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LA
POLEMICA. SERGIO COFFERATI
L´ordine e i lavavetri
francesco merlo
CHI l´avrebbe mai detto che Bertinotti si sarebbe comportato come Cuffaro, che
il gatto Fausto sarebbe diventato al Nord quel che la volpe Totò è al Sud, il
difensore dell´abusivismo, dell´illegalità e della bruttezza? Non c´è alcuna
differenza tra le ruspe di Cofferati, che a Bologna hanno abbattuto cento
baracche sul Reno, e quelle che in Sicilia il centrosinistra di Enzo Bianco
mandò alla foce del Simeto; o ancora quelle che Celentano, dalla dancing
cattedra, di Rockpolitik, vorrebbe mandare ai templi di Agrigento per bonificare
al ritmo della Gazza ladra o di Bebop a lula.
L´ordine e i lavavetri
La
ruspa rock di Cofferati è la stessa del ragazzo della via Gluck, e l´innocente
resistenza di Bertinotti a Bologna combacia, involontariamente, con la odiosa e
proterva resistenza dei mafiosi di Gela. Sicuramente è di sinistra l´idea che in
Italia non ci sono ruspe da fermare, ma semmai da mettere in moto perché "la
santa ruspa" che squarcia e sbriciola è la sola possibile bonifica del
territorio, l´inizio di una nuova, concreta e coraggiosa guerra all´illegalità,
all´inciviltà e alla bruttezza; la ruspa non come punizione ma come redenzione.
E invece la sinistra ambientalista di Paolo Cento, quella antagonista di
Bertinotti e quella creativa di Bifo, oggi difendono sino allo scontro fisico
l´abusivismo di Bologna con gli stessi argomenti con cui Cuffaro difende il suo
abusivismo clientelare, sempre spacciato per abusivismo di necessità.
Nel pieno centro di Catania, nel corso dei Martiri della Libertà, ci sono
baracche di lamiera e di cartone, tali e quali quelle di Bologna: quattro pali
come muri maestri, vecchie coperte alle finestre, materassi e scatole di
immondizia, un frigorifero senza porta…, una forte identità di gruppo.
Persino gli abitanti vengono dagli stessi paesi dell´Est: esistenze in fuga che
sono al tempo stesso povera gente e pericolosa gentaglia, una dolente umanità
vittima e supplice, ma anche aggressiva e tracotante. Qual è la differenza tra
il sindaco di Catania Umberto Scapagnini e quello di Bologna Sergio Cofferati?
Ecco: il primo è irresponsabilmente indolente e furbo, mentre il secondo è un
alto rappresentante dello Stato italiano e dell´ordine civile.
Scapagnini lucra sul disordine, Cofferati rischia sull´ordine.
Girando per una baraccopoli si capisce subito che il "compagno" Bertinotti e il
"compare" Cuffaro si battono contro le ruspe, rispettivamente di Bologna e di
Agrigento, non perché sono matti, ma perché la ruspa sbriciola interessi veri,
annulla piccoli patrimoni fatti di miseria e di stracci, colpisce a morte
affetti e legami di solidarietà umana e politica, aggredisce una cultura diffusa
e rischia di essere incomprensibile per quel ceto, sempre più folto, di
immigrati, di disperati, di poveracci, di naufraghi e di nomadi che credono di
avere comunque diritto alla loro capanna sul fiume, il "diritto alla casa".
Sempre una baraccopoli è un misto di inciviltà e di indigenza. Ma quando
l´indigenza si fa inciviltà, il sindaco Cofferati non ne riconosce più l´aspetto
di classe, mentre il rivoluzionario Bertinotti nega che, accanto e contro una
civiltà della povertà, possa esistere anche una inciviltà della povertà.
Cofferati non si fa ricattare e rischia. Bertinotti, come Scapagnini e come
Cuffaro, gode.
Quelli sono pasticcioni coerenti e abusano degli abusivi, mentre Bertinotti si
impatacca solo moralmente e ideologicamente.
