ROMA - Un Ministro della
Giustizia che si appresta a dire no ad una proposta già
sottoscritta dai suoi 14 colleghi della Ue; ma poi ci ripensa
all'insegna del motto: "Non condivido ma obbedisco". Un
premier che interviene in tempo reale, via cavo, per correggere in
corsa la posizione ufficiale del suo Guardasigilli. Un leader
politico italiano (membro della maggioranza che sorregge il
premier di cui sopra) che preannuncia il netto voto contrario del
suo partito quando la norma, appena avallata in sede europea, verrà
sottoposta al Parlamento italiano.
Per sommi capi è questo lo scenario di una strana mattinata
vissuta dal governo fra Roma e Bruxelles. Ma vediamo di
ricostruire. Roberto Castelli stamani va in Belgio per
discutere insieme ai suoi omologhi Ue una norma che consentirà di
congelare i beni degli inquisiti su base comunitaria. In pratica,
sulla falsariga di quanto già previsto dal fatidico mandato di
cattura europeo, si tratta di permettere ad un qualsiasi giudice
dell'Unione l'ordine di bloccare le proprietà di un indagato in
ogni altro paese della comunità.
Prima però che i 15 ministri della Giustizia comincino ad
affrontare la questione, quello tedesco esterna le sue perplessità
sulla già ventilata posizione italiana. "E' la seconda volta
- dice la teutonica Herta Daeubler-Gmelin - che c'è il sospetto
che considerazioni personali del capo del governo italiano
condizionino la posizione dell'Italia". Insomma il
Guardasigilli germanico fa capire chiaramente che si aspetta un
veto di Castelli, su mandato di Roberto Berlusconi, proprio perché
la possibilità di congelare i beni di un inquisito in tutta la Ue
sarebbe pericolosa per il nostro premier.
Ma dopo un po' arriva invece il sì di tutti e 15 i ministri della
Giustizia. E Castelli fa sapere: che tale nulla osta è frutto di
consultazioni telefoniche in extremis con Palazzo Chigi (e più
tardi il premier confermerà: "ho dato io il via libera e la
posizione della Lega non è una novità"); che è comunque
condizionato ad un voto in materia del nostro Parlamento; che lui
e il suo partito sono comunque contrari alla norma. In più si
indigna non poco per quanto insinuato poco prima dalla sua collega
tedesca.
"L'accettazione della norma in questione - spiega il nostro
Guardasigilli - è condizionata alla verifica del nostro
Parlamento. Perché una materia tanto importante deve essere
ratificata dalle Camere. Comunque il provvedimento è sbagliato
sia nel merito che nel metodo, perché è improntato alla
filosofia di un'Europa supercentralista". Poi aggiunge una
postilla sulle insinuazioni della Daubeler-Gmelin. Le definisce
infatti assolutamente inaccettabili e dice di sperare che non
siano vere. "Mi dispiacerebbe - commenta - che per propri
fini di campagna elettorale si usino argomentazioni maliziose e
smentite dai fatti".
L'Italia comunque alla fine sembra aver aderito a quanto
chiestogli dai partner; anche se in zona Cesarini e con una
riserva parlamentare. Ma le polemiche in realtà non finiscono
affatto. Innanzitutto perché all'ostilità di Castelli verso la
norma in questione si aggiunge quasi subito quello ben più
pesante di Umberto Bossi. Da Roma infatti il leader leghista spara
a palle incatenate contro il congelamento dei beni europeo.
"La decisione odierna - tuona - è una nuova tegola che cade
sulla testa dei cittadini. Ci vuole una mobilitazione di tutti gli
uomini liberi e democratici e dei popoli che non vogliono morire,
contro l'Europa stalinista". Il Ministro delle riforme
aggiunge poi che l'indicazione data da Berlusconi a Castelli è
frutto del senso di responsabilità del premier, ma che lui si
ribella "ad un principio giacobino che nega la necessità del
giudice naturale e dell'habeas corpus; e che disincentiverà la
libera circolazione dei capitali in Europa".
Intanto il vicepremier Gianfranco Fini (anche lui a Bruxelles per
l'avvio della Convenzione europee) ribadisce che il sì di
Castelli è il prodotto di un indicazione dei Berlusconi. E che
quindi "nessuno potrà dire che l'Italia ha preso una
posizione diversa dagli altri paesi". Poi aggiunge che il
nostro Guardasigilli, in quanto esponente leghista, può essere
contrario a questa iniziativa europea; ma che era a Bruxelles in
rappresentanza del governo e non del suo partito.
Nel frattempo tanto per gettare benzina sul fuoco, il ministro
della Giustizia tedesco continua a dichiarare che Castelli era
isolato al momento della discussione con i 14 colleghi, mentre
quest'ultimo sottolinea invece che le riserve parlamentari e
costituzionali sono state poste anche da Regno Unito, Irlanda,
Olanda, Danimarca e Svezia.
(28 FEBBRAIO 2002; ORE
17:40)
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