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RIFORME: DALLA CAMERA IL PRIMO OK ALLA DEVOLUTION DI BOSSI
(ASCA) - La Camera dei deputati ha approvato la riforma costituzionale federalista della Cdl, che ora passa al Senato per completare (se approvata senza modifiche) la prima delle due deliberazioni successive con intervallo non inferiore a tre mesi, previste dall'articolo 138 della Costituzione.
I Si' sono stati 295, i No 202 e 9 gli astenuti. I deputati presenti erano 506, i votanti 497, la maggioranza era di 249. Per il completamento del cammino di approvazione occorreranno dunque almeno altre tre votazioni: al Senato, prevedibilmente entro il mese di febbraio del prossimo anno, e altre due approvazioni da parte di Camera e Senato. Se in questo percorso dovesse essere apportata una modifica - anche piccola - al testo, si ricomincia da capo. E' il caso prevedibile del prossimo esame del Senato dove gia' si parla di un 'rialzo' a 40 anni della soglia per l'elezione a senatore che la Camera ha invece abbassato a 25 anni. Altro punto che dovrebbe richiedere un intervento e' quello della controfirma o meno di una serie di atti del presidente della Repubblica, un articolo che la Camera ha bocciato con un voto a sorpresa per il dissenso di An che si e' unita all'opposizione.
Ammesso che all'inizio del prossimo anno il Senato approvi il testo in modo conforme, se durante la seconda lettura dovesse essere apportata una modifica, dalla Camera o dal Senato, si torna indietro per ristabilire le due deliberazioni successive sullo stesso testo. L'approvazione, come prevede l'articolo 138 della Costituzione, e' comunque condizionata ad un referendum popolare confermativo che puo' essere evitato solo ''se la legge e' stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti''.
''Piu' che la rottura dell'unita' nazionale, nel futuro del Paese c'e' uno Stato disorganizzato e paralizzato, incapace di governare i processi politici, economici e sociali''. E' il quadro fosco delineato da Stefano Ceccanti, docente di diritto costituzionale all'Universita' 'La Sapienza' di Roma ed esperto di sistemi elettorali. Il perche' della bocciatura senza appello della riforma costituzionale voluta dalla maggioranza e' spiegato da Ceccanti che, intervistato dall'Agenzia Asca, indica nel referendum la sola via per evitare quello che definisce un autentico disastro del Paese. D - Qual e' la sua valutazione complessiva sul progetto, nella versione finale approvata?. CECCANTI - ''Direi che e' difficile anche per lo studioso meno prevenuto esimersi da una chiara bocciatura. Qualche limitata correzione di segno positivo e' avvenuta in quest'ultimo passaggio, come il sostanziale svuotamento della devolution e alcuni interventi sugli elenchi di materie del Titolo Quinto (piu' spazi al centro in materia di telecomunicazioni, energia, infrastrutture). Ma la correzione al rapporto centro-periferia ha finito con l'essere eccessiva, ricadendo in un chiaro centralismo: avendo sommato alla possibilita' di ricorso alla Corte, la riproposizione della clausola di interesse nazionale giustamente eliminata dal centrosinistra dal Titolo Quinto e un'amplissima clausola di supremazia. Tira proprio una brutta aria di restaurazione centralista!.
Non e' del resto un caso se a fianco di questi interventi sulla Costituzione formale si accompagnino interventi piuttosto discutibili sugli Statuti regionali: si impugnano quelli delle Regioni di colore politico opposto (Toscana, Umbria, Emilia), mentre si lascia passare quello della Regione Lazio, approvato in modo manifestamente irregolare. E' vero che alla fine decidera' la Corte e i ricorsi si riveleranno un boomerang, ma nel frattempo l'iter di quegli Statuti e delle conseguenti leggi elettorali rischia di non terminare in tempo per la scadenza del 2005, con grave danno per i cittadini''. min/min (segue) RIFORME: CECCANTI, DAL PREMIERATO FORTE AL PREMIERATO 'VETOCRATICO' (2) (ASCA) - Roma, 15 ott - D - Uno dei punti piu' contrastati e' stato quello del governo del primo ministro definito in termini di 'premierato assoluto' o piu' sarcasticamente di 'silvierato'. Cosa ne pensa?. CECCANTI - ''Per quanto riguarda il premierato il testo stabilizza si' la maggioranza per la legislatura, ma coi paradossi per cui un premier con pochissimi deputati che continuino ad appoggiarlo finisce col rendersi insostituibile impedendo l'ascesa di un successore e, per altro verso, segretari di piccoli partiti possono minacciare non solo la crisi di Governo, ma quella della legislatura. Viene insomma costituzionalizzata una stabilita' fondata sui ricatti reciproci all'interno della maggioranza vincente, una sorta di ''Premierato vetocratico'', cioe' una somma di poteri di veto. Alla somma di quelli presenti alla Camera dentro la maggioranza vincente si aggiungono poi quelli del Senato, un'assemblea costruita ad arte non per completare il federalismo, ma per impedire la governabilita' con una sorta di micro-consociativismo con senatori, singoli e raggruppati''. D - Quali possono essere le conseguenze?. CECCANTI - ''A me sembra che si vada ad una scissione tra l'efficienza proclamata e l'ingovernabilita' causata dalla somma dei poteri di veto presenti nel sistema. Non avendo peraltro varato un effettivo Statuto dell'opposizione ed efficaci contropoteri in chiave alternativa, ultimo caso