Home page

Formazione Biblioteca e Cineteca Politiche e Leggi  Tracce e Sentieri

torna a Anni abbastanza crudeli

4

SENATO DELLA REPUBBLICA

GRUPPO DEMOCRATICI DI SINISTRA – L'ULIVO

Ufficio Stampa e Comunicazione

www.senato.it/dsulivo/

 

 

 

 

 

 

CONFLITTO D'INTERESSI:

UN'ANOMALIA ITALIANA

CHE L'ULIVO

VUOLE RISOLVERE

 

 

 

"Il varo di una legge sul conflitto d'interessi sarà il primo provvedimento che prenderemo, così si metterà fine a un periodo troppo lungo di strumentalizzazione da parte della sinistra"

 

Silvio Berlusconi "Il Giornale" 26 ottobre 2000

   
   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gennaio 2002

 

 

UN PO' DI STORIA…

 

Il tema del conflitto d'interessi è sicuramente un soggetto monco all'interno della normativa italiana. Confrontando, infatti, il diritto di gran parte dei Paesi europei e degli Stati Uniti con la legislazione italiana appare evidente che vi sono numerosi aspetti che nel nostro Paese non sono regolamentati in maniera organica.

Conflitto d'interessi, incompatibilità e ineleggibilità sono i temi che, da varie angolature, affrontano il medesimo problema: quello di evitare alla vita delle istituzioni turbamenti e squilibri derivanti da personali posizioni di vantaggio. La legislazione italiana ha regolamentato gli ultimi due punti, mai è riuscita ad affrontare il tema del conflitto d'interessi.

 

Si tratta di una carenza emersa e rilevata fin dalla XII legislatura, da quando cioè si formò il primo governo Berlusconi, mai sanata nonostante i molti sforzi del centrosinistra e i ripetuti e pretestuosi cambi di posizione del centrodestra.

 

La tela di Penelope

 

La storia del conflitto d'interessi in Italia è, quindi, relativamente recente (1994), imponendosi nell'agenda politica in seguito alla "discesa in campo" di Silvio Berlusconi. Per la prima volta si è infatti creata nel Paese una situazione "anomala" nella quale un leader politico, divenuto poi anche presidente del Consiglio, è anche uno dei principali imprenditori italiani che opera in non trascurabili settori economici quali quello dell'informazione, della comunicazione, delle assicurazioni, dello sport e dell'intrattenimento, degli investimenti finanziari e di quelli immobiliari, del risparmio gestito e dell'editoria. Una tale quantità di potere concentrata nelle mani di una sola persona con incarichi di governo non si era mai verificata. Anzi, non era stata neanche contemplata dai legislatori italiani.

 

Berlusconi si è così infilato, senza troppa fatica, nelle larghe maglie di una normativa che regolamentava l'accesso alle cariche pubbliche (incompatibilità e ineleggibilità), ma non era preparata a controllare con adeguati strumenti limitativi casi di clamorosi conflitti d'interesse.

 

 

1994-1996: AL SENATO SCENDE IN CAMPO IL BLIND TRUST

 

"La storia italiana" della legge sul conflitto d'interessi inizia nella XII legislatura. Nel 1994 Silvio Berlusconi sale per la prima volta a Palazzo Chigi. Immediatamente il centrosinistra (con il senatore Pasquino prima e il senatore Passigli poi) presenta delle proposte di legge per affrontare l'evidente distorsione del sistema politico-istituzionale. Il Polo e il Governo rispondono con un disegno di legge firmato da Berlusconi.

Emergono subito le differenti impostazioni. Il centrosinistra propone l'adeguamento della normativa italiana a quella vigente nelle grandi democrazie europee ed occidentali attraverso un meccanismo che mira a tenere distinta non solo la gestione delle aziende interessate dal conflitto, ma anche la loro proprietà.

 

 

 

Centrosinistra: regolare senza punire

In pratica, si può andare da una gestione fiduciaria cieca (blind trust) dei beni mobiliari all'alienazione delle quote azionarie, nel caso di società che operano in settori particolarmente strategici, come quello delle telecomunicazioni e dei media. La soluzione è quindi "sfumata"; dipende, cioè, dall'incidenza, dal "peso", del conflitto rispetto all'interesse comune. L'alienazione, in sostanza, viene ipotizzata quando il blind trust diventa inefficace. Anche se non si gestisce più un azienda, infatti, ma se ne resta comunque proprietari sapendo che al termine del proprio mandato se ne tornerà in possesso, è chiaro che l'effetto della "cecità" delle gestione è annullato. Si tenderà, infatti, in ogni caso a favorire quell'azienda sapendo di fare comunque i propri interessi. Ecco allora che subentra la vendita, con tempi e modi comunque non punitivi per l'interessato.

 

Al Polo i deboli consigli dei "Tre Saggi"

La risposta del governo Berlusconi I viene dal progetto messo a punto dai cosiddetti "tre saggi": Antonio La Pergola (ex presidente della Corte Costituzionale), il professor Crisci (presidente uscente del Consiglio di Stato) e l'avvocato Gambino. Una soluzione tutto imperniata su provvedimenti "deboli", come l'astensione dei titolari di cariche di governo dalle decisioni che possono coinvolgere i loro interessi privati, oltre all'incompatibilità con l'esercizio di professioni e la gestione di attività imprenditoriali.

Entrambe le proposte vengono discusse congiuntamente nella commissione Affari Costituzionali del Senato ed alla fine passa, sostanzialmente, l'ipotesi Passigli con un testo che prevede anche l'obbligo di vendita. Intanto però il governo Berlusconi cade e viene sostituito da quello presieduto da Lamberto Dini.

