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07.11.2004
Finanziaria, guai
ai poveri
di Livia Turco
Aprire un asilo nido o ristrutturare una strada? Prevedere l'insegnante di
sostegno per i ragazzi disabili oppure una stagione teatrale? È il dilemma su
cui si dibattono i nostri sindaci. Un dilemma semplicemente pazzesco che
costituisce però una metafora molto concreta e significativa degli esiti del
governo Berlusconi. Da un lato promette la riduzione delle tasse, dall'altro
obbliga i sindaci a diventare i becchini dello Stato sociale.
Nella legge finanziaria che si sta discutendo, infatti, vengono ulteriormente
decurtate le risorse stanziate del Fondo Nazionale per le politiche sociali.
E
Si tratta, dunque, non di un semplice contenimento della spesa, ma di un taglio
che bloccherà la crescita. A ciò si aggiungano i 4 miliardi di euro che mancano
alla sanità pubblica per finanziare i livelli essenziali di assistenza. Vengono
ridotti i fondi per gli investimenti necessari per l'ammodernamento tecnologico
delle strutture sanitarie e non viene prevista nessuna iniziativa per lo
sviluppo e la riorganizzazione della sanità nel Mezzogiorno. Bisogna dunque
reagire, con una mobilitazione adeguata: dei cittadini, delle famiglie e di
tutti i “mondi” sociali e della “grande” politica.
Infatti, non c'è ancora abbastanza consapevolezza di che cosa significhi la
distruzione di quello che abbiamo chiamato welfare locale e della sua rete
integrata dei servizi alle persone ed alle famiglie. Che si accompagna
all'indebolimento ed al rischio di frantumazione del sistema sanitario pubblico
per via del mix tra sottofinanziamento e devolution.
Welfare locale e rete integrata dei servizi sono anzitutto opportunità concrete
come i servizi per l'infanzia, il centro diurno per gli anziani, l'inserimento
lavorativo per le persone disabili che sono di aiuto e sostegno alle persone ed
alle famiglie e ne migliorano la qualità della vita. Sono opportunità che
favoriscono la socialità e cercano di attivare in tutte le persone, a partire da
quelle più fragili, le proprie capacità consentendo loro di dare un contributo
alla vita della comunità. Sono opportunità che promuovono e rendono concreta la
cittadinanza.
Il welfare locale e la rete integrata dei servizi alle persone ed alle famiglie
si sono proposti anche obiettivi più ambiziosi del semplice sostegno a chi è in
difficoltà. Come è indicato nella legge quadro sulle politiche sociali, la
328/2000 (quella che ha sostituito la legge Crispi del 1870) per creare equità e
cittadinanza bisogna puntare alla promozione del benessere. “Stare bene insieme,
stare bene tutti” è l'obiettivo cui deve tendere una moderna politica di welfare.
Per essere capace di prevenire le sofferenze, i disagi, le povertà.
Questo obiettivo si può conseguire con un forte ruolo del soggetto pubblico, in
particolare l'Ente locale, supportato però dalla Regione e dal Governo. Ruolo
che si sostanzia nello stanziamento adeguato di risorse, ma soprattutto nella
capacità di adottare un metodo: quello di avere fiducia in tutte le risorse
umane, economiche, sociali e culturali presenti in un determinato territorio e
di sollecitarle ad assumersi le loro responsabilità nei confronti della salute e
del benessere delle persone.
Una sorta di “arte maieutica” per tirare fuori competenze, risorse, doti morali
e per orientarle alla promozione del benessere delle persone.
Per questo l'Ente locale scopre la necessità di progettare e di realizzare la
sua rete di servizi con: gli operatori, la famiglia, il volontariato,
l'associazionismo, il mondo delle imprese.
I “piani di zona” della 328/2000 dove hanno funzionato è perché hanno saputo
sprigionare questa creatività sociale. Il welfare locale e la rete integrata dei
servizi hanno, dunque, messo in campo una straordinaria ed inedita forma di
partecipazione democratica.
Si è così reso evidente che i servizi alle persone non sono solo prestazioni, ma
sono, ad esempio: la capacità delle persone di stare in compagnia; il recupero
di una piazza della città non solo per renderla bella, ma per consentire alle
persone di incontrarsi in essa e di stare bene insieme; la ristrutturazione di
un quartiere degradato a partire dai diritti dei bambini; la costruzione di un
condominio prevedendo anche un asilo nido.
Insomma c'è una produttività del sociale che andrebbe misurata nella sua
capacità di produrre reddito e di concorrere alla formazione del PIL.
