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Bassanini: «Devolution,
pronti alla battaglia referendaria»
Il Coordinamento per la difesa della Costituzione si mobilita. «I comitati
locali sono già al lavoro»
di Wanda Marra/ Roma
REFERENDUM «Le competenze esclusive alle Regioni spaccano l’Italia e non sono
compatibili col modello federalista, che mantiene una struttura centrale forte».
A denunciarlo, è il senatore diessino, Franco Bassanini. Ma questo è solo uno
degli aspetti gravissi-
mi della devolution voluta dalla CdL. Così, per cancellarla, è già iniziato il
lavoro per promuovere il referendum confermativo previsto dalla Costituzione. Lo
stesso Bassanini è stato tra i promotori di un Coordinamento nazionale delle
iniziative per la difesa della Costituzione, con il motto «Salviamo la
Costituzione. Aggiornarla, non demolirla».
Senatore, com’è nato questo Coordinamento?
«Durante la prima lettura del Senato del progetto cosiddetto devolution, noi di
Astrid, un’associazione per gli studi sulla riforma delle istituzioni e
sull'innovazione nelle amministrazioni pubbliche, che ha come Presidente
Scientifico, Giuliano Amato, e me come Presidente, molto preoccupati,
organizzammo 4 seminari. Da ultimo facemmo un Instant Book, che poi divenne un
volume, che buttammo sul tavolo della riflessione, con contributi di molti dei
maggiori costituzionalisti e politologi, come Elia, Sartori, Pizzorusso,
Baldassarre, Pinelli. Grazie al suggerimento di Sandra Bonsanti, organizzamo due
grandi convegni-seminari sulla riforma costituzionale a Milano nel giugno 2004
(tra i relatori c’erano Scalfaro, Epifani, Pezzotta e Angeletti, Elia, Violante,
Bindi), e poi a ottobre a Roma, dove vennero Fassino, Rutelli, Scalfaro, Amato,
Prodi, che in quell’occasione parlò di dittatura del premier. Allora, decidemmo
di costituire un Coordinamento nazionale, offrendo a Scalfaro la Presidenza, con
dentro tutti i partiti dell’Unione, le organizzazioni sindacali, oltre a una
miriade di associazioni e di circoli»
Perché il titolo «Salviamo la Costituzione. Aggiornarla, non demolirla»?
«Non siamo chiusi alle riforme stituzionali necessarie, ma queste devono essere
coerenti con i valori e i principi supremi della Costituzione repubblicana»
Partendo da questa base, dunque, come pensate di organizzare la campagna
referendaria?
«Il lavoro in realtà è iniziato da un anno. I comitati locali si sono già
attivati per informare, e mobiltare la coscienza democratica. Ora che il
progetto di devolution è stato approvato, sono sufficienti un quinto dei
senatori e un quinto dei deputati per chiedere il referendum, cosa che avverrà.
Altrettanto possono fare i consigli regionali: ne bastano 5. Noi però pensiamo
che sia giusto dare ai cittadini l’opportunità di essere anche loro promotori
del referendum. Così, organizzeremo una raccolta di firme»
C’è già qualche iniziativa informativa in corso?
«In forma estremamente varia e libera ogni comitato locale sta organizzando
delle iniziative, come la la produzione di manifesti e documenti. Siamo persino
già subissati dalla richiesta dei moduli per la raccolta delle firme, che non ci
sono ancora. Prima dobbiamo depositare la richiesta di referendum in Cassazione,
dopo che la riforma verrà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. La raccolta delle
firme, che si dovrà fare nei prossimi 3 mesi, cadrà in un periodo difficile, con
le vacanze di Natale e i mesi freddi, ma crediamo che valga la pena di compiere
questo sforzo. Contiamo di dare un segnale forte, raccogliendo molto più di
500mila firme».
Ci può ricordare quali sono gli aspetti peggiori di questa riforma?
«Sono purtroppo molte le cose gravissime. A cominciare dall’attribuzione di
competenze esclusive alle Regioni non solo in materia di sanità, istruzione,
polizia locale, ma anche di industria, commercio, artigianato, agricoltura,
turismo. Competenze esclusive che rischiano di spaccare l’Italia, e non sono
compatibili con un modello federale, che implica molte autonomie, ma anche una
forte struttura centrale, ma con una federazione di Regioni indipendenti. Questa
riforma poi indebolisce tutte le garanzie democratiche e costituzionali.
Inoltre, la devolution attribuisce poteri fortissimi a un solo uomo, il
Presidente del Consiglio, riducendo quelli parlamentari, in particolare della
Camera dei deputati. Il Primo Ministro può ricattare la Camera («O voti questa
legge o vai casa»), e ciascuna componente della coalizioone può ricattare lui
(«O mi concedi questo, o ti faccio saltare la maggioranza»). Poi c’è il Senato,
che è federale solo di nome, ed un’articolazione dei poteri tra le 2 camere che
rischierà di paralizzare l’ attività legislativa. Infine, il Presidente della
Repubblica viene indebolito nel suo ruolo di garanzia, e la Corte costituzionale
rischia di dioventare un organo lottizzato dai partiti.