Se alla fine del mese i
conti tornano, è grazie all’appartamento alla periferia di San Donà di
Piave, provincia di Venezia (due stanze da letto, cucina, salottino e
bagno) acquistato quando ancora si riusciva a mettere da parte qualcosa,
nonostante ci fossero i figli da crescere. «Avessimo l’affitto da
pagare, oggi faremmo la fame», attacca Ivana, 65 anni, una vita senza
stare mai ferma, prima nei campi dietro al padre («I miei erano contadini»),
poi in casa dietro ai figli («Due, un maschio e una femmina, che adesso
hanno una famiglia loro»). Una vita di fatiche e niente pensione, «perché
io non ho mai lavorato», riassume candida lei, che per «lavoro» intende
solo quello che fa portare a casa lo stipendio. Così Ivana e il marito
Giannino, 72 anni, vivono con la pensione di lui, che una volta faceva il
muratore: 700 euro al mese, sotto gli 814 euro che l’Istat ha fissato
come soglia di povertà. Per le statistiche, Ivana e Giannino sono
indigenti. Mai una vacanza, mai un pranzo fuori. Mai un cinema: «In 43
anni di matrimonio - riprende lei - al cinematografo non ci sono andata
neppure una volta. I film li guardo alla televisione, la pizza è un sogno».
L’arredamento è lo stesso di quando si sono sposati: «Al solo pensiero
di quanto costano i mobili, mi viene da star male». Un vestito, un paio
di scarpe, una crema? Lei ride nervosa: «Neanche con i saldi, ma sono
brava con l’ago e ogni tanto mi cucio qualcosa. Lo faccio anche per gli
altri: lavoretti così, senza farmi pagare. Qualcuno mi porta due uova,
mezzo pollo, un cesto di albicocche».
Fino a metà mese i conti quadrano. Poi, quando nel borsellino restano sì
è no 100 euro, si chiude: «Basta supermercato: mi arrangio con quello
che ho in casa ed è una pena, perché mio marito, con tutto quello che ha
patito, avrebbe bisogno di mangiare bene. Invece è un sacrificio dietro
l’altro. Il poco denaro che ci avanza se ne va tutto per comprare le
medicine». Parecchie: Giannino ha superato due ictus e un’operazione
chirurgica, adesso, per reggersi in piedi, prende 15 pastiglie al giorno.
«Alcune le passa la mutua, altre no - racconta -. Poi ci sono le ricette:
1 euro ciascuna, ogni volta che si va dal dottore sono 7-8 euro tutti
insieme». Quando i conti di casa «saltano», dà una mano la Caritas.
Per le bollette (luce, gas, acqua, telefono), Ivana mette da parte 300
euro al mese: «E dire che facciamo economie su tutto: telefonate poche e
il riscaldamento l’accendiamo solo qualche ora dopo pranzo, quando
l’inverno è freddo». Non hanno l’auto e anche il vecchio motorino è
stato venduto quando sono cominciati gli acciacchi. «Se vogliamo vedere i
nostri cinque nipoti, aspettiamo che vengano loro a trovarci. Se capita
un’emergenza, a correre è nostra figlia. Tiriamo avanti così e ne
conosco altri ridotti come noi, brava gente che non è mai stata con le
mani in mano. Quando incontro le amiche, fuori, per la spesa, ci scappa
sempre la stessa domanda: ma ti sembra vita, questa?».
E’ stabile il livello di povertà in Italia nel 2001 secondo l’annuale
rapporto dell’Istat. Le famiglie in condizioni di povertà «relativa»
sono il 12% (12,3% nel 2000) rispetto alle famiglie residenti: 2 milioni
663 mila famiglie oppure 7 milioni 828 individui (13,6% della popolazione)
che non possono spendere più di 814,55 euro mensili (810,21 nel Duemila).
Aumentano le differenze tra Centro-Nord e Sud. La povertà assoluta tocca
il 4,2% delle famiglie (940 mila), pari a 3 milioni e 28 mila individui.
Al primo posto c’è la spesa per l’abitazione e l’energia (250 ). Al
secondo, l’esborso per i generi alimentari: 172,68 . Solo 47,24 per il
«tempo libero», poco più di due caffè al giorno. Daniela Monti
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