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17-10-2002 |
Fra sussidi ordinari e mobilità: gli ammortizzatori sociali in
Italia |
Nino Bixio |
Il
sistema degli ammortizzatori sociali in Italia è molto complesso perché
esistono protezioni diverse a seconda della dimensione dell’impresa o
del settore produttivo. Non vi sono giustificazioni di natura economica
per queste disparità di trattamento. I
programmi principali Innanzitutto
esiste un'indennità di disoccupazione ordinaria, con
trattamenti poco generosi in termini di livello delle prestazioni e di
durata. L'importo è stato innalzato progressivamente negli ultimi cinque
anni, prima al 20, poi al 30 e dal 2001 al 40 percento della retribuzione
lorda precedente, un livello comunque molto più basso degli standard dei
paesi OCSE. L'indennità viene attualmente corrisposta per un periodo
massimo di sei mesi, estendibile a nove mesi per i lavoratori di età
superiore a 50 anni. La Finanziaria 2003 prevede un’estensione selettiva
della durata del trattamento fino a un anno ed un incremento del suo
ammontare (fino al 60% del salario precedente) nei primi 6 mesi di
disoccupazione. Il saldo fra prestazioni (più oneri figurativi) e
contributi era nel 2001 positivo per circa 130 milioni di euro. Per i
lavoratori agricoli che abbiano lavorato almeno 78 giorni nell’ultimo anno
esiste poi un'indennità di disoccupazione agricola speciale
con importi medi contenuti (attorno al 30% della retribuzione precedente)
ed una durata pari al numero di giornate lavorate nell’anno precedente.
Lo strumento è in forte squilibrio finanziario (il passivo nel 2001 era
attorno a 1,5 miliardi di euro), in quanto il numero dei beneficiari è
molto vicino al numero degli aventi diritto. Per i
lavoratori delle imprese del settore industriale,
in caso di sospensione temporanea dell’attività lavorativa, esiste
l'integrazione salariale prevista dalla Cassa Integrazione Guadagni
Ordinaria (CIG). La CIG presuppone il mantenimento del rapporto di
lavoro con l’azienda, e garantisce ai lavoratori interessati
un'integrazione salariale pari all'80% della retribuzione per un periodo
massimo di 3 mesi consecutivi. Lo strumento è stato in forte attivo negli
ultimi anni (1,7 miliardi di euro nel 2001). La Cassa
d'Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) copre i
lavoratori di imprese che abbiano più di 15 dipendenti, nel settore
industriale, oppure più di 50 nel commercio e in alcuni settori
fornitrici di servizi collegati all'industria. La CIGS è giustificata per
crisi aziendale, riconversione industriale e procedure concorsuali, e
tutti i lavoratori con anzianità di servizio di almeno tre mesi ne hanno
diritto. L'indennità della CIGS è pari all'80% della retribuzione e ha
una durata massima di 36 mesi in un periodo di cinque anni. I
lavoratori licenziati da imprese in CIGS, e, più in generale, i
lavoratori coinvolti in licenziamenti collettivi, possono poi fruire del trattamento
di mobilità, un'indennità pari a quella garantita dalla CIGS per
i primi 12 mesi, e pari all'80 percento della CIGS nei mesi successivi. La
durata del trattamento di mobilità varia a seconda dell'età anagrafica
del lavoratore e del territorio nel quale si trova l'unità produttiva di
provenienza: raggiunge i 36 mesi per i lavoratori con più di 50 anni, e i
48 mesi se gli stessi disoccupati provengono da aziende del Mezzogiorno.
L’istituto era nel 2001 in passivo per circa 850 milioni di euro, in
linea con i saldi degli anni precedenti. Vi è
poi la cosiddetta mobilità lunga che permette ai
beneficiari dell'indennità di mobilità di fruire di questo trattamento
fino al raggiungimento dell'anzianità contributiva minima per il
conseguimento della pensione di vecchiaia e di anzianità nel quadro di
"programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali".
Fino al 31 dicembre 2002 (in virtù della legge 448 del dicembre 2001), le
proroghe potranno essere concesse con apposito decreto ministeriale (come
il decreto firmato il 25 settembre scorso dal Ministro Maroni). Dal
gennaio 2003 la mobilità lunga potrà essere concessa solo in seguito a
nuove leggi di proroga (come quelle succedutesi a più riprese dal 1991,
anno in cui la normativa è stata introdotta) e di contestuali
rifinanziamenti dell’istituto. La
caratteristica di tutti i precedenti interventi è quella di essere
rivolti a soggetti che abbiano già un'esperienza lavorativa, ed abbiano
maturato un'anzianità contributiva. Per i lavoratori giovani, al loro
ingresso nel mercato del lavoro, o per i lavoratori senza storia
contributiva, esistono una serie di interventi piuttosto difformi, che
rappresentano tanto uno strumento assistenziale quanto uno strumento di
indennizzo contro la disoccupazione. Un esempio al riguardo è quello dei Lavori
Socialmente Utili (LSU) e dei Lavori di Pubblica Utilità
(LPU), basati sulla partecipazione ad iniziative di pubblica utilità
limitate nel tempo per soggetti particolarmente svantaggiati.
Inizialmente, i fruitori del servizio erano i lavoratori espulsi dalle
medie e grandi imprese, in cassa integrazione straordinaria e in mobilità
giunti al termine della durata massima dei sussidi. In seguito, vi hanno
preso parte anche giovani disoccupati di lunga durata. Questi due gruppi,
che ad oggi compongono il bacino degli LSU in percentuali pari
rispettivamente al 56% e al 44%, corrispondono a profili socio-demografici
molto diversi tra loro: i primi sono principalmente uomini, oltre i 40
anni, scarsamente scolarizzati, appartenenti a famiglie dove rappresentano
l'unico percettore di reddito. I secondi sono equamente distribuiti tra
uomini e donne, sono più giovani e possiedono un livello di scolarità in
media superiore all'obbligo, e vivono in famiglie che dispongono di più
fonti di reddito. I lavori socialmente utili costavano circa 250 milioni
di euro alle casse dello Stato nel 2001. Il saldo
complessivo fra contributi e prestazioni (compresi oneri figurativi) per
tutti questi strumenti era negativo nel 2001 per circa 600 milioni di
euro. In
allegato un quadro sinottico dei vari schemi, utile per meglio orientarsi
nella giungla normativa.
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FONTE:
http://www.lavoce.info/index.php