Mercoledì 30 ottobre la Camera ha
approvato il disegno di legge 848 che riforma il collocamento e
introduce nuove tipologie contrattuali. In che modo le nuove norme
riformano il collocamento?
La nuova norma elimina il
"vincolo di esclusiva" per le agenzie che forniscono
lavoro temporaneo. Il motivo determinante per cui nella Legge n. 196 del
1997 era stato inserito quel vincolo era quello di evitare che le
agenzie di lavoro temporaneo facessero troppa concorrenza agli uffici di
collocamento pubblici. Il "partito dei collocatori", pur in
fase di "ritirata", era ancora capace di esercitare un forte
condizionamento sul Governo e sul legislatore.
Ma a quel punto i collocatori
pubblici non avevano già perso la loro partita?
No. Il monopolio pubblico
del collocamento venne formalmente abolito soltanto dopo che questo ci
venne imposto dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea dell’11
dicembre 1997. E anche allora l’apparato ministeriale fu in grado di
depotenziare notevolmente il Decreto legislativo (23 dicembre 1997 n.
469) con cui veniva disposta la liberalizzazione.
Come?
Innanzitutto con il differimento
ulteriore della liberalizzazione di un intero anno. Poi con la
resistenza passiva alla regionalizzazione del servizio pubblico, che
anch’essa è stata di fatto differita di quasi due anni. Inoltre con
l’inserimento nel decreto di norme che sostanzialmente imponevano alle
Regioni di mantenere inalterata la struttura degli uffici
pubblici e impedivano il trasferimento del vecchio personale ad altri
compiti (ad esempio, spostandolo agli ispettorati, che sono
sguarnitissimi su tutto il territorio nazionale) e la sua sostituzione
con personale più efficiente.
Con la regionalizzazione, però,
l’apparato ministeriale è stato messo fuori gioco.
Questo è vero solo in parte.
Col Decreto del dicembre 1997 veniva istituito il "Servizio
Informativo Lavoro" (SIL). Avrebbe potuto essere una cosa molto
importante, se l’apparato ministeriale non fosse riuscito a metterci
sopra le mani: col risultato che, a cinque anni di distanza, il SIL
ancora non ha neppure incominciato a funzionare.
Può spiegare meglio che cosa è
accaduto?
Il Decreto n. 469/1997
ha previsto il collegamento in rete di chiunque svolga servizi di
collocamento, pubblico e privato, con obbligo di comunicazione di tutte
le informazioni su domanda e offerta in tempo reale. Questa norma non è
mai stata attuata, per l’assurda pretesa che la rete fosse progettata
e gestita direttamente dall’apparato ministeriale, il quale ne era e
ne è tuttora del tutto incapace.
Come si sarebbe dovuto fare,
invece?
Si sarebbe dovuto affidare il
compito di realizzare la rete a un consorzio di grandi operatori
privati - che avrebbero potuto creare la rete in pochi mesi, a costo
zero per lo Stato - lasciando al ministero solo compiti di controllo e
vigilanza.
Ma questo non avrebbe rischiato di
rafforzare ulteriormente il loro potere oligopolistico?
Al contrario, se la rete fosse
stata attivata, col vincolo per tutti gli operatori di mettere le
informazioni in linea in tempo reale, essa avrebbe consentito anche a
operatori relativamente piccoli, oltre che agli uffici pubblici (fino ad
allora inefficientissimi), di prendere piede nel mercato, immettendosi
nel flusso delle informazioni "buone".
Ma anche agendo, almeno in parte,
come "terminali" degli operatori più grandi.
Non c’è nulla di male in
questo. Nel mercato del lavoro più le informazioni circolano meglio è:
questo è il solo interesse pubblico che conta. Una rete di questo
genere renderebbe visibili, trasparenti, i grandi flussi di
informazioni, di incontri fra domanda e offerta di lavoro, che oggi
nessuno conosce, se non i grandi operatori privati.
E adesso che cosa accadrà del SIL?
Se ho ben capito,
l’intendimento del Governo è di affidarne la realizzazione alla
società "Italia Lavoro", interamente controllata dal
Governo stesso. Certo, è meglio "Italia Lavoro" che i
burosauri del ministero; ma non mi sembra un passo avanti decisivo. Solo
chi fa il mestiere della mediazione fra domanda e offerta di lavoro su
larga scala da decenni può realizzare una rete di questo genere e farla
funzionare in modo efficiente.
Dunque, il centro-destra sta
commettendo un errore analogo a quello che commise il centro-sinistra?
Per quel che riguarda il SIL
direi proprio di sì. In questo campo l’amministrazione pubblica ha
tutto da imparare dalle grandi imprese private del settore; finché non
avrà imparato a gestire i servizi al livello di efficienza dei privati,
farebbe bene a riservarsi una funzione di controllo, lasciando fare il
mestiere del collocamento dei lavoratori a chi lo sa fare davvero.
Non c’è il rischio che in questo
modo si sviluppino soltanto i servizi di collocamento per le alte
qualifiche, più redditizie per gli operatori privati, e le basse
qualifiche restino prive di assistenza?
Oggi una rete capillare ed
efficiente di servizi di collocamento manca sia per le fasce alte,
sia per le basse. Se si sviluppano servizi efficienti per le fasce alte,
questo non fa alcun danno ai lavoratori delle basse, non toglie loro
nulla rispetto alla situazione attuale. Io, poi, non sono affatto
convinto che gli operatori privati non siano interessati a offrire
servizi anche per le fasce basse. In ogni caso, Stato e Regioni
potrebbero fare moltissimo per incrementare i servizi di collocamento
per le fasce basse, non soltanto cercando di fornirli in proprio, ma
anche offrendo contributi pubblici e premi ai privati che si
impegnassero su questo terreno.
Che cosa pensa dei nuovi tipi
contrattuali introdotti dalla 848 ("staff leasing" o
interinale senza limiti di tempo, "job sharing" o contratto
sottoscritto in solido da due o più lavoratori e "job-on-call"
o contratto a chiamata) ?
Staff leasing e job
sharing sono due figure già
di fatto operanti nel nostro sistema: se verranno regolate bene questo
potrà solo aiutare il mercato del lavoro a funzionare meglio. Ho invece
qualche perplessità sul job on call, o "lavoro a
chiamata".
Perchè?
In linea generale, non mi
convince la proliferazione di nuove figure contrattuali a termine.
Sarebbe meglio avere un’unica figura di contratto a termine
disciplinata in modo tale da lasciare meno spazio alla discrezionalità
del giudice (rispetto a quanto previsto dal DGLS decreto legislativo n.
368/2001) e che dia maggiore certezza a datori e prestatori di lavoro.
Per il resto, io sono convinto che la flessibilità del diritto del
lavoro vada perseguita col ridurre la rigidità dei contratti
permanenti piuttosto che con l’introduzione di nuovi tipi di lavoro
precario.
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