 

Quando la Lega non stava con Berlusconi

Con la nuova maggioranza a sollecitare la soluzione del conflitto d'interessi c'è anche la Lega. Siamo all'inizio del 1995 e nell'arco di pochi mesi in commissione Affari Costituzionali del Senato si trova un largo consenso su un testo che amplia gli ambiti del precedente disegno di legge.

Questo prevede, infatti, l'incompatibilità tra cariche di governo e attività imprenditoriali, l'obbligo di dichiarazione dei beni posseduti, il sistema del blind trust, l'obbligo di vendita entro un anno per le azioni possedute in settori "sensibili" e l'obbligo di astensione per tutti i titolari di cariche di governo dalle decisioni che coinvolgono i loro interessi.

A luglio il voto finale dell'aula (con il sì del centrosinistra e della Lega), nonostante lo strenuo ostruzionismo di Forza Italia e di An che sollevano capziose questioni di incostituzionalità.

L'aula di Palazzo Madama approva e la palla passa alla Camera. Ma qui si ferma. Prima, infatti, che Montecitorio possa discutere del provvedimento, la legislatura si interrompe. Tutto è rimandato al nuovo Parlamento.

 

 

 

 

1996-2001: BERLUSCONI: FORTISSIMAMENTE NON VOLLI

 

Dopo la vittoria dell'Ulivo il Parlamento si trova nuovamente alle prese con il tema del conflitto d'interesse. Ora però non c'è l'incombenza delle elezioni e quindi viene scelta la strada della ricerca di un largo consenso, possibilmente anche del centrodestra, con tempi più lunghi.

Per questo il conflitto d'interessi viene messo sul tavolo dei lavori della commissione Bicamerale, dove si sta cercando di dare un ordine al sistema di riforme di cui il Paese ha bisogno.

 

In Bicamerale il Cavaliere tentò la "Stangata"

Ma le buone intenzioni non diedero i frutti sperati. Mentre infatti la Bicamerale era ancora in corso, Berlusconi presentò un disegno di legge, architettato sapientemente da Franco Frattini, che riproponeva sostanzialmente il progetto dei "tre saggi" con l'aggiunta dell'accettazione di un "tiepido" blind trust (esclusa invece ogni forma di alienazione) nel quale la gestione viene affidata, a discrezione dell'interessato, ad un terzo. Una soluzione palesemente insufficiente perché parlare di "cecità" per un'azienda come Mediaset non è credibile (qualsiasi operazione che la riguarda finisce ovviamente sui giornali, con buona pace della "benda sugli occhi").

Giocando su due tavoli, quello della Bicamerale e in Parlamento, e promettendo accordi sul più ampio tema delle riforme, Berlusconi riuscì a far passare, con un voto unanime, alla Camera un testo che fu definito da alcuni commentatori come "truffa". Sicuramente una rischiosa "svista". Lo si capì quando, una volta approvato il provvedimento a Montecitorio, Berlusconi fece saltare il tavolo della Bicamerale.

 

La truffa dello sconto fiscale da 7.500 miliardi

Ma dov'era la sostanza della "truffa"? Oltre che nella debolezza del sistema di controllo già spiegato sopra, l'applicazione del testo prevedeva implicitamente, nel caso di vendita di Mediaset, un non trascurabile quanto astuto sconto fiscale di ben 7.500 miliardi di lire. Lo stratagemma fu ottenuto inserendo la clausola che il gestore aveva la facoltà di istituire il trust in un qualsiasi Paese firmatario della convenzione dell'Aja del 1985 (tra i quali molti paradisi fiscali). Questo avrebbe permesso infatti di affidare le azioni (per esempio di Mediaset) in esenzione di imposta al gestore del trust (scelto dall'interessato) che poi dall'estero le avrebbe potute anche vendere (liberando così formalmente il Cavaliere dal conflitto d'interessi) senza versare una lira al fisco italiano. Insomma, Berlusconi si sarebbe messo in regola e ci avrebbe pure guadagnato!

E tutto questo avveniva proprio mentre erano in corso trattative avanzate con il magnate australiano Murdoch.

 

 

Ulivo: uno stop al doppiogiochismo del Polo

Il fallimento della Bicamerale rese evidente il doppiogiochismo di Berlusconi. L'Ulivo bloccò, quindi, il disegno di legge al Senato dove rimase fermo in commissione per circa due anni. Con l'avvicinarsi dello scadere della legislatura apparve però evidente che il tema andava affrontato nuovamente. Se non per risolverlo, almeno per cambiarne i termini.

Nel caso di vittoria, Berlusconi avrebbe potuto, infatti, ripresentare il testo varato alla Camera anche attraverso lo strumento del decreto legge.

Il testo venne quindi "scongelato" a dicembre 1999 per essere modificato e approvato al Senato. Venne tolto il trust di diritto estero per sostituirlo con un istituto di diritto italiano. Il problema del conflitto d'interessi non veniva risolto in modo compiuto (il sistema del blind trust rimaneva "debole"), ma almeno non veniva ingiustamente favorito fiscalmente il soggetto al centro del conflitto d'interessi. La strenua riluttanza a qualsiasi tipo di accordo da parte del Polo rese evidente che anche nella XIII legislatura quella legge non si poteva fare e infatti il testo si arenò alla Camera.

 

2001-?: IL CONFLITTO DI GODOT

 

Vinte le elezioni del 13 maggio 2001 Berlusconi promette che entro l'estate avrebbe affrontato e risolto il conflitto d'interessi, ma solo a gennaio 2002 se ne inizia a discutere con una qualche convinzione. Una promessa mancata. Poco male se poi la ricerca di una soluzione fosse reale. Ma dai primi passi, la proposta di legge presentata da Frattini, non sembra essere questa l'intenzione.

