PER quanto ingegnose
siano le statistiche, la misura del fenomeno "povertà" nelle
società moderne è impresa difficile. Paradossalmente, era più facile
conoscere il numero e le caratteristiche dei poveri nell´Inghilterra
Elisabettiana, quando la legge ne affidava il sostentamento alle
parrocchie, di quanto non lo sia nella società della information
technology. Allora si lottava per la sopravvivenza, oggi si lotta,
soprattutto, per non essere "esclusi" da una società che cambia
velocemente.
I
poveri nascosti del terzo millennio
Una società che
lascia indietro chi ha meno frecce al suo arco – meno denaro,
istruzione, salute, sostegni familiari, conoscenze, adattabilità. Si usa
dire che la povertà è "multidimensionale" nel senso che la sua
fisionomia è complessa e non può essere adeguatamente rappresentata da
un singolo indicatore.
Questa è la teoria: ma nella pratica ci si contenta di definire la povertà
prendendo in considerazione il metro monetario, in genere l´ammontare del
reddito o la spesa per consumi delle famiglie. L´indagine del 2001
conferma caratteristiche ben conosciute della povertà, rimaste
relativamente stabili nell´ultimo ventennio: l´incidenza è maggiore nel
Mezzogiorno, tra le famiglie con anziani, tra quelle con molti figli,
quando si è in cerca di occupazione o si ha un basso grado di istruzione.
Ma osservando i dati con attenzione si possono ricavare considerazioni
meno ovvie. Per esempio la distanza tra il Mezzogiorno, dove una famiglia
su quattro è povera, e il resto del paese nel quale il rapporto è di uno
a sedici, si è allargata nel tempo, con un ulteriore peggioramento nel
2001 sul 2000, a conferma che la parte più debole del Paese ha pagato un
alto tributo al modesto sviluppo dello scorso anno.
L´incidenza della povertà aumenta fortemente al crescere dei membri del
nucleo familiare, particolarmente se sono presenti figli minori e la
forbice si è fortemente accresciuta nel 2001. Man mano che le famiglie si
sono modernizzate e snellite – un processo che dura da un secolo – la
società ha risposto calibrando istituzioni, strutture, spazi, sul modello
della famiglia ridotta. Le famiglie numerose, o relativamente numerose, si
ritrovano spesso in condizioni di difficoltà, come è facile constatare
nell´esperienza quotidiana. Ciò incoraggia le famiglie piccole e
penalizza quelle più numerose, oramai rare nel Centro-Nord, e più le
famiglie rimpiccoliscono, più la società si attrezza per loro
trascurando le altre. Senza robusti correttivi il processo si
autoalimenta. E´ invece confortante constatare che nonostante il forte
processo d´invecchiamento, la povertà tra gli anziani (i cui consumi, a
parità di condizioni, tendono a essere più moderati di quelli dei più
giovani) è abbastanza contenuta e di appena un paio di punti superiore
alla media.
Un notevole interesse ha anche la valutazione della povertà
"assoluta", che riguarda le famiglie le cui risorse non sono
sufficienti ad acquistare un "paniere" di beni e servizi minimo
e indispensabile per sopravvivere in modo socialmente accettabile. In
condizione di povertà assoluta si trovano 940mila famiglie e circa 3
milioni di persone, per oltre tre quarti residenti nel Mezzogiorno. E´
preoccupante constatare che negli ultimi cinque anni la povertà assoluta
sia rimasta invariata nonostante che il "paniere" sia rimasto lo
stesso e la collettività abbia progredito. Si tenga conto poi che l´indagine,
per modalità di esecuzione, non può raggiungere una quota di popolazione
nella quale prevalgono condizioni di estrema povertà: persone senza fissa
dimora o in abitazioni precarie; immigrati arrivati di recente; solitari
di salute malferma. Una massa che ammonta sicuramente a qualche centinaio
di migliaia di persone difficilmente raggiungibili dai tradizionali
strumenti di sostegno.
