PADOVA - Ciampi mette in riga Bossi. Liquida i suoi ultimatum sull´immigrazione,
ricordandogli che «nelle emergenze, come assistiamo in questi giorni, lo
spirito umanitario deve prevalere su ogni altra considerazione».
Sconfessa le sue recenti trovate: come italiani, ricorda, «non abbiamo né
diffidenza né paura dell´Europa di Bruxelles».
La censura al capo leghista (al quale va appena il consolatorio
riconoscimento per il principio di sussidiarietà e la devolution dei
poteri dallo Stato centrale alla periferia regionale e all´Europa)
sembrerebbe perfino un aiuto alla maggioranza contro un alleato difficile.
Invece no, perché è seguito subito da un trasparente richiamo morale
alla coalizione stessa. Leader incluso, ovviamente. Il capo dello Stato
invita a dare «un´anima alla politica», facendo prevalere «una genuina
etica delle istituzioni e un forte senso della Legge». In un Parlamento,
dice pensando al conflitto d´interessi, «reso vitale dall´esercizio
della libertà d´opinione e da un sano pluralismo dell´informazione,
giornalistica e radio-televisiva».
Replica e messa a fuoco verso critiche anche recenti, quasi bilancio del
suo primo «viaggio in Italia» alla vigilia ormai del terzo compleanno al
Quirinale, questo di Ciampi a Padova. Ma anche di più. D´improvviso, il
presidente trova accenti vistosamente critici verso il centrodestra.
Ammonisce, corregge, censura. «Ci vuole rispetto per le parti, nella
consapevolezza che la maggioranza oggi era minoranza ieri. E potrà
tornare a essere minoranza domani», avverte quasi profetico. Serve
dialogo «con spirito di apertura e rispetto dell´avversario politico».
Parla al governo o all´opposizione? Nello splendido salone del palazzo
della Ragione di Padova dove il presidente è in visita, quasi d´improvviso
diventa vistosa la distanza tra il Quirinale e le frange estremiste della
maggioranza. Proprio quelle di cui Berlusconi non può fare a meno.
IMMIGRAZIONE. «Pone problemi, ma appare indispensabile anche per riempire
i vuoti della forza lavoro» lasciati da una collettività che vive a
lungo ma fa pochi figli: «una società senza culle non ha fiducia nel
futuro». Ciampi sceglie il Veneto moderato e leghista (e quella Padova
che, afferma, «come Perlasca fa le cose ma non le dice») per liquidare
le intolleranze estremiste dentro il governo. Questa è la regione che «ha
dimostrato d´esser capace, forse più d´ogni altra, di assorbire gl´immigrati
rispettandone identità e cultura». È un «problema di enormi dimensioni
per tutta l´Europa», servono «regole concordate» tra l´Unione e i
paesi d´emigrazione. Bisogna «delocalizzare» lavoro e capitali verso
sud, come già s´è fatto con l´est.
EUROPA. Il fastidio di Ciampi per il partito che non ama il tricolore, l´inno
nazionale, l´Europa («la nostra storia ci rende, ancora una volta,
veneti ed europei» ha detto al presidente italiano il governatore Veneto,
Galan) ritorna a tratti. Al Bossi che ancora poche settimane fa seminava
imbarazzo nelle cancellerie dell´Unione, si rivolge Ciampi: «Non abbiamo
né diffidenza né paura dell´Europa di Bruxelles. Né possiamo diffidare
di Strasburgo, dove ha sede il Parlamento liberamente eletto». La
sovranità nell´Europa «non la cediamo. La mettiamo in comune, che è
cosa profondamente diversa. Come per la moneta, lo sarà per altri settori».
BERLUSCONI. Un decalogo per il capo del governo ma non solo, destinatario
(innominato) di ruvide allusioni. «In democrazia la politica deve avere
un´anima», dice Ciampi, ispirata anzitutto a una «genuina etica delle
istituzioni e a un forte senso della Legge». La «buona politica» si
fonda sul «reciproco riconoscimento» tra partiti consapevoli che la loro
legittimazione è il voto popolare. Dialogo a tutti i costi, quindi, senza
mai delegittimarsi. Occorrono «garanzie» (modifiche ai regolamenti
parlamentari) in modo che la nuova legge elettorale consenta a maggioranza
e opposizione «l´esercizio dei diritti. Evitando entrambe le parti
dannosi oltranzismi preconcetti».
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