«Il segno del lutto, il segno della morte,
l’insegna di un’ideologia eversiva e nichilista sono diventati una
cosa diversa da quello che sembra allo sguardo ingenuo e diretto. Sono
diventati l’ombra, la notte senza luce, espressione dello smarrimento
e della solitudine: di essa i protagonisti della storia della Repubblica
si sono purtuttavia ammantati per dire ciascuno una sua verità, su cui
è tempo di far luce. Portiamo alla luce caratteri e temi che non sono
estranei alla storia d’Italia; portiamo alla luce anche le nostre
responsabilità in tanti silenzi».
Dopo l’8 settembre 1943, furono numerosi gli italiani che restarono «fedeli»
a Benito Mussolini e aderirono alla repubblica di Salò: uomini e donne,
giovani e meno giovani, con le motivazioni più diverse scelsero di
seguire il Duce nella sua ultima avventura. Tuttavia nella ricca
storiografia su quel periodo mancava finora una ricostruzione
storicamente attendibile delle caratteristiche, delle motivazioni, degli
ideali di questi nostri connazionali.
Attraverso una robusta base documentaria, ma soprattutto raccontando
personaggi ed episodi di un’epoca sanguinosa, Luigi Ganapini
ricostruisce i diversi aspetti di quell’esperienza. A seguire
Mussolini infatti non furono solo coloro - soprattutto giovani - che
volevano continuare a combattere accanto ai tedeschi (magari per «cercar
la bella morte»), ma anche altri italiani: un certo ceto politico e
amministrativo che voleva dare continuità al regime; chi credeva di
ritrovare gli ideali «socialisti» del primo fascismo («Italia,
repubblica, socializzazione» fu uno dei primi slogan lanciati da Salò).
Dunque in quell’esperienza confluirono sia elementi conservatori o
esplicitamente reazionari e razzisti, sia componenti tecnocratiche o
sindacaliste, tutte ugualmente ispirate a un rinnovamento corporativo.
Queste contraddittorie aspirazioni trovarono un tragico punto di
convergenza nel «prigioniero del lago», un Mussolini sospeso tra le
glorie e gli ideali del passato e lo smarrimento davanti al presagio
della fine.
«Per merito del bel libro di Ganapini, la Repubblica sociale, pur
segnata fisicamente dal fosco istinto di morte che la pervade,
riacquista il corposo spessore che le spetta e rientra a pieno diritto,
piaccia o no, nella storia d’Italia.» (Bruno Bongiovanni, «Diario»)
«Di quella breve esperienza è la ricostruzione più completa e
documentata… Oltre 500 pagine nelle quali mai affiora una parola
sprezzante.» (Simonetta Fiori, «la Repubblica»)
|