Sono
come gli abusivi del sud anche i lavavetri governati dal racket, che Cofferati
vorrebbe sgominare schierando i vigili urbani, e che Bertinotti vuole difendere
schierando le "guardie rosse" no global: "Chiameremo a protestare immigrati,
senza casa, e studenti fuori sede". L´idea di Bertinotti, ripresa dalle teorie
degli economisti che ispirano il presidente brasiliano Lula, è in realtà una
vecchia idea del plebeismo contro cui Togliatti metteva in guardia i compagni
napoletani nel tumulto confuso del secondo dopoguerra: anche i poveracci che
dall´Africa del Nord, dal Senegal, e dalla Romania arrivano ai mercati
meridionali e ai semafori di Bologna sono una risorsa. Così, in molte città del
sud i parcheggiatori abusivi sono stati legalizzati e oggi offrono un servizio
che ieri imponevano; oggi custodiscono l´auto che ieri sequestravano. La
differenza non è sottile, perché ora c´è un ordine di posteggiatori occupati
contro il disordine dei posteggiatori abusivi. Anche se, ovviamente, non tutti
hanno beneficiato di questo "ordine nuovo"; e non tutte le attività illegali
possono essere legalizzate, ordinate secondo leggi.
Dunque la difesa dell´universo degli abusivi lega l´estremismo di sinistra al
populismo della destra meridionale. La destra, che nel Nord lombrosoneggia, nel
Sud parla come la Lega ma nei fatti tollera e protegge gli abusivi, proprio come
fa Bertinotti che considera i lavavetri portatori di valore, come i nomadi
descritti dal filosofo Attali, come i dropouts, gli sgocciolati fuori
dall´Impero di Toni Negri. La sinistra antagonista ne difende l´illegalità e il
disordine come se i lavavetri fossero artisti di strada che fanno parte del
moderno addobbo di una città evoluta.
Non è cosi: non ci sono lavavetri ai semafori di Londra e di Parigi, perché la
polizia li tiene lontani e perché nessun compagno e nessun compare li difende. I
lavavetri non arredano e non animano le Bologna del mondo, i luoghi più
affascinanti della Francia, le città più colte della Gran Bretagna. La civiltà
di Bologna è civiltà di piazza, dove ci si incontra e dove si espongono le cose
più belle, palcoscenico degli artisti e non dei "punk a bestia" e degli
spacciatori che rendono cupe e spettrali le notti.
Abbandonate agli abusivi d´ogni specie, le strade diventano un po´ come i luoghi
allucinati e vuoti di De Chirico e un po´ come i luoghi da tregenda di Bosch.
E
invece Cofferati vorrebbe fare di Bologna la città dell´ordine nuovo della
sinistra italiana, concetto innanzitutto gramsciano, senza disgustoso razzismo
ma con rigoroso multietnicismo. L´ordine solidale è il valore di Bologna: come
l´acqua pulita, come i binari del tram, come la cortesia di un vigile urbano,
come l´andatura allegra e sicura di una ragazza che rincasa tardi.
Eppure, arrivato con la faccia larga del difensore degli estremisti in cerca di
riti epocali, Cofferati rischiava di fare della città il campo profughi della
sinistra più radicale, la fortezza dei girotondini. E tutto questo mentre
cresceva in Italia, al di là di certe enclave razziste, come quella di Treviso,
una grande voglia di buona amministrazione, di sobrietà e di moderazione. Sempre
più noi italiani sentiamo il bisogno di protagonisti, nei due schieramenti, che
possano piacere anche agli avversari dell´altro campo, un po´ come Chirac che,
presidente di destra, conquistò la sinistra francesce, o come Blair che da
laburista prese i voti dei conservatori. E un po´ come accade al nostro ministro
degll´Interno, Pisanu, che piace alla sinistra per la sua saggezza tradizionale,
per l´umanità verso gli immigrati che fermamente oppone alla bestialità di Bossi
e della Lega.
Ebbene, anche Cofferati è classe di governo bipartisan. "Piace ai borghesi" ha
titolato il Manifesto, facendogli un involontario complimento. Del resto mai
Cofferati era stato il rappresentante dei disordini. Da "cinese" credeva nella
società ordinata secondo la filosofia amministrativa della classe operaia che, a
sua volta, è una messa in ordine della subalternità. Anche la classe è un ordine
e non è vero che c´è differenza tra la legalità e l´ordine, quasi fosse la prima
una virtù di sinistra, e il secondo un vizio di destra. Sono invece la stessa
cosa perché il diritto ordina e la legge supporta l´ordinamento. O sei il
sacerdote dell´ordine o stai alla coda dell´orda.
Scegliendo l´ordine e combattendo l´orda, Cofferati fa più bene alla sinistra di
dieci Santoro. L´ordine di Cofferati esprime e sostiene l´alta civiltà di una
città ricca, generosa, colta e solidale. Il santo di Cofferati è san Martino
che, stando a cavallo, divide il suo mantello con i poveri, ma senza mai
ruzzolare tra di loro.