Sempre più, non a caso, si parla di politiche sociali come politiche di
sviluppo. Intendendo con tale espressione che gli investimenti finanziari e le
risorse stanziate a favore della salute, dell'istruzione e del benessere delle
persone non sono un costo, ma appunto un investimento altamente produttivo che
contribuisce a rendere più competitiva la nostra economia perché investe su
quella che è la sua risorsa fondamentale: la persona umana.
È sempre più chiaro infatti che l'obiettivo cui devono tendere l'Italia e
l'Europa è la promozione dello “sviluppo umano” in cui la persona è al contempo
il fine ed il mezzo della crescita e dello sviluppo.
Ciò significa che le politiche pubbliche per la salute, la formazione ed il
benessere delle persone devono essere considerate il motore dello sviluppo
economico e sociale.
D'altra parte sappiamo che un territorio per recuperare competitività deve saper
attrarre investimenti e capitali e per fare questo è necessario un ambiente
sociale accogliente, dunque dotato di buoni servizi sociali. E di buoni servizi
per la salute.
L'esperienza di tante famiglie e di tanti operatori ci dice che solo una rete
integrata di servizi può consentire a ciascuna persona di recuperare le sue
capacità, di vivere in un contesto di socialità, di dare un suo contributo agli
altri; di essere di sollievo alle famiglie.
La rete dei servizi e non i bonus e i voucher, non la monetizzazione del bisogno
può consentire di realizzare l'obiettivo dello “star bene insieme, star bene
tutti”.
Alla luce di queste considerazioni risulta ancora più iniqua la proposta fiscale
del governo: non solo perché premia i più ricchi, ma perché sottrae le risorse
per sviluppare quella fondamentale intelaiatura sociale che è appunto costituita
dalla rete dei servizi sociali, la quale, non dimentichiamolo, è ogni giorno
animata dalle competenze, dalle professionalità, dalla passione, dall'etica del
dono di tanti medici, operatori, volontari, famiglie. Un colpo al welfare locale
ed al Servizio Sanitario Nazionale, pubblico, universalistico e solidale è un
colpo grave al tessuto di cittadinanza e di solidarietà più profondo e solido
che esiste nel nostro Paese.
Dunque la partita che si sta giocando sugli Enti locali e sul Fondo Sanitario
Nazionale riguarda il cuore di un moderno welfare, chiama in campo non solo il
valore dell'equità e la tutela dei ceti più deboli, ma quello della cittadinanza
e della qualità dello sviluppo.
Per questo i sindaci, gli amministratori locali, i presidenti delle giunte
regionali non possono essere lasciati soli, ma devono vedere una mobilitazione
degli operatori, dei volontari, dei cittadini e delle famiglie. E devono vedere
in campo la politica, quella con la P maiuscola. È ora che si capisca che un
servizio sociale conta quanto un'autostrada o un investimento nel software
perché tante volte da esso dipende la possibilità di una persona fragile di
aumentare la propria dignità, di sprigionare la sua creatività e di diventare
produttiva alla società.
Noi faremo la nostra parte. Facendo vivere nel Paese, tra le persone, le
proposte di governo che abbiamo elaborato ed alcune delle quali - come la legge
D'Alema sulla sanità nel Mezzogiorno e la legge che istituisce un fondo per le
persone anziane non autosufficienti - sono già iscritte nell'agenda
parlamentare.
Proposte di governo che ruotano attorno ad un'idea forza: costruire una
solidarietà tra le generazioni.
Le voglio elencare: la riforma degli ammortizzatori sociali e la Carta dei
diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, perché la buona e piena occupazione
resti la priorità per una vita dignitosa; il Reddito Minimo di Inserimento per
chi è in condizioni di povertà; la legge quadro a sostegno delle responsabilità
familiari; le leggi per i diritti dell'infanzia e per i servizi socio educativi;
le leggi a sostegno del volontariato e del no profit.
Queste leggi rappresentano l'intelaiatura di un vero e proprio secondo pilastro
della politica di centrosinistra. Accanto alla politica economica.
Ma il benessere delle persone non è solo questione di leggi e di risorse, ma
anche di qualità della politica. Una politica delle persone per le persone.
Ed allora conta molto la sua capacità di costruire legami forti con le persone,
dimostrando di essere al contempo umana ed utile.
Per questo abbiamo lanciato la proposta di costituire in ogni federazione il
Forum sociale dei Ds e la Casa dei diritti sociali.
Una proposta che vogliamo discutere e costruire durante i nostri congressi.