 

La Cdl e l'Autorità senza poteri

Il disegno di legge varato dal Consiglio dei ministri prevede infatti un'Autorità che non ha alcun potere sanzionatorio ed un unico compito: quello di relazionare annualmente al Parlamento sulle situazioni viziate da conflitto d'interessi. Sarebbe poi il Parlamento a decidere se intervenire o meno. Tutto, è evidente, rimane nelle mani del potere politico della maggioranza.

La scelta è quindi per un'Autorità preposta a "scavare le buche e riempirle". Le viene infatti chiesto di indagare (cosa impossibile) su tutti gli atti del governo, senza però poter intervenire su eventuali conflitti che dovesse rilevare. In pratica, un disegno di legge che favorisca in modo eclatante, un ministro o il presidente del Consiglio, non può essere in alcun modo bloccato; entra comunque in vigore e a fine anno, eventualmente, il Parlamento esprime il suo giudizio.

 

Spunta Caianiello e le Autorità con le mani legate diventano due

E' evidente che si tratta di una proposta "civetta". Non appena viene decisa la calendarizzazione del disegno di legge in commissione Affari Costituzionali della Camera, spunta, infatti, la "proposta Caianiello".

Il presidente emerito della Corte Costituzionale suggerisce che tutti i membri del governo presentino una dichiarazione sui beni e gli interessi economici che lo riguardano e non possano gestire le imprese delle quali siano eventualmente proprietari.

A controllare l'imparzialità degli atti governativi e la completezza delle informazioni sono chiamate le Autorità Antitrust e quella delle Comunicazioni che hanno comunque un potere sanzionatorio solo sulle imprese e non sui membri e gli atti del governo. Al massimo possono riferire al Parlamento.

 

 

LA PROPOSTA DELL'ULIVO: ADOTTIAMO IL MODELLO AMERICANO

La risposta dell'Ulivo è che l'ipotesi Caianiello è insufficiente quanto quella Frattini. La volontà del centrosinistra è di affrontare in modo serio il problema: non per colpire una persona, ma per fare in modo che anche in Italia possa esserci una normativa che tuteli i cittadini e le istituzioni da abnormi casi di conflitto d'interessi. Per questo viene formalizzata una proposta che ricalca il sistema vigente negli Stati Uniti, con regole molto severe sull'incompatibilità tra cariche di governo e interessi economici.

 

INCOMPATIBILITA' - I titolari di cariche pubbliche non possono, quindi:

dirigere imprese a prevalente partecipazione pubblica;

svolgere attività imprenditoriale, anche per interposta persona, o dirigere imprese private titolari di concessioni pubbliche;

esercitare attività professionale

 

CHI E' IN CONFLITTO – Rientrano nelle regole previste dalla legge i membri del governo che:

possiedono valori mobiliari, anche per interposta persona, superiori ai 10 milioni di euro;

possiedono, anche per interposta persona, partecipazioni rilevanti in settori strategici quali la difesa, l'energia, le concessionarie di pubblicità, le imprese dell'informazione giornalistica e radiotelevisiva;

possiedono beni immobiliari strumentali ad una attività d'impresa.

 

L'AUTORITA' - Il sistema di controllo prevede la creazione di un'Autorità apposita, composta di cinque membri. Due designati dalla Camera e due dal Senato, con voto limitato – per cui due sono indicati dalla maggioranza e due dall'opposizione - indicano a loro volta il presidente. Nel caso non si trovi l'accordo, il presidente viene designato mediante sorteggio tra i giudici costituzionali.

Entro venti giorni dall'assunzione della carica di governo tutti gli interessati presentano una dichiarazione patrimoniale all'Autorità che, nel caso risultasse incompleta o non veritiera, anche dopo sollecitazione all'integrazione, dispone, tra l'altro:

la decadenza dalla carica di parlamentare o/e da membro del governo;

la revoca di eventuali autorizzazioni, concessioni o licenze pubbliche delle quali l'interessato usufruisca per svolgere la sua attività imprenditoriale.

 

L'Autorità, secondo la proposta dell'Ulivo, deve svolgere, quindi, sia un'attività di controllo che avere un potere sanzionatorio.

Qualora, poi, rilevi un conflitto d'interessi decide insieme all'interessato modi e tempi della soluzione del problema. Qualora le proposte avanzate dall'interessato siano insufficienti, infatti, l'Autorità ne propone di alternative, sentite le Autorità Antitrust, la Consob e le altre autorità competenti, con strumenti che possono andare dal blind trust alla vendita (per i casi più "estremi" e non diversamente risolvibili).

Nel caso di vendita viene anche fissato un termine entro il quale deve essere completata e oltre il quale si può procedere ad un'offerta pubblica di vendita.

 

 

IL BLIND TRUST – Chi è in conflitto d'interessi e possiede beni mobiliari può scegliere di affidarli ad un gestore nominato dall'Autorità garante che vigila sull'effettiva separazione della gestione.

L'interessato non deve avere alcun tipo di rapporto con il gestore, non può chiedere e ricevere informazioni, ma ottiene, tramite l'Autorità, ogni novanta giorni, il risultato economico complessivo.

Con la cessazione della carica, l'interessato riacquista la titolarità del patrimonio.

 

UNO STOP PER I FURBI – La legge prevede anche una serie di misure volte ad arginare soluzioni troppo "di comodo". Le regole devono essere applicate, infatti, anche nel caso in cui l'interessato venda a coniuge, parente o affine entro il quarto grado, a società collegate o a persona interposta per eludere l'applicazione della legge.

 

LE GARANZIE – Coloro che sono sottoposti alle decisioni dell'Autorità garante possono impugnarle dinanzi ad un collegio giudicante composto da 3 giudici che vengono estratti a sorte all'inizio di ogni legislatura tra i magistrati delle Corti d'Appello. A sua volta, la decisione del Collegio è impugnabile con ricorso alla Corte Costituzionale che deve pronunciarsi entro trenta giorni.