OPINIONI. TITANIC
I bus di Rosa Parks e il buon senso perduto di Bologna
Perché la sinistra raziocinante è «antipatica» e quella estrema è «simpatica»?
di GIANNI RIOTTA
dal
Corriere -
26 ottobre
2005
Cinquant'anni or
sono, il primo dicembre 1955, la signora Rosa Parks salì sul bus di Cleveland
Avenue, Montgomery, Alabama. Non era semplice allora per una donna afroamericana
usare i mezzi pubblici nel Sud degli Stati Uniti. I sedili anteriori erano
riservati ai bianchi, quelli di mezzo potevano essere usati dai neri quando non
c'erano bianchi a bordo, solo quelli posteriori erano per gli afroamericani. Se
l'autobus era affollato, un nero doveva accedere dalla porta anteriore, pagare
il biglietto, ridiscendere di corsa risalendo dalla porta di dietro, nella
speranza che l'autista, dispettoso o del Ku Klux Klan razzista, non lo lasciasse
a piedi.
L'autista del bus a Cleveland Avenue, James Blake, non sopportava i niggers, i
negri. Già una volta aveva scacciato la signora Parks, troppo impertinente per
Montgomery. Nella sezione di mezzo siedono con lei tre persone. Quando sale un
passeggero bianco, con malagrazia Blake intima ai quattro niggers
di spostarsi e, se non ci sono più posti, di scendere malgrado il biglietto. I
tre poveretti, a capo chino, obbediscono, Rosa dice di no, si fa arrestare,
lancia il boicottaggio di oltre un anno dei mezzi pubblici da parte degli
afroamericani. Contro il razzismo c'è chi fa 60 chilometri a piedi, ogni giorno,
per andare al lavoro. Eroina della battaglia dei diritti civili, Rosa Parks è
morta ieri: è tanto popolare nelle scuole americane che quando dico a mia figlia
Anita, IV elementare, «Rosa Parks è morta» lei si commuove.
La notizia della scomparsa di Rosa mi appare da un flash sul video, mentre
ragiono di sinistra italiana. A Bologna Sergio Cofferati si scontra con i no
global, Liberazione gli dà dello «stalinista» e stavolta non per complimento,
il manifesto del «cileno». Cofferati, che entusiasmò la piazza mobilitando tre
milioni di persone in difesa dell'articolo 18, come Stalin o Pinochet? Perché
tanto rancore? In parte perché Cofferati — come era prevedibile — ha deluso la
sua base, illusa che il riformista della Cgil alla Pirelli si fosse trasformato
in Guevara. Cofferati esagerò allora a parlare di «diritti violati» per una
questione contrattuale e a usare la bomba atomica dello sciopero per cambiare la
lampadina dell'articolo 18. Non si trattava di posti negati in autobus per il
colore della pelle, ma di riorganizzare il mercato del lavoro. Si poteva
trattare. Quando oggi Cofferati, con buon senso, mette ordine nel suk che è
Bologna centro, tra ubriachi, gang e spaccio, gli danno del «Pinochet»:
sbagliano, delusi dal «Cinese».
Alla vigilia delle elezioni politiche 2006 la questione centrale della sinistra
è tutta qui: riappropriarsi del buon senso. Quando la Montgomery dei neri si
ferma per Rosa Parks è evidente a tutti, buoni o cattivi, dove stia il buon
senso e dove l'arroganza. Oggi Cofferati usa il buon senso, ieri trascurato, e
si vede trattato da «dittatore». Per capire questa ira è utile il libro di Luca
Ricolfi, «Perché siamo antipatici?», dedicato alla tesi che la sinistra sia
impopolare perché astrusa e narcisista. Ricolfi ha ragione, ma a metà: è
«antipatica» la sinistra riformista che lui difende, quella radicale resta
«simpaticissima». Il Che sventola sugli stadi. Gino Strada è amico dei Vip. Gli
ex terroristi sono guru da prima pagina e best seller. Alla testa del movimento
Cofferati era «simpatico», gli anchormen discettavano ammirati della sua
passione per Tex Willer e Verdi. Da sindaco diventa «antipatico». La sinistra
raziocinante è «antipatica» perché non dimostra passione, non scalda gli animi.
Se i ragazzi di Bologna capissero che democrazia, sviluppo, integrazione e
rispetto anche per i diritti civili degli anziani con la pensioncina in tasca e
le ragazze in giro sole la notte sono una rivoluzione, che il buon senso conta
più di uno slogan rauco ecco che la sinistra tornerebbe d'incanto «simpatica»,
capace di commuovere i bambini: come ai tempi di Rosa Parks.