il rifiuto di abbassare il quorum per i referendum a un livello raggiungibile, il sistema tendera' a chiudersi a riccio in dinamiche microconsociative, ove esse sono possibili, ovvero al Senato, che non puo' essere sciolto anticipatamente ne' ricondotto a disciplina con la questione di fiducia. Qui, piu' che nel rapporto centro-periferia, si colloca anche la questione dei costi della riforma perche' i veti si potranno rimuovere solo con una maggiore quota di spesa pubblica verso i gruppi di veto interni alla maggioranza della Camera e in tutto il Senato''. min/min (segue) RIFORME: CECCANTI, DAL PREMIERATO FORTE AL PREMIERATO 'VETOCRATICO' (3) (ASCA) - Roma, 15 ott - D - Ma qual e' il punto di maggior sofferenza?. CECCANTI - ''Quello che rimane il vero buco nero e' il procedimento legislativo. La norma di chiusura introdotta nell'art. 70 inserisce il Capo dello Stato nello snodo decisivo del sistema, dandogli un potere di piena discrezionalita' politica. Il Presidente della Repubblica puo' consentire al Governo di superare l'ostacolo del Senato, decidendo sovranamente se una legge sui principi fondamentali delle materie concorrenti e' o no 'essenziale per l'attuazione del programma'. Deve quindi prendere come parametri le dichiarazioni politiche del programma e valutare l''essenzialita'' di quella legge per il programma, cioe' quanto e come e' politicamente importante dentro le sue finalita' politiche. Un potere del genere non puo' spettare a un presidente garante. Gli esiti possibili sono solo due: o il Presidente avalla l'iniziativa del Governo (anche perche', avendo un potere del genere, una maggioranza parlamentare potrebbe essersi eletta un Presidente compiacente che potrebbe essere ancora in carica; quel potere impone di non ricercare convergenze bipartisan); oppure, magari perche' nel frattempo c'e' stata un'alternanza di governo, si rifiuta. In questo secondo caso e' evidente che un Governo che si senta paralizzato nell'approvare una legge che ha solennemente dichiarato come necessaria per il suo programma, non puo' che dimettersi e andare a uno scioglimento anticipato. Le elezioni sarebbero cosi' anche un giudizio popolare sull'operato del Capo dello Stato, politicamente costretto a dimettersi in caso di riconferma della maggioranza''. min/min (segue) RIFORME: CECCANTI, DAL PREMIERATO FORTE AL PREMIERATO 'VETOCRATICO' (4) (ASCA) - Roma, 15 ott - D - La macchinosita' del sistema di formazione delle leggi, che e' il cuore dello Stato, non si ferma qui... CECCANTI - ''Si', e' vero. Osservo che prima ancora di giungere allo stadio di cui parlavo (che e' potenzialmente paralizzante sia nel rapporto Governo-Capo dello Stato sia in quello centro-periferia, trattandosi dei principi della concorrente), potrebbe essere fallita la procedura di decisione sul procedimento legislativo da adottare. Infatti, prevedere il consenso dei Presidenti di entrambe le Camere o di un comitato paritetico, appare fatta apposta per impedire decisioni, per bloccarsi a vicenda, oppure per raggiungere accordi non trasparenti, disponendo del tutto di un potere di interpretazione senza limiti della Costituzione. Infatti si prevede che le decisioni dei Presidenti e del Comitato non siano sindacabili in alcuna sede, creando una 'zona franca' al riparo della Corte costituzionale, in violazione evidente dei principi supremi dell'ordinamento. Che molte decisioni finiscano per scaricarsi sui Presidenti o sul Comitato e' inevitabile, giacche' la soluzione individuata secondo la quale un disegno di legge non potrebbe 'contenere disposizioni relative a materie per cui si dovrebbero applicare procedimenti diversi' e' del tutto illuministica. Le materie individuate dall'art. 117 e ulteriormente complicate dall'incrocio con l'art. 70 non possono essere facilmente separabili in compartimenti. Ben il 40% delle leggi che il Parlamento e' abituato ad approvare (quasi tutte le piu' importanti) comprendono sovrapposizioni tra materia concorrenti ed esclusive. Figurarsi se con un diktat di poche parole e' possibile far scomparire questo modo tradizionale di fare leggi che e' reso necessario dalla realta'. Si puo' forse ridurre, ma non certo sopprimere. Nel buco nero del procedimento legislativo o si cade senza ritorno a causa dei poteri di veto o si puo' uscire solo allagando i cordoni della spesa. Se cosi' e', meglio fermarsi in tempo''. D - Paralisi dello Stato, conflitti tra istituzioni, non governabilita' del Paese sono i rischi politici, economici e sociali dietro agli aspetti tecnici difficili da spiegare e finanche da credere per i normali cittadini che di diritto costituzionale non hanno mai studiato o letto. Quando se ne accorgeranno?. CECCANTI - ''Come e' stato giustamente detto da altri prima di me, quando la frittata sara' fatta, quando lo Stato si blocchera', quando la fabbrica delle leggi non riuscira' piu' a sfornare prodotti, quando il Governo non potra' governare perche' soffocato dai veti e dai ricatti incrociati dei componenti, specie di quelli piu' piccoli, della coalizione che lo appoggia. Tutto questo certo puo' essere evitato se si riuscira' a spiegare ai cittadini cosa e' veramente in gioco. Che in gioco e' il loro futuro, la qualita' della nostra democrazia e semplicemente anche la qualita' della vita. Dobbiamo convincerli a bocciare col referendum questa riforma sgangherata''.