte meravigliosa del portatore di handicap. Rendendo impossibile o
politicamente suicida il gioco di chi, decidendo, non si ricorda abbastanza di
loro.