Tempi brevi, quindi, per evitare che, nell'interesse dei membri dell'Esecutivo, il giudizio possa rimanere "sospeso" troppo a lungo.

 

 

 

IL TESTO DEL DISEGNO DI LEGGE DELL'ULIVO

 

Art. 1 (Ambito di applicazione)

Agli effetti della presente legge per titolari delle cariche di governo si intendono il Presidente del Consiglio dei Ministri, i Ministri, i Vice Ministri, i Sottosegretari di Stato, i commissari straordinari di governo di cui all’articolo 11 della Legge 23 Agosto 1988, n.400.

 

Art. 2 (Incompatibilità)

E’ incompatibile con le cariche di Governo ogni impiego pubblico e privato, nonché ogni carica o ufficio pubblico diversi dal mandato parlamentare e non inerenti alla funzione svolta. I dipendenti pubblici e privati che assumono cariche di Governo sono collocati in aspettativa con decorrenza dal giorno del giuramento, e comunque dall’effettiva assunzione della carica, senza pregiudizio della propria posizione professionale e di carriera. Si applicano le disposizioni concernenti l’aspettativa per mandato parlamentare vigenti nei rispettivi ordinamenti.

I titolari delle cariche di Governo non possono esercitare, anche per interposta persona, attività imprenditoriali, né ricoprire in enti di diritto pubblico, anche economici, in imprese o società a prevalente partecipazione pubblica, in imprese che abbiano rapporti di concessione con pubbliche amministrazioni, in enti soggetti al controllo pubblico nonché in imprese o enti privati, aventi per oggetto anche non principale lo svolgimento di attività imprenditoriali, funzioni di presidente, amministratore, liquidatore, sindaco o revisore, né analoghe funzioni di responsabilità comunque denominate, ovvero assumere, per tali enti e imprese, incarichi di consulenza e incarichi arbitrali di qualsiasi natura. Essi cessano dai predetti incarichi a decorrere dal giorno del giuramento e non possono, per la durata della carica di Governo, percepire alcuna forma di retribuzione né fruire di alcun vantaggio relativi a tali incarichi o funzioni.

I titolari delle cariche di Governo iscritti in albi o elenchi professionali non possono esercitare attività professionali, nemmeno in forma associata, in Italia o all’estero; in ragione di tali attività essi possono percepire unicamente proventi per prestazioni svolte prima dell’assunzione della carica.

 

Art 3 (Attività patrimoniali)

L’Autorità di cui all’articolo 5, esaminata la dichiarazione delle attività patrimoniali di cui all'articolo 4, comma 1, sentite per quanto di competenza l'Autorità garante della Concorrenza e del Mercato e le eventuali Autorità di settore, accerta caso per caso se i poteri e le funzioni attribuiti ai titolari di cariche di Governo siano suscettibili di determinare conflitti di interessi.

I beni immobiliari posseduti, anche per interposta persona, da titolari di cariche di Governo ricadono nell'ambito di applicazione della presente legge solo se essi sono strumentali ad una attività di impresa.

I valori mobiliari posseduti, anche per interposta persona, dai titolari di cariche di governo ricadono nell'ambito di applicazione della presente legge solo se essi superano il valore complessivo di 10 mln. di Euro.

Il possesso, anche per interposta persona, di partecipazioni rilevanti in imprese operanti nei settori della difesa, energia, servizi erogati in concessione o autorizzazione, nonché concessionarie di pubblicità ed imprese dell’informazione giornalistica e radio-televisiva editrici di testate a diffusione nazionale, è in ogni caso suscettibile di determinare conflitti di interessi, salvo che l'Autorità, sentite l'Autorità garante della Concorrenza e del Mercato nonché le Autorità di settore eventualmente competenti, motivatamente attesti la posizione marginale dell'impresa nel relativo settore di attività o la sua non rilevanza in relazione alle specifiche funzioni e poteri inerenti all'incarico di Governo esercitato.

Alle attività patrimoniali suscettibili di determinare conflitti di interessi si applicano le disposizioni di cui all'art. 7 della presente legge.

Ai fini del presente articolo, si ha partecipazione rilevante in una impresa quando sussistono le condizioni di cui all'art. 2359, primo ovvero ultimo comma, del codice civile e all'art. 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287.

 

Art. 4

(Dichiarazione degli incarichi, delle attività e del patrimonio. Sanzioni)

Entro venti giorni dall’assunzione della carica di Governo, gli interessati dichiarano all’Autorità di cui all’articolo 5 di quali cariche o attività comprese nell’elenco di cui all’articolo 2 siano titolari; trasmettono altresì l’ultima dichiarazione dei redditi, nonché tutti i dati relativi alle attività patrimoniali di cui siano titolari, o siano stati titolari nei sei mesi precedenti, anche per interposta persona. Essi devono effettuare analoghe dichiarazioni per ogni successiva variazione dei dati in precedenza forniti, entro venti giorni dai fatti che l’abbiano determinata.

L’Autorità entro i trenta giorni successivi alla scadenza dei termini di cui al comma 1 provvede agli accertamenti necessari e, qualora le dichiarazioni di cui al comma 1 non siano state effettuate ovvero risultino non veritiere o incomplete, ne informa immediatamente il titolare della carica di Governo interessato perché provveda entro 10 giorni alla integrazione della propria dichiarazione. Trascorso tale termine, laddove a giudizio dell’Autorità permanga una violazione, essa ne informa chi di competenza perché vengano disposte:

la rimozione o la decadenza dalla carica o dall’ufficio da parte del Presidente della Repubblica, del Presidente della Camera dei Deputati o del Senato della Repubblica, dell’amministrazione competente, dell’ente o dell’impresa;

la risoluzione del rapporto di impiego pubblico o privato;

la sospensione dall’abilitazione professionale da parte degli ordini o collegi professionali competenti;

nel caso di attività imprenditoriale soggetta ad autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla osta, permesso o altro atto di consenso comunque denominato o svolta in regime di concessione, la revoca del relativo provvedimento da parte dall’amministrazione pubblica competente.

