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L´INTERVISTA
L´idea dei vertici azzurri al vaglio di Berlusconi. Se ne parlerà a fine mese in un´assemblea del partito
"Noi, presunti beneficiari della riforma, in prima fila per il no. Bastano cinque firme"
Bassolino, la sfida delle Regioni "Raccolgo il sì dei governatori"
Cinquantamila euro per candidarsi in Forza Italia
UMBERTO ROSSO
 

  da Repubblica - 18 novembre 2005



ROMA - «Pochi minuti dopo il voto del Senato, con l´approvazione della devolution, la Regione Campania ha attivato i meccanismi per arrivare al referendum. Serve il consenso di cinque consigli regionali. Sono convinto che saranno molti più». Antonio Bassolino ha dato il via: ha portato in giunta la delibera contro una riforma che «divide e penalizza non solo il Sud ma l´intero paese». Ora, tocca al consiglio regionale campano, chiamato a pronunciarsi dopo la pubblicazione del testo sulla Gazzetta Ufficiale. Ma la sfida è già partita.
Presidente Bassolino, è questa la strada per arrivare al referendum confermativo? Non servirà più raccogliere le 500 mila firme?
«Penso che sia utile e importante procedere sia con il pronunciamento delle cinque regioni che con la raccolta delle firme. E noi stessi daremo una mano al comitato presieduto da Oscar Luigi Scalfaro per sottoscrivere il più alto numero di adesioni fra i cittadini italiani».
Non sarà un "doppione"?
«No. Perché su un tema così delicato come le riforme costituzionali la sottoscrizione consente ai cittadini di partecipare e di attivarsi, a cominciare appunto dalla campagna per le firme. E, al contempo, è significativo che giusto dalle Regioni parta subito la richiesta referendaria. Proprio da quei soggetti cioè che secondo la legge dovrebbero beneficiare delle nuove norme. E che invece - ecco il punto - le considerano profondamente sbagliate e dannose».
Chi seguirà l´esempio della Regione Campania?
«Ci siamo sentiti con gli altri presidenti. Vendola in Puglia, Errani in Emilia, Spacca nelle Marche. Ho apprezzato le parole di Marrazzo e di Illy. Ci sentiremo con tutti, ancora, nei prossimi giorni. Sono molto fiducioso: saremo ben più di cinque regioni a chiedere la non conferma della devolution. Al Sud, al Centro, ma anche al Nord».
Anche nel Nord?
«Certo. In Piemonte, in Liguria, per esempio».
Nelle Regioni governate dal centrosinistra...
«Veramente il mio augurio che anche quelle del centrodestra possano aderire alla nostra iniziativa. Anche con opinioni diverse dalla mia».
Che vuol dire, governatore?
«Che è giusto, in ogni caso, dare la parola ai cittadini. Insomma: se i presidenti del centrodestra sono convinti delle proprie ragioni, della giustezza della riforma, dovrebbero anche essi chiamare i cittadini ad esprimersi. In ogni caso, si andrà sicuramente al referendum confermativo: attraverso la "strada" aperta dalla Campania e anche con la raccolta firme. Per evitare il pasticcio e il caos istituzionale che, diversamente, ci aspettano».
Caos istituzionale?
«Una vera e propria confusione. Invece di un reale Senato federale, si crea un Senato staccato dalle regioni. Che non vota la fiducia al governo, ma può porre veti a leggi importanti. Evidenti poi sono le preoccupazioni in materia di eguaglianza di tutti i cittadini su sanità e istruzione. Per non parlare del delicato aspetto della sicurezza e dell´ordine pubblico».
Parliamone invece.
«Nasce la polizia amministrativa regionale. Io ho fatto il sindaco, e conosco la polizia municipale: il corpo dei vigili urbani, alle dipendenze dei comuni. Ma la polizia regionale, che cos´è? Un nuovo corpo di polizia che si aggiunge alla ps, ai carabinieri, alla guardia di finanza? Un´assurda e impensabile regionalizzazione di un corpo nazionale? Mistero. Nessuno lo sa. Una fonte di contrasti, di divisioni, di contenzioso permanente. La devolution non è un federalismo più spinto, è la fine del federalismo giusto e solidale».
Ma l´articolo V sulle autonomie, approvato dal centrosinistra, non ha innescato contrasti Stato-Regioni?
«E infatti si trattava di superare quei limiti. Non certo di moltiplicarli. Però, è bene ricordarlo, l´articolo V fu voluto e sollecitato da tutti presidenti delle regioni, eccezion fatta per Galan. E votato da un referendum confermativo. Ciò detto, quella modifica si è dimostrata inadeguata. Ha posto problemi di conflitto fra Stato e Regioni, mancava il Senato federale. La riforma andava completata, bisognava lavorare per superare quei limiti. La devolution invece li aggrava e spacca il paese».