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La via giudiziaria alla chirurgia tumorale
in Il Riformista 21 maggio 2003
La procura di Milano da ieri indaga su Umberto Veronesi, accusato di lesioni colpose da una ex paziente di Savona, operata per tumore al seno nel 1999. Le notizie a disposizione sono ancora poche, ma il caso impone una riflessione preventiva. Perché se l'inchiesta non si risolvesse rapidamente in una bolla di sapone, come tutti si augurano, allora ci troveremmo di fronte a un precedente pericoloso.
Veronesi è accusato di aver effettuato un intervento chirurgico troppo «blando», che non sarebbe riuscito a evitare l'insorgere di una recidiva e avrebbe costretto la paziente a un secondo intervento.
Paradossalmente, quindi, l'inchiesta sembra trasformare in una colpa quello che l'intera comunità scientifica riconosce come il contributo fondamentale di Veronesi.
L'ex ministro della sanità, infatti, non è soltanto uno dei massimi specialisti mondiali di tumore al seno, ma è anche considerato uno dei padri della chinirgia conservativa. Quella che tende a minimizzare gli interventi invasivi come la mastectomia totale per preservare il più possibile il seno, e con questo l'integrità fisica e psicologica della donna. fl tempo gli ha dato ragione, perché la filosofia del «minimo trattamento efficace» al posto del «massimo trattamento tollerabile», dopo qualche resistenza iniziale si è affermata in tutto il monda Lo scorso novembre il New England Journal of Medicine ha consacrato la tecnica inventata da Veronesi - la quadrantectomia - come il trattamento d'elezione per i tumori di piccole dimensioni. D tasso di recidive è leggermente più alto, ma a 20 anni di distanza dall'operazione le pazienti sottoposte a quadrantectomia hanno lo stesso tasso di sopravvivenza di quelle che hanno subito interventi chirurgici mutilatori. E le donne che grazie a questa tecnica riescono a salvare il proprio seno sono 300.000 ogni anno.
Chiedere a un chirurgo di effettuare un intervento radicale quando esistono tecniche più mirate di pari efficacia, come sembra voler fare chi ha sporto denuncia, è un controsenso. Quasi un tentativo di violenza al codice deontologico operato per via giudiziaria. Negli ultimi anni le denunce di malprac-t
ìce a carico dei medici sono andate aumentando, e prima che questa tendenza si consolidi forse dovremmo porci una domanda. Vogliamo andare verso un'americanizzazione del settore sanitario, che spinga i medici a praticare un intervento rischioso soltanto se possono contare su un'assicurazione che li copra dal rischio di un'eventuale causa in tribunale? B