DuE FIGLICIDI IN UNA SETTIMANA, due penosi
delitti compiuti da madri che pure ricevevano aiuto
psichiatrico dalle strutture pubbliche, hanno indotto il
ministro della Salute, Girolamo Sirchia, a dire qualcosa in
tema di riforma psichiatrica. Con la bonomia un po' distratta
che caratterizza certe politiche sociali del Polo, Sirchia ha
annunciato l'apertura di "sportelli di quartiere",
dove le famiglie dovrebbero trovare finalmente ascolto e
aiuto. Ma gli sportelli sono piombati sugli addetti ai lavori
- anche su quelli della Casa delle libertà - con lo stesso
effetto delle 800 mila dentiere gratis promesse il giorno dopo
agli anziani senza denti: seduzioni di stampo berlusconiano.
Intanto si colpisce l'immaginazione, poi si vedrà.
Infatti, guardando oltre lo slogan, si scopre che ad
"ascoltare il disagio" dovrebbero essere i soliti
volontari (che vuol dire costo zero ma anche competenza zero),
i quali non farebbero altro che dirottare i disagiati ai
servizi territoriali, che restano gli stessi che non avrebbero
saputo aiutare le due disgraziate madri di Sondrio e di Imola.
Anche i finanziamenti sarebbero stornati da quel 5 per cento
che è già la quota della spesa sanitaria regionale
indirizzata alla psichiatria. Un gioco delle tre carte,
insomma, che lascia semplicemente le cose come stanno. In
realtà il lancio della nuova e suggestiva parola d'ordine
serve soprattutto a guadagnare tempo su una questione che il
Polo aveva promesso di risolvere in un lampo e che invece si
sta dimostrando tra le più spinose: la riforma della legge
180 o, meglio, la controriforma psichiatrica.
Quattro proposte di legge si confrontano da mesi in
Parlamento, nella commissione Affari sociali. Ma solo quella
che fa capo a Forza Italia e porta la firma di Maria Burani
Procaccini ha le carte in regola per arrivare all'esame delle
Camere. Tre stanno lì a mera testimonianza: quella del
leghista Alessandro Cé che affianca quasi in tutto la prima;
quella di Paolo Cento dei Verdi che difende quasi in tutto la
180; quella del medico forzista Furio Gubetti, che ripropone
un testo presentato con gran fracasso dal primo governo
Berlusconi (e che all'epoca si avvalse dell'apporto mediatico
di Vittorio Sgarbi, ora assorbito da compiti più consoni, e
di Alessandro Meluzzi, ora disperso in una crisi mistica).
Due i punti caldi che rischiano di riaprire una vecchia guerra
di religione. La possibilità di un ricovero del malato su
richiesta di «chiunque ne abbia interesse» e l'apertura di
reparti di lungodegenza, chiamati Sra (Strutture residenziali
con assistenza continuata) per almeno 50 mila posti letto.
Roba che scotta e che, secondo alcuni, riporta indietro la
visione della malattia mentale di oltre un secolo, quando si
conoscevano solo coercizione e custodia. Come se intanto non
ci fossero stati Foucault nella letteratura e Basaglia nella
pratica, le psicoterapie che hanno preteso di andare incontro
all'altro e gli psicofarmaci che hanno sedato senza legacci.
Anche se il trattamento d'urgenza avrà una durata di sole 72
ore e avrà bisogno della convalida di uno psichiatra, quel
"chiunque" richiama immagini perse nel tempo: un
nipote che deve liberarsi per un po' di un vecchio zio per
questioni di eredità, un amante che si vendica di un'infedeltà,
un vicino che non sopporta più la prossimità dell'angoscia.
Figure che hanno popolato per decenni i vecchi manicomi,
persone più o meno malandate che entrarono un giorno per
uscirne male o mai più. Basterà uno psichiatra compiacente,
dicono gli allarmisti, e per 72 ore ciascuno di noi potrebbe
essere messo fuori gioco.
Sulle residenze protette, invece il problema sembra meno
grave. Neanche i più fedeli osservanti della 180 si
nascondono che la controriforma è già stata fatta e che
alcune migliaia di quei malati dismessi d'ufficio dai manicomi
stanno già altrove, in cliniche convenzionate che possono
avere 30, 50, o chissà quanti posti letto. Rispondere a colpi
di ideologia a chi ha già vinto sul piano della realtà
appare finalmente inutile. L'esperienza di 24 anni di pratica
psichiatrica riformata ha fatto bene a tutti e non si trova
nessuno che neghi l'utilità di contenimento anche prolungato
per chi proprio di questo ha un disperato bisogno. L'accento
deve spostarsi semmai sulla qualità e la scelta della cura,
grande assente nella riforma di Forza Italia.
Senza dimenticare il business che si sta già organizzando,
con il travestimento in cliniche psichiatriche di tristi
cronicari, in cui assemblare adulti e anziani, giovani al
primo episodio psicotico e vecchi consumati dall'Alzheimer. È
un processo ampiamente cominciato, con punte esemplari come
quella di Catania dove -come denuncia Maria Grazia Gianichedda
di Psichiatria democratica - la Regione Sicilia ha finanziato
il camuffamento di ben 900 posti letto. Sarà quindi uno
scontro sulle cose e non più sulle bandiere, quello prossimo
venturo intorno alla gestione della follia. Anche se è forte
la tentazione di dare una lezione ideologica, il governo deve
fare i conti con schieramenti resi complicati dai tempi. Come
l'ostracismo già ventilato di Giulio Conti, medico e deputato
di An, che in commissione Affari sociali ha detto in sintesi:
mi dispiace, la destra sociale non ci sta.
30.05.2002
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