 

 

Art. 5 (Autorità garante dell’etica pubblica

e della prevenzione dei conflitti di interessi)

 

E’ istituita l’Autorità garante dell’etica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi (nel seguito: Autorità). L’Autorità opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione.

L’Autorità è organo collegiale costituito da cinque componenti nominati con decreto del Presidente della Repubblica. Due componenti sono designati dalla Camera dei Deputati e due dal Senato della Repubblica, tra persone di notoria indipendenza da individuare tra magistrati, professori universitari ordinari di materie economiche o giuridiche, e personalità provenienti da settori economici dotate di alta esperienza e riconosciuta professionalità, con voto limitato ad un solo nominativo. Il Presidente dell'Autorità è designato dai quattro componenti eletti dalle Camere entro venti giorni dalla pubblicazione del decreto di nomina. A tal fine essi sono convocati dal Presidente della Camera dei Deputati. Qualora entro il termine di venti giorni essi non abbiano provveduto alla designazione del Presidente, questi viene designato mediante sorteggio tra i giudici costituzionali in carica.

I componenti dell’Autorità sono nominati per sette anni con incarico non rinnovabile, non possono esercitare attività professionale o di consulenza, né ricoprire altri uffici pubblici o privati. I componenti l'Autorità non possono nei due anni successivi alla cessazione dell’incarico assumere cariche pubbliche non elettive. Le indennità spettanti ai membri dell’Autorità ed il loro status sono equiparati a quelli dei giudici costituzionali.

L’Autorità è costituita entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Entro i successivi novanta giorni essa delibera le norme riguardanti la propria organizzazione, il proprio funzionamento, il trattamento giuridico del personale, nonché la gestione delle spese, anche in deroga alle disposizioni sulla contabilità generale dello Stato. In sede di prima applicazione della presente legge essa si avvale dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nonché di un proprio ufficio composto da dipendenti dello Stato e di altre amministrazioni pubbliche, in posizione di comando, in conformità ai rispettivi ordinamenti. Il relativo contingente è determinato, in misura non superiore a quindici unità, su proposta del Presidente dell’Autorità con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, entro trenta giorni dalla nomina del Presidente dell’Autorità.

L’ufficio è coordinato da un Segretario generale, scelto tra magistrati ordinari, amministrativi, contabili o avvocati dello Stato, per il quale è disposto il collocamento in posizione di fuori ruolo, secondo le disposizioni dell’amministrazione di provenienza.

I soggetti di cui al comma 4 conservano lo stato giuridico ed il trattamento economico dell’amministrazione di appartenenza con oneri a carico di quest’ultima. Il servizio prestato ai sensi del presente articolo è equiparato ad ogni effetto di legge a quello prestato nelle rispettive amministrazioni di appartenenza. Agli stessi è corrisposto comunque, a carico dell’Autorità, il trattamento accessorio nelle misure previste per il personale della Presidenza del Consiglio dei ministri. L’Autorità si avvale altresì di un contingente di personale con contratto a tempo determinato in misura non superiore a quindici unità.

L’Autorità stabilisce l’indennità da corrispondere al Segretario generale.

 

Art. 6 (Funzioni dell’Autorità)

L’Autorità accerta le situazioni di incompatibilità di cui all’articolo 2, vigila sul rispetto dei divieti conseguenti e degli adempimenti di cui all'articolo 7, e promuove, nei casi di inosservanza di tali divieti e adempimenti, le sanzioni di cui all’articolo 4, comma 2.

Sono fatte salve in ogni caso le conseguenze di carattere penale o disciplinare previste dalle normative vigenti.

A richiesta del Governo l’Autorità esprime pareri sui disegni e sulle proposte di legge, nonché sugli schemi di altri atti normativi.

 

Art. 7 (Adempimenti dei titolari di cariche di Governo)

Al fine di prevenire i conflitti di interessi e di assicurare la non conoscenza da parte del titolare delle cariche di Governo della composizione del proprio patrimonio, i valori mobiliari di cui all'articolo 3, sono conferiti entro il termine fissato dall'Autorità, ad una gestione fiduciaria ai sensi dell'articolo 8.

 

Per le attività patrimoniali di cui all'articolo 3, qualora suscettibili di determinare conflitti di interessi, i titolari di cariche di Governo propongono all’Autorità nei termini di cui all'articolo 4 comma 1, misure idonee a prevenire il conflitto di interessi. Entro i termini di cui all’articolo 4 comma 2 l’Autorità accetta le proposte dell’interessato o stabilisce, sentita l’Autorità per la concorrenza ed il mercato, ed eventualmente la Consob e le competenti autorità di settore, modalità alternative. Qualora tali modalità comprendano la vendita l'Autorità fissa il termine massimo entro il quale essa deve essere completata. Trascorso tale termine l'Autorità provvede anche tramite un'offerta pubblica di vendita.

 

Art. 8 (Gestione del patrimonio trasferito)

Il trasferimento dei valori mobiliari di cui all’articolo 3 ha luogo mediante la conclusione di un contratto di gestione con un soggetto, di seguito denominato gestore, scelto con determinazione adottata dal Presidente dell’Autorità garante, sentiti il titolare della carica di Governo nonché i Presidenti della Consob e delle Autorità di settore eventualmente competenti.

Al patrimonio trasferito al gestore si applica l’articolo 22 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. In caso di cessazione dalla carica per qualsiasi ragione, il titolare della carica di Governo riacquista di diritto la titolarità del patrimonio.

