torna a Anni abbastanza
crudeli
Conflitto
d'interessi, il governo non dialoga più. Si torna alla proposta Frattini
di Natalia Lombardo
da l'Unità
- 7 febbraio 2002
Confilitto di
interessi, è muro contro muro. La maggioranza riparte dal testo del governo e
butta nel cestino la proposta Caianiello, dopo che Silvio Berlusconi l’aveva
quasi fatta propria. Sanzioni solo «politiche» dal Parlamento, controllo
dell’Antitrust sugli atti del governo escludendo incompatibilità fra le
cariche e le proprietà. «Ci hanno preso in giro per due settimane: così hanno
peggiorato la situazione, cancellano l’esistenza stessa del conflitto di
interessi», sbotta Glianclaudio Bressa, della Margherita. E l’Ulivo si
prepara a dare battaglia dentro il Parlamento con il modello Usa del testo
Rutelli (probabilemente unito a quello di Antonio Soda) e anche all’esterno,
con una mobilitazione pubblica, annuncia il ds Carlo Leoni.
C’è stata una netta inversione di rotta da parte della
maggioranza, nella riunione del comitato ristretto della commissione Affari
Costituzionali. Il centrodestra potrebbe aver approfittato del momento di crisi
nell’Ulivo (un’onda lunga dell’effetto Moretti), per giustificare
l’impossibilità di intavolare un dialogo. Il testo che verrà preso in
considerazione, e votato martedì, è il disegno di legge Frattini, una non
soluzione che resta innocua anche con gli emendamenti annunciati per mercoledì
dal ministro della Funzione Pubblica. L’unico elemento attinto dal parere di
Caianiello è la scelta di affidare all’Antitrust il compito di controllare
gli atti del governo, senza però rafforzarne i poteri: nessuna sanzione
materiale, né alle aziende né a ministri e affini, ma soltanto una «sanzione
morale e politica» che, chi si trova in condizione di conflitto, riceverebbe
dal Parlamento sollecitato dall’Antitrust. «Come è successo per il caso
Taormina, non ha avuto un peso il giudizio politico?», giustifica Donato Bruno,
FI, presidente della commissione. Ma l’autorità si limita a controllare gli
atti, escludendo quindi l’incompatibilità di status fra chi ha incarichi
pubblici ed è proprietario di imprese che potrebbe favorire, come invece chiede
l’opposizione. Un’eventualità prevista solo come «norma transitoria»,
ovvero rimandata al futuro, salvando così sia Berlusconi che altri ministri.
«Questo è l’emendamento Lunardi», commenta irritato
Bressa, «il ministro delle Infrastrutture può lasciare in mano alla famiglia
la Rocksoil» (e, soprattutto, Berlusconi si tiene stretta Mediaset). Un passo
indietro che l’Ulivo considera «una rottura di gravità inusitata», anche se
in fondo era immaginabile, una legge «talmente grave da non essere considerata
migliorabile, non è emendabile», rincara la dose Leoni, «copre e legittima il
conflitto di interessi».
Eppure nella maggioranza almeno Ccd e Cdu avevano fatto
pressioni perché si trovasse un punto d’incontro. Luca Volonté, capogruppo
alla Camera, si dice «molto preoccupato per la rottura di quel clima di dialogo
che si era creato». Di chi è la colpa? Del «centrosinistra che si è
irrigidito», risponde Volonté, che comunque non dispera su un ritorno al
confronto, così come Carlo Giovanardi. Ma l’inversione di rotta era decisa e,
come fa notare Franco Bassanini, «si è tornati al testo Frattini, primo
firmatario Silvio Berlusconi».