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L'illusione della destra: cancellare i sindacati
intervista ad Aris Accornero, Docente di sociologia industriale
in L'Unità 16 gennaio 2002
Il presidente della Repubblica è chiamato a dire la sua nel conflitto sindacati-governo: scenario inedito che sollecita riflessioni altrettanto inedite ad Aris Accornero, docente di sociologia industriale alla Sapienza di Roma.
Professor Accornero, come valuta la richiesta dei sindacati?
«Era abbastanza logico che i sindacati si rivolgessero al presidente della Repubblica. Ciampi è stato l'artefice-garante del protocollo del '93 che ha ufficializzato la concertazione, ora messa a rischio dal governo. Ciampi è depositario di un metodo che per anni ha consentito un effettivo dialogo a scopi regolativi, dalle politiche economiche e dei redditi, alle politiche di sviluppo, passando per le pensioni».
Lei che cosa si attende?
«Non credo che ci saranno specifici risultati. Spero che il presidente richiami un modo di regolazione che si è diffuso dopo che l'Italia lo aveva creato. Poiché oggi quel metodo è in forse, risulta molto squilibrato il baricentro delle relazioni, con il rischio di un mutamento della costituzione materiale del Paese».
Su quali indizi poggia un tale pericolo?
«Se il governo dice "Andiamo in parlamento", è come se dicesse: "La facciamo breve con le parti sociali e decidiamo noi": un decisionismo per scansare i cosiddetti corpi intermedi, che in Italia sono robustamente rappresentati dalle parti sociali, tra l'altro in una fase in cui il sistema politico non si è ancora ben riavuto dai rivolgimenti degli ultimi anni nei quali i sindacati sono rimasti integri. I riferimenti all'intervento del presidente pertanto sono numerosi, sia simbolici che istituzionali». Invece il governo decide senza e addirittura contro i sindacati.
È possibile?
«Il centrodestra sembra pensare che i sindacati siano destinati a finire e che quindi il tempo lavora a suo favore e ai sindacati basta dare una regolatina, una spallata, sentirli solo con un orecchio e portare le questioni in parlamento dove decide la maggioranza. Con il pretesto di minori ritualismi e maggiore efficienza si evitano le tappe scomode a chi vuole soluzioni dirigistiche, se non autoritarie».
Un sindacato visto come un impaccio».
«Considerare un impaccio il sindacato che assieme a Confindustria è la sola forza rimasta integra negli ultimi 15 anni significa non prendere atto della realtà, fidando su una prospettiva del tutto remota in cui i sindacati scompaiano di scena. È un'enorme sottovalutazione dei corpi intermedi, della rappresentanza sociale e quindi della stessa questione sociale, ma è pericoloso per sé e per gli altri chiunque voglia semplificare la politica perché ha fastidio dei passaggi intermedi, dell'opera di mediazione, della ricerca del consenso. I sindacati non si possono cancellare, è pericolissimo fingere che non esistano. La loro rappresentatività dopo il '93 è cresciuta nonostante i cambiamenti nel mondo del lavoro:crescono gli iscritti attivi, gli immigrati, i lavoratori atipici».
Dove ci condurrà la scelta del governo su lavoro e pensioni?
«Il metodo è stato peggiore dei contenuti. Nel negoziato si sono viste frette incredibili, riunioni in cui l'ordine del giorno era vago, niente di scritto, si parlava di decine di miliardi ma senza nemmeno una tabella per poter verificare, il tutto con quel mettere fretta tipo "datevi una mossa". Si aggiunga la provocatoria ricerca della divisione sindacale che giustamente ha fatto ribellare il segretario della Cisl perché non si può puntare così scopertamente a indebolire l'avversario, rozzezze e forzature peggiori dei contenuti che si profilano, tra cui spiccano in negativo l'articolo 18 e la decontribuzione contro i giovani. Qualcuno potrebbe dire che prima i sindacati erano fin troppo ascoltati, troppo rispettati, ma qui si è passati all'estremo opposto che non cela fastidio e disprezzo».
Un tale comportamento è congenito a un governo di destra?
«No, molto dipende dalle persone. ed è dovuto al ministro del Lavoro, al suo approccio e anche alle sue rozzezze, cose che non costituiscono un unicum ne una colpa, ma dire a Cisi e Uil di darsi una mossa per distinguersi dalla Cgil è pazzesco, è un'offesa enorme per Cisi e Uil».