Il gestore persegue le finalità di cui all'articolo 7, comma 1 e l’interesse del patrimonio trasferito, e può a tali fini disporre in tutto o in parte dei beni che lo compongono. Il gestore non può comunicare al titolare della carica di Governo, neanche per interposta persona, la natura e l’entità degli investimenti e dei disinvestimenti né consultarlo in ordine alla gestione. I soggetti di cui all’articolo 1 non possono chiedere o ricevere dal gestore informazioni concernenti la natura e l’entità delle attività di gestione. Essi hanno diritto di conoscere, per il tramite dell’Autorità garante, ogni novanta giorni, il risultato economico complessivo dell’amministrazione, nonché di ricevere ogni semestre, su richiesta, il reddito derivante dalla gestione del loro patrimonio.

Alla data di cessazione dalla carica, il gestore dà rendiconto contabile della gestione al titolare della carica di Governo.

L’Autorità garante vigila sull’osservanza, nella gestione del patrimonio, dei princìpi e dei criteri stabiliti dalla presente legge, nonché sull’effettiva separazione della gestione.

 

Art. 9 (Regime fiscale)

Alle plusvalenze realizzate attraverso eventuali operazioni di dismissione dei valori mobiliari posseduti dai titolari di cariche di governo eseguite dall'interessato o dal gestore in attuazione della presente legge si applicano in ogni caso le aliquote di imposta relative alle partecipazioni non qualificate detenute da persone fisiche.

L'eventuale trasferimento in gestione fiduciaria di attività economiche ai sensi della presente legge e la loro successiva restituzione all'interessato non costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze. Tutti gli atti e contratti stipulati ai fini del trasferimento al gestore e della successiva restituzione all'interessato sono esenti da ogni imposta indiretta. I proventi derivanti dal patrimonio trasferito sono imputati al titolare del patrimonio, secondo quanto previsto dalle norme relative alla categoria nella quale rientrano. Il gestore applica le ritenute e le imposte sostitutive dovute.

Art. 10

(Cessioni patrimoniali a congiunti, a società collegate o a fini elusivi)

Si applica la disciplina di cui alla presente legge anche in caso di cessione a terzi dei cespiti e delle attività patrimoniali intervenuta dopo il conferimento della carica di Governo o nei tre mesi antecedenti, quando il destinatario della cessione si trovi, riguardo al titolare della carica di Governo o ad impresa da questi controllata ai sensi dell'articolo 3, comma 6, in una delle seguenti condizioni:

coniuge, parente o affine entro il quarto grado;

società collegata ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile;

persona interposta allo scopo di eludere l'applicazione della stessa disciplina ovvero società o altro ente comunque costituito o utilizzato allo stesso fine.

 

Art. 11 (Imprese in concessione)

La violazione degli obblighi e dei divieti di cui alla presente legge comporta in ogni caso la decadenza dell'atto di concessione o di altro atto di assenso di amministrazioni pubbliche comunque denominato, cui sia subordinato l'esercizio della relativa attività economica.

Le imprese in cui i titolari di cariche di governo abbiano partecipazioni rilevanti ai sensi dell'articolo 3 comma 6 non possono ottenere dalle amministrazioni pubbliche concessioni o altri atti di assenso comunque denominati cui sia subordinato l'esercizio della relativa attività. Non possono, inoltre, stipulare contratti con le amministrazioni pubbliche, né instaurare con esse alcun altro rapporto giuridico inerente o connesso all'esercizio della attività propria o di società controllata, controllante o collegata.

 

 

Art 12 (Procedure istruttorie

e tutela giurisdizionale per gli atti dell'Autorità garante)

L’Autorità garante, per l’espletamento delle funzioni ad essa attribuite dalla presente legge, può chiedere a qualsiasi organo della pubblica amministrazione, e ad ogni altro soggetto pubblico o società privata, nei limiti di competenza consentiti dall’ordinamento, i dati e le notizie concernenti la materia disciplinata dalla legge stessa, avvalendosi dei poteri ad essa attribuiti dalla normativa vigente.

Per l’espletamento delle indagini, delle verifiche e degli accertamenti che ritenga opportuni, l’Autorità garante può avvalersi della collaborazione di amministrazioni ed enti pubblici.

Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta dell’Autorità garante, sono stabilite le disposizioni che garantiscono ai titolari della cariche di Governo e ai gestori di volta in volta interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione nei procedimenti di accertamento e di applicazione di eventuali sanzioni.

Ogni provvedimento adottato dalla Autorità garante in applicazione della presente legge deve essere motivato.

Gli atti di accertamento e i provvedimenti adottati dall’Autorità garante ai sensi della presente legge sono impugnabili esclusivamente dinanzi ad un Collegio giudicante composto da 3 giudici estratti a sorte all'inizio di ogni legislatura tra i magistrati di Corte d'Appello. Il Collegio decide in camera di consiglio entro sessanta giorni. La decisione del Collegio è impugnabile con ricorso alla Corte di Cassazione, che provvede entro trenta giorni in sezione composta dal primo presidente e da quattro giudici estratti a sorte tra i magistrati della Corte.


Art. 13 (Copertura finanziaria)

Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, pari a 5 mln. di Euro, a decorrere dall'anno 2002, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'Economia e delle Finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero medesimo.

Il Ministro dell'Economia e delle Finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art 14 ( Norme transitorie e finali)

In sede di prima applicazione della presente legge, i termini indicati all'articolo 4 decorrono dal 1° gennaio 2003

 

 

 

GLI ALTRI FANNO COSI'

Cenni di diritto comparato

 

 

STATI UNITI – Liberali senza privilegi

E' il modello al quale è ispirata la proposta dell'Ulivo. Gli Usa sono il Paese dove il sistema di controllo delle incompatibilità nelle cariche pubbliche e del conflitto d'interessi è maggiormente sviluppato, essendo stato articolato in molteplici normative, organi di controllo e sostenuto da un'ampia dottrina.