Quali sono le politiche di questo governo sulla povertà? Per ora la
direzione di marcia non è incoraggiante: per esempio il Patto per l´Italia
sembra cancellare il promettente esperimento del Reddito Minimo di
Inserimento (Rmi) che ha riguardato 300 comuni nella passata legislatura,
e che offriva sostegno economico (e programmi attivi di integrazione
sociale quando opportuno) a soggetti impossibilitati a provvedere a se
stessi o ai familiari. Una misura molto civile, da estendere all´intero
territorio, destinata a quel nucleo persistente di poveri non coperti dal
nostro sistema di welfare-colabrodo. Ma questo esperimento sarebbe ora
quasi abbandonato dal governo e trasferito a programmi regionali con la
conseguenza – come notano gli economisti del periodico elettronico
"La voce" – di sopravvivere nelle regioni ricche e di sparire
in quelle povere del Mezzogiorno nelle quali risiedono tra i due terzi e i
tre quarti dei poveri. Né questi, che hanno un reddito talmente basso da
non pagare tasse, sono beneficiati dalla riforma fiscale che riduce le
aliquote per i bassi redditi e annunziata come misura antipovertà.
Rapporto Istat 2002: al Sud in difficoltà il 24,3% dei
nuclei familiari. Sta peggio chi è anziano
Otto milioni di nuovi poveri
vivono con 800 euro al mese
E il 4 %
delle famiglie è in condizioni d´indigenza
Si allarga il divario tra chi vive nelle regioni del Centro e del Nord con
il resto del Paese
Migliora la condizione dei single. Complicato far quadrare il bilancio per
le coppie con 3 figli
ROMA - E´
sostanzialmente stabile la soglia di povertà del nostro Paese nel 2001.
Si fanno però più nette le differenze tra Centro-Nord e Sud: con un
lieve miglioramento per le regioni centro-settentrionali e un Mezzogiorno
fanalino di coda che non riesce ad emergere da una situazione di disagio.
E´ quanto risulta dal rapporto «La povertà in Italia nel 2001»
presentato ieri mattina dall´Istat che rileva come nello scorso anno
circa 2 milioni 663.000 famiglie (pari al 12% del totale delle famiglie
residenti) abbiano vissuto in condizione di povertà relativa (il 12,3%
nel 2000), per un totale di 7.828.000 individui (13,6% dell´intera
popolazione). La distribuzione delle famiglie povere secondo l´Istat:
534.000 al Nord (20,1%), 363.000 al Centro (13,6) e 1.766.000 al Sud
(66,3%); significa che le persone povere sono: al Nord 1.339.000 (17,1%),
al Centro 1.057.000 (13,5%) e al Sud 5.432.000 (69,4%). Così l´incidenza
della povertà che a livello nazionale arriva al 12% è al Nord 5 %, al
Centro 8,4% e a Sud 24,3%. «Povertà relativa - spiega la dottoressa
Nicoletta Panunzi dell´Istat - è calcolata sulla spesa media mensile
pro-capite per una famiglia di due componenti. Nel 2001 è risultata pari
a 814,55 euro. A questa si contrappone la povertà assoluta calcolata sul
valore di un paniere di beni e servizi indispensabili come cibo, sanità,
abbigliamento, che nel 2001 è pari a 559,63 euro per una famiglia di due
persone». Secondo l´indagine nello scorso anno sono state sotto la
soglia della povertà assoluta 940.000 famiglie (pari al 4,2%) e 3.028.000
individui (pari al 5,3%). Nel Mezzogiorno l´incidenza è stata del 9,7%
mentre nel Centro e nel Nord è stata pari rispettivamente a 2,3% e a
1,3%.
«La novità - spiega Panunzi - è un allargamento della forbice con il
Centro che si avvicina al Nord diminuendo entrambi la soglia di povertà e
un Sud dove aumenta». Il 66% delle famiglie sotto la soglia della povertà
relativa risiede nel Mezzogiorno, dove si registra una maggiore
concentrazione del fenomeno per le famiglie assolutamente povere che sono
il 75,1%. La povertà colpisce soprattutto le famiglie numerose con tre o
più figli (circa 25%, 36% concentrate al Sud)), quelle che hanno un
anziano in casa (13,8%). Migliora invece la condizione dei single e delle
coppie con uno o due figli. Mentre a livello nazionale non fa nessuna
differenza se il capo famiglia è uomo o donna, la situazione cambia per
il Mezzogiorno dove il 25% dei nuclei con a capo una donna sono poveri.
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