Il Paese liberale per eccellenza ha scelto di dotarsi di regole chiare e condivise su questo tema proprio per rendere più forte e autorevole la figura del parlamentare e dell'uomo di governo che, sottostando a queste regole, allontana da sé l'idea che possa trarre un qualche vantaggio personale dalla sua carica. Nel Paese della Libertà non è possibile pensare che qualcuno possa godere di un qualche privilegio indotto o, peggio, acquisito: idealmente, tutti devono poter diventare presidente degli Stati Uniti.

 

L'importanza della questione morale

Per questo la legge perno del sistema è la Ethics in Government Act, cioè l'etica delle funzioni di governo. Una sorta di normativa sulla "questione morale". Fu introdotta dall'amministrazione Carter per essere poi successivamente aggiornata. Prevede una dichiarazione patrimoniale per i titolari di cariche pubbliche che, nel caso di conflitto d'interessi, sono sottoposti o ad un blind trust, o alla dismissione dei beni o, addirittura, alla ricusazione.

 

L'organo di controllo è l'Office of Government Ethics (OGE) al quale compete tutta la "catena di verifica".

La "catena" inizia con la dichiarazione patrimoniale, alla quale sono sottoposti tutti i parlamentari dal 1978, e chiunque può esaminare i dati senza dover fornire particolari motivi. Sulla base della dichiarazione viene fatto divieto ai titolari di carica nell'esecutivo di partecipare, in qualsiasi modo, alle decisioni che riguardano questioni nelle quali ha un diretto o indiretto interesse finanziario. L'inosservanza del divieto è sanzionata con una pena sia detentiva che pecuniaria.

 

Blind trust all'americana

Il primo passo dell'applicazione della legge si basa su un accordo etico tra l'OGE e l'interessato (l'attività dell'OGE è il presupposto indefettibile per le nomine da parte della Casa Bianca) che può, nella forma più blanda, risolversi nell'astensione da decisioni che potrebbero favorire economicamente l'interessato.

Se il conflitto è più "consistente" i beni dell'interessato vengono affidati ad un blind trust, un'amministrazione controllata e l'OGE interviene affinchè l'attività dell'amministratore fiduciario sia il più possibile libera da condizionamenti. Il ricorso al blind trust avviene in genere solo per le cariche più alte, per le quali il meccanismo dell'astensione è difficilmente praticabile, ed è stato adottato da tutti i presidenti degli Stati Uniti a partire da Carter.

L'Office of Government Ethics presenta poi una relazione biennale al Congresso nella quale segnala eventuali inottemperanze alla legge delle quali si occupano il Dipartimento della Giustizia, per le responsabilità civili e penali, o le amministrazioni competenti per le sanzioni di carattere disciplinare.

 

Limiti anche per il "dopo lavoro"

Negli Stati Uniti esistono inoltre delle regole per il post-employment, dei limiti, cioè, ad assumere incarichi e impieghi successivi alla carica pubblica ricoperta. Da noi si chiamerebbe "ricollocamento", le intenzioni della normativa sono quelle di evitare che membri del governo al termine del mandato vengano assunti da settori del mercato come "riconoscimento" per eventuali favori o come "testa d'ariete" per futuri contatti con il sistema politico.

 

FRANCIA – Garantire la moralità pubblica

Il dibattito sui problemi della trasparenza, della moralità pubblica e della lotta alla corruzione ha portato nel 1993 all'approvazione della legge Sapin, che non riguarda direttamente il conflitto d'interessi, ma che, associata alle norme approvate nel 1994, disegna i termini della "questione morale" che vanno dal finanziamento della campagna elettorale alle spese elettorali, dalle dichiarazioni patrimoniali per i deputati alle incompatibilità (da notare: in Francia le funzioni di governo sono incompatibili con l'esercizio del mandato parlamentare e qualsiasi attività professionale).

Anche in Francia esistono delle norme (del 1995) che regolano il pantouflage (quello che negli Usa si chiama post-employment), ossia le restrizioni per i funzionari pubblici, dopo le dimissioni, a transiti verso comode occupazioni nel settore privato connesso a quello nel quale esercitavano la carica pubblica.

 

REGNO UNITO – Un patto tra gentiluomini

In Gran Bretagna vige in gran parte un codice non scritto, una sorta di "accordo tra gentiluomini", fatto di risoluzioni parlamentari, raccomandazioni, delibere della Presidenza che impongono comportamenti "nobili". Come quello che il parlamentare che abbia qualche interesse personale in una questione trattata in aula lo dichiari pubblicamente in Parlamento.

Per quanto riguarda i ministri c'è un documento del Gabinetto intitolato "Questions of procedure" che gli impone di rimettere le cariche di direzione e le posizioni di controllo in società e compagnie.

 

GERMANIA – O politici o imprenditori

La Germania affronta il tema dell'incompatibilità nella Costituzione. L'articolo 66 stabilisce infatti che il cancelliere e i ministri "non possono esercitare nessun altro ufficio remunerativo, nessun mestiere o professione, così come non possono appartenere né alla direzione, né, senza l'approvazione del Bundestag, al consiglio d'amministrazione di un'impresa istituita a scopo di lucro". Con legge ordinaria è stato inoltre previsto che i membri del governo sono incompatibili anche con l'esercizio di attività arbitrali e consulenze extra-giudiziali.

Non è chiaro, nell'interpretazione della dottrina, se un ministro deve astenersi solo dal partecipare alla vita della società, ma rinunciare anche alla proprietà dell'impresa e quindi cedere l'attività. Il testo costituzionale non specifica e il caso in Germania non si è mai verificato.

 

 

SPAGNA – Per chi imbroglia niente nomina per anni

Anche la Spagna scrive in Costituzione (art. 98) le norme che vietano ai membri del governo di esercitare funzioni rappresentative al di fuori del loro mandato, oltre a svolgere attività professionali o commerciali.

A queste norme si è aggiunta la legge 25 del 1983 che specifica i vari casi di incompatibilità ed i relativi rimedi. Per esempio, oltre l'attività in società commerciali sono vietati, anche per interposta persona, incarichi in imprese o società concessionarie, appaltatrici di opere pubbliche.

E' vietata la detenzione di partecipazioni finanziarie superiori al 10% in imprese che hanno rapporti contrattuali con l'amministrazione pubblica centrale, regionale o locale. A loro volta, le imprese che partecipano ad appalti pubblici devono dichiarare che nei loro organi di amministrazione non sono presenti persone che rientrano nelle norme della legge.

Per quanto riguarda il regime sanzionatorio è previsto che chi non osserva la legge non può essere nominato ad alti incarichi per alcuni anni, deve restituire quanto eventualmente indebitamente percepito e può essere perseguito penalmente.

 

Blind trust alla spagnola

La Spagna ha previsto un meccanismo di blind trust simile a quello statunitense dove la gestione e l'amministrazione dei beni mobili viene affidata ad un'entità finanziaria registrata presso la locale Consob.

 

GRECIA – Per le imprese in conflitto niente contratti con lo Stato

Qui l'incompatibilità è inserita in Costituzione (art.81), dove viene stabilito che i membri del governo devono sospendere ogni attività professionale durante il loro mandato. Con legge ordinaria è stato inoltre previsto che i membri del governo siano sospesi anche dalle cariche sociali che ricoprono presso le imprese che, a loro volta, non possono concludere contratti con lo Stato.

 

AUSTRIA, SVIZZERA E SVEZIA: la Costituzione dice che…

Anche la Costituzione austriaca prevede norme sull'incompatibilità tra attività di governo e l'esercizio imprenditoriale. Con una legge del 1983 è stato inoltre, tra l'altro, previsto che le imprese partecipate per più del 25% da membri del governo o dai loro coniugi non possono partecipare a gare d'appalto pubbliche.

Sia la Carta svedese che quella federale svizzera stabiliscono l'incompatibilità dei ministri (per la Svezia) o dei membri del Parlamento (per la Svizzera) con altri impieghi pubblici e attività professionali e d'impresa.

 

 

 

IPSE DIXIT

 

"Sul conflitto d'interessi la soluzione è molto semplice: il presidente del Consiglio, che è un primus inter pares e coordina l'attività degli altri ministri, ha l'obbligo morale di astenersi quando sul tappeto ci sono decisioni che potrebbero riguardare anche suoi interessi. Io l'ho fatto durante il mio governo e mi comporterei allo stesso modo oggi"

Silvio Berlusconi "Secolo XIX" 20 settembre 2000

 

"Rispondo con un impegno davanti agli elettori: se vinceremo le elezioni, nella futura veste di vicepremier chiederò che venga approvato in Consiglio dei ministri e poi in Parlamento la legge sul conflitto d'interessi sulla base del testo votato dalla Camera".

Gianfranco Fini "Corriere della Sera" 19 febbraio 2001

 

"Il nuovo testo prevede l'impossibilità di vendere a moglie e figli. Mai pensato a furberie; il capitalismo famigliare non mi attira, ho letto Re Lear. Qui le soluzioni sono due: un blind trust all'americana o la vendita. Facciano la legge e io la rispetterò".

Silvio Berlusconi "Il Giornale" 16 febbraio 2001

 

"Le cose pericolose ci sono quando chi sta al governo trasforma il governo in una merchant bank, favorisce gli amici o addirittura gli amici degli amici. L'esecutivo si trasforma in un governo d'affari e questo non lo si può vedere perché tutto è fatto sotto il tavolo, dietro le quinte. Questo è il vero pericolo in una democrazia"

Silvio Berlusconi "Il Giornale" 26 ottobre 2000

 

Prima..

"Per la Lega è sempre stato ovvio che chiunque ricoprisse una carica di governo, o un ruolo di responsabilità alla guida di un partito, non potesse nello stesso tempo detenere né il controllo dell'informazione, né fare gli interessi della propria azienda. Fino ad oggi però questo discorso è rimasto solo lettera morta e l'Italia rappresenta un caso unico a confronto di quanto accade negli altri Paesi"

Roberto Castelli "La Padania"11 novembre 1998

…e dopo

"Non ha alcun senso logico dire che Berlusconi non possa interessarsi della gestione del proprio patrimonio anche in maniera informale e, tanto meno, venderlo ai parenti. Cosa ci aspettiamo che lo butti al vento?"

Roberto Castelli "La Padania" 21 febbraio 2001

 

 

"La prima regola vuole che un uomo o una donna nel momento in cui chiede un mandato popolare e aspira a governare il Paese, venda le sue proprietà e affidi il denaro ricavato alla cura di un amministratore "cieco". La seconda vuole che le regole del mercato, a cui quasi tutti rendono quotidianamente omaggio, vengano accettate senza ipocrisie e riserve mentali. Non possiamo essere liberali a Bruxelles quando sottoscriviamo le norme del mercato comune e protezionisti a Roma quando qyualcuno pretende di comprare le nostre aziende".

Sergio Romano "Il Corriere della Sera" 21 marzo 1998

 

"Questa legge doveva essere varata dieci anni fa. Era ed è un dovere democratico poiché a nessuno piace un capo del governo che controlla tv nazionali o è un grande industriale, che in ogni momento può sfruttare la sua posizione per i propri interessi".

Antonio Baldassarre, presidente emerito della Corte Costituzionale

"Avvenire" 31